Sono passati ormai più di 600 giorni dallo scoppio della guerra dai risvolti genocidi in Tigray, stato regionale settentrionale dell’Etiopia. Guerra definita dal Premier etiope come “azione di polizia” per bloccare i dissidenti membri del partito TPLF – Tigray People’s Liberation Front. Sfociata fin dai primi attimi in vera e propria guerra, raid aerei, per mezzo droni (forniti da Russia, Cina, Turchia, e provenienti anche dall’ Iran), massacri su civili, arresti e deportazioni di massa, privazione del supporto umanitario, bloccandolo per volontà politiche. Il martirio si è perpetrato nel totale isolamento, confinamento della regione del Tigray dal resto del mondo in totale blackout elettrico e comunicativo.
Ci sono confutazioni che hanno portato a stimare 500.000 morti tra i civili come conseguenze dirette della guerra, per fame o per mancanza di medicinali e cure. Si è confutata attività di pulizia etnica. Si sono denunciati crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati dalle forze sul campo di battaglia. Sarebbero 120.000 gli stupri per vendetta sulle donne di ogni età di etnia tigrina. La guerra, sconfinata anche nelle vicine regioni del Tigray, Amhara ed Afar, ha prodotto milioni di sfollati interni nel nord Etiopia.
Tutto questo in Italia è passato sotto tono, non se ne è dato il giusto risalto.
Solo i media di nicchia e dediti a condividere notizie sull’Africa, continente sfruttato per la ricchezza di risorse, ma per il resto dimenticato, sono rimasti sul pezzo. Questa parte del mondo ci viene raccontata come quel territorio, quel continente dove “ci sono sempre miseria, povertà, dittature e regimi, guerre e conflitti” o come l’origine di ogni clandestino che viene ad invadere l’Italia per rubarci i posti di lavoro. Preconcetti e distorsioni di quello che non è la vera Africa.
Su FocusOnAfrica fin dall’inizio stiamo cercando di mantenere aggiornamenti costanti per informare i nostri lettori sulla guerra che ha creato la catastrofe umanitaria in atto in Tigray, la crisi in Afar e Amhara.
Ce ne siamo occupati nello specifico anche sotto l’aspetto della guerra di propaganda ed il ruolo dei social nel conflitto del Tigray.
Grazie all’invito di Matteo Flora e dello spazio su #CiaoInternet abbiamo avuto l’opportunità di parlarne così da poter raggiungere un target di persone che, come anche per la stessa ammissione di Matteo, non ne sanno ancora nulla dopo 20 mesi. Un video sicuramente non esaustivo per poter delineare tutto il contesto, ma sicuramente una porta di ingresso per chi ne vuol sapere qualcosa in più per iniziare ad approfondire. La nostra speranza è che qualcuno possa prendersi a cuore la causa, magari attivandosi per supportare in qualche modo i milioni di etiopi che in tutto il nord Etiopia stanno vivendo in agonia tra vita e morte.
La domanda delle domande: cosa possiamo fare? Parlarne, condividere e far conoscere questa catastrofe umanitaria a chi non sa, può essere d’aiuto e far la differenza.
Grazie nuovamente a Matteo e al suo format Ciao Internet per aver acceso i riflettori sul Tigray e sull’Etiopia.
Fonti di approfondimento:
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia