L’amministrazione americana di Joe Biden ha informato il Congresso che l’Etiopia non è più coinvolta in un “modello di gravi violazioni dei diritti umani”.
L’annuncio degli USA arriva dopo 2 anni di guerra genocida (iniziata in Tigray, stato regionale settentrionale etiope, sconfinata in altre parti d’Etiopia, principalmente Amhara e Afar) e dopo 8 mesi dalla firma dell’accordo di cessazione ostilità – CoHA – siglato tra le parti il 2 novembre 2022 a Pretoria, Sud Africa e mediato dall’ Unione Africana.
Conflitto considerato il più sanguinoso del 21° secolo per cui si stimano un minimo di 600.000 morti tra i civili, attività di pulizia etnica, milioni di persone sfollate, decine di migliaiai fuggite nel vicino Sudan ed attualmente ancora martoriate dai pochi aiuti e dal tentato golpe che ha gettato a ferro a fuoco il Paese, decine di migliai di stupri come arma di guerra verso le donne di ogni età e ceto sociale di origine tigrina, deportazioni di massa, arresti e detenzioni in violazione del diritto umanitario solo perché di origine tigrina (ancora oggi non c’è una trasparenza su che destino abbiano avuto le tante persone, adulti e bambini, donne incinta ed anziani, messi agli arresti). Oltre allo stupro, anche di gruppo, gran parte della strategia di guerra per fermare il “gruppo terroristico” del TPLF e i suoi potenziali sostenitori, è stata la distruzione di campi e raccolti per affamare il popolo tigrino, distruzione di luoghi di culto, chiese e monasteri (patrimonio Unesco) per cancellare storia e cultura. E’ stato distrutto e reso inagibile il 90% del sistema sanitario, gli ospedali del Tigray: ancora e soprattutto oggi le persone ne stanno pagando le conseguenze, per mancanza di materiale igienico sanitario. La difesa etiope, supportata da accordi e fornitura militare da Emirati Arabi, Cina e Turchia, ha bombardato per mezzo drone target che ha dichiarato essere basi logistiche di formazione del TDF, Tigray Defence Forces, i partigiani tigrini considerati dissidenti: siti tra cui asili, ospedali, pubbliche piazze come aree di mercati cittadini, legittimando le uccisioni di civili come “guerra al terrorismo” (1 maggio 2021 il governo etiope ha legiferato il TPLF e tutti i suoi potenziali sostenitori “gruppo terroristico” e terroristi quindi da perseguire come tali).
Le violazioni e gli abusi sul popolo del Tigray non si fermano
Nonostante siano passati 8 mesi dall’accordo di Pretoria, abusi e violenze sono ancora a piede libero, come l’occupazione amhara ed eritrea, la prima nel Tigray occidentale, la seconda in buona parte della woreda [distretto] di Irob, esteemo Tigray orienatle.
Recente è la denuncia di HRW per cui le attvità di pulizia etnica e demografica continuano nonostante nell’accordo di tregua venga esplicitato l’obbligo di ritiro di tutte le “forze esterne” dal Tigray. Nell’ accordo non si nominano esplicitamente però chi siano tali “forze”, ovvero amhara ed eritrei, per cui la denominazione mediatica falsata di “guerra civile in Tigray” dovrebbe essere rinominata in guerra regionale, visto la partecipazione confermata dell’eserccito eritreo. Fattore ancor più determinante per tale designazione il fatto che nelle prime linee furono inviati e a morire per una guerra non loro cadetti somali in formazione alla difesa eritrea ignari come le loro famiglie, ma invece consci di essere addestrati per missioni da svolgere in Qatar.
La guerra genocida è stata considerata la più atroce perché, come il vaso di Pandora, ha scoperchiato tutta la rabbia e sete di vendetta represse da parte degli alleati nazionalisti amhara ed eritrei verso gli etiopi di origine tigrina: tensioni storiche mai veramente lenite o dipanate, ma sempre mediate per ingerenza esterna.
Si ricordi la guerra 1998/2000 tra Eritrea ed Etiopia (governata dalla coalizione con a capo il TPLF) per rivendicazioni territoriali in zona di confine. Ricordiamo il successivo accordo di Pace siglato dall’attuale premier Abiy Ahmed Ali con il dittatore eritreo Isaias Afwerki che ha valso al premier etiope il Premio Nobel per la Pace nel 2019 ad oggi tanto controverso… e nel nov.2020 è arrivata l’alleanza non formale tra Etiopia ed Eritrea, invaditrice del Tigray col suo esercito)… come dire, vivere in un periodo di non pace. Un po’ come l’attuale accordo di Pretoria.
Un report preliminare della commissione di esperti del diritto umanitario ONU – ICHREE – ha accusato tutte le parti in guerra di aver commesso crimini, sottolineando che il governo ha usato il blocco del supporto umanitario come arma di guerra. Naturalmente, come posizione costante, il governo ha sempre rigettato al mittente le accuse definendole politicizzate e alzando muri diplomatici (esempio: attacco all’ Irlanda) di propaganda verso l’ingerenza esterna (leggasi USA e occidente).
Le denuncie in tutela dei diritti umani
HRW – Human Rights Watch e altrettante realtà e parte della società civile hanno laciato l’allarme: il 15 febbraio 2023 da parte del vice primo ministro dell’Etiopia al Consiglio esecutivo dell’Unione Africana (che ha sede ad Addis Abeba) il governo etiope ha inteso presentare una risoluzione alla sessione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite per porre fine al mandato della International Commission of Human Rights Experts on Ethiopia (ICHREE)
Nell’ appello condiviso da HRW si può leggere che:
“I tentativi dell’Etiopia di porre fine al mandato dell’ICHREE durante il suo mandato non hanno precedenti. Non solo suggerisce che gli Stati possono manovrare politicamente per ribaltare le decisioni del Consiglio dei diritti umani per evitare il controllo indipendente e la responsabilità, ma potrebbe anche costituire un pericoloso precedente per quanto riguarda il controllo internazionale e l’impunità per le violazioni dei diritti altrove.”
USA & sanzioni all’Etiopia
Gli Stati Uniti hanno preso precedentemente la decisione di sanzionare l’Etiopia denunciata di implicazione in violazioni dei diritti umani causati dalla guerra, escludendola dall’accordo economico dell’African Growth and Opportunity Act (AGOA) a partire dal 1 gennaio 2022: duro colpo sull’economia etiope, già intaccata pesantemente dal baratro economico per perseguire la sete di vittoria nella guerra genocida in Tigray.
USA blocca la designazione di genocidio in Tigray
Gli USA si erano fatti anche promotori di un’indagine investigativa e legale per la designazione di genocidio in Tigray. Presa di posizione opportunamente cambiata rivendicando di voler lasciare spazio alle misure diplomatiche in Etiopia.
Molly Phee, vicesegretario di Stato per gli affari africani ha affermato che:
“Abbiamo deciso di astenerci in questo momento dal prendere una decisione pubblica per lasciare spazio e tempo per vedere se i colloqui attualmente in corso possono fare progressi”
Aggiungendo:
“Il nostro obiettivo principale è stato cercare di impegnarci diplomaticamente nei molti modi a nostra disposizione per raggiungere la fine del conflitto, il che ovviamente comporterebbe la fine immediata delle atrocità”.
Dovrà passare quasi un anno perché arrivino i tempi di tavoli di negoziato, mentre in quel periodo la guerra, le atrocità sono continuate e sono aumentate le vittime.
Lo strano modo americano per la tutela dei diritti umani
A detta della recente notifica interna del Dipartimento del Tesoro americano, la revoca legale unilaterale di tale designazione per l’Etiopia per cui non è più coinvolta in un “modello di gravi violazioni dei diritti umani“, aprirà la strada per poter riprendere l’invio di aiuti economici USA ed internazionali al paese dell’Africa orientale, il secondo Paese più popoloso del continente.
Questa presa di posizione degli USA si allinea legalmente ai sensi della sezione 701 dell’International Financial Institutions Act del 1977 per i quali i direttori esecutivi statunitensi delle istituzioni finanziarie internazionali (IFI), come il FMI e le banche multilaterali di sviluppo, sono incaricati di opporsi a prestiti o assistenza finanziaria a paesi coinvolti in violazioni dei diritti umani.
Nella recente nota al Congresso americano infatti si legge:
“Il Tesoro smetterà di istruire i direttori esecutivi statunitensi competenti presso le IFI a opporsi a qualsiasi prestito, estensione dell’assistenza finanziaria o assistenza tecnica all’Etiopia”
Stabilità economica non è sinonimo di vera pace
Se tale scelta da parte americana apre le porte a supporto dell’Etiopia per riuscire a ricreare una certa stabilità economica, c’è il rischio che crei un precedente sul fronte della tutela dei diritti umani.
Venerdì 30 giugno 2023 John Kirby, portavoce per la sicurezza nazionale della Casa Bianca ha dichiarato:
“Stiamo revocando alcune restrizioni su alcuni tipi di assistenza mentre interrompiamo gli aiuti alimentari. Riteniamo che questa decisione espanda gli strumenti a nostra disposizione per rafforzare il nostro sostegno a una pace duratura in Etiopia.”
Il Dipartimento di Stato americano ha affermato che la sua assistenza sosterrà la pace e la riconciliazione.
Un portavoce del Dipartimento di Stato ha affermato che:
“L’obiettivo della ripresa dell’assistenza bilaterale sarà sostenere l’ulteriore attuazione dell’accordo sulla cessazione delle ostilità e promuovere la pace e la riconciliazione sostenibili attraverso sforzi che includono lo sminamento, la giustizia di transizione e la responsabilità”
Aggiungendo:
“Continueremo a sollevare preoccupazioni e parlare delle segnalazioni di gravi violazioni dei diritti umani, anche da parte di attori non statali nel Tigray occidentale, e solleciteremo il governo a proteggere i civili e a ritenere responsabili gli autori.“
Peccato che l’Etiopia, a detta di ricercatori, osservatori e competenti nel campo legale, non abbia una legislazione atta a criminalizzare le gravi violazioni dei diritti umani.
La presa di posizione degli USA ha trovato la scappatoia legale per riprendere accordi economici con l’Etiopia, nonostante sussistano denunce, accuse confermate per cui ci sono ancora abusi e violenze da dover giudicare come il perseguimento penale dei diretti responsabili criminali: implicate diverse realtà etiopi, governative del comparto della difesa e degli alleati partecipi della guerra durata due anni.
Un po’ come la ripresa a mani basse siglata mesi fa anche dell’ Italia per firma della Premier Giorgia Meloni: un finanziamento triennale di 182 milioni di euro per finanziare in parte la filiera agro-alimentare e quello industriale.
Un po’ come l’Italia che anche nel precedente governo Draghi, non si è mai esposta esplicitamente per la tutela dei diritti umani e delle vittime di guerra, nemmeno rispondendo ai molteplici appelli della diaspora rimasta senza voce fino ad oggi, tanto meno supportata dai media politicizzati.
Amnesty accusa gli Stati Uniti di aver fatto marcia indietro sulla determinazione delle atrocità in Etiopia
Riporto la traduzione integrale dell’appello di denuncia di Amnesty International:
“Questa settimana il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha notificato al Congresso che, sulla base di una valutazione del Dipartimento di Stato, non ritiene più che il governo etiope sia impegnato in un “modello di gravi violazioni dei diritti umani”, aprendo la strada al Dipartimento del Tesoro per impegnarsi in Etiopia con istituzioni di aiuto economico, tra cui il Fondo Monetario Internazionale. A marzo, il segretario Antony Blinken ha annunciato una determinazione di atrocità del governo degli Stati Uniti secondo cui tutte le parti in conflitto nel nord dell’Etiopia hanno commesso crimini di guerra. Ha rilevato che anche le forze di difesa nazionali etiopi, le forze di difesa eritree e le forze amhara hanno commesso crimini contro l’umanità, “inclusi omicidio, stupro e altre forme di violenza sessuale e persecuzione”.
Ad aprile, Amnesty International ha rilasciato una dichiarazione chiedendo il rilascio dei giornalisti imprigionati dopo lo scoppio della violenza nella regione di Amhara che ha provocato l’uccisione di due operatori umanitari. A giugno, Human Rights Watch ha pubblicato i risultati secondo cui le autorità nella zona del Tigray occidentale in Etiopia avevano continuato una campagna di pulizia etnica contro i tigrini dopo la tregua del novembre 2022. Il rapporto documenta accuse di tortura, detenzione arbitraria ed espulsione forzata da parte delle autorità etiopi nel Tigray occidentale. Sempre a giugno, il governo degli Stati Uniti ha sospeso gli aiuti alimentari all’Etiopia dopo che un’indagine dell’USAID ha scoperto un piano, coordinato dalle autorità federali e regionali etiopi, per rubare gli aiuti donati.
Le seguenti citazioni possono essere attribuite rispettivamente a Human Rights Watch e Amnesty International USA:
“Siamo profondamente preoccupati che il governo degli Stati Uniti non creda più che in Etiopia si stiano verificando gravi violazioni dei diritti umani”, ha affermato Sarah Yager, direttrice di Washington di Human Rights Watch. “Non solo la decisione ignora la realtà che le gravi violazioni dei diritti umani continuano in tutto il paese, ma invia un segnale disastroso che le determinazioni delle atrocità degli Stati Uniti hanno poche conseguenze”.
“L’amministrazione Biden pretende di mettere i diritti umani al centro della sua politica estera, ma la loro dichiarazione secondo cui le gravi violazioni dei diritti umani non si verificano più sono contrarie a questa promessa”, ha affermato Amanda Klasing, direttore nazionale per le relazioni con il governo e l’avvocatura presso Amnesty International Stati Uniti. “Dalla cessazione delle ostilità, le autorità etiopi non hanno compiuto passi significativi verso la giustizia e la responsabilità per i crimini commessi durante il conflitto nel nord dell’Etiopia. Prendere una tale decisione prima di aver visto l’impegno per la giustizia e la responsabilità, e mentre sono in corso segnalazioni di violazioni, sarebbe una decisione politicamente opportuna a spese dei sopravvissuti e delle vittime”.”
L’ Etiopia chiede di entrare nel BRICS
Sabato 29 giugno 2023 il portavoce del ministero Meles Alem ha confermato che l’Etiopia ha presentato la richiesta di adesione ai BRICS.
Dopo la guerra di propaganda diplomatica del governo etiope contro l’occidente e parallelamente alla presa di posizione degli USA per candeggiare l’immagine dell’Etiopia sui crimini di guerra, arriva la richiesta etiope di entrare nel BRICS.
La domanda di Addis Abeba si aggiunge all’interesse di circa un’altra ventina di Paesi tra cui Arabia Saudita, Egitto, Messico, Venezuela, Argentina e Iran.
Meles Alem in conferenza stampa ha dichiarato:
“Abbiamo presentato domanda di adesione e speriamo in una risposta positiva.”
Aggiungendo:
“In quanto paese [Etiopia] che è stato membro fondatore di istituzioni globali come l’UA [Unione Africana] e l’ONU, e mentre cerchiamo di garantire i nostri interessi nazionali, è importante unirsi a blocchi come il BRICS”
Originariamente composto da Brasile, Russia, India e Cina (da qui BRIC), il gruppo ha aggiunto il Sudafrica nel 2010 (ecco l’aggiunta della S nell’acronimo)
I cinque Stati membri rappresentano oltre il 40% della popolazione mondiale e circa un quarto del PIL globale.
Va sottolineato che il blocco economico BRICS si contrappone all’egemonia del dollaro e delle potenze economiche occidentali rappresentate dal G7 che vede capofila gli USA.
Considerando la contrapposizione di questi 2 blocchi come chiave di lettura, sono peculiari le tempistiche comunicative accusatorie americane verso la contro parte.
Iran, Paese che ha manifestato interesse per entrare nel BRICS, è stato accusato dagli Stati Uniti di rifornire droni alla Russia per la guerra contro l’Ucraina.
Allo stesso modo e nello stesso periodo l’Etiopia è stata accusata sempre per voce americana di ricevere droni dall’Iran: droni ricevuti in pieno svolgiento della guerra genocida in Tigray.
Martedì 18 ottobre 2022 Vedant Patel ha affermato che gli Stati Uniti hanno informato le Nazioni Unite del trasferimento di droni, sottolineando che viola la risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Comunicato e notizia passata nell’ombra questa del convolgimento dei droni dell’ Iran nella guerra in Tigray, surclassata dalla guerra politica tra USA e Russia, dalla visibilità mediatica occidentale in Ucraina: rappresenta però per l’America un ulteriore tassello come delegittimazione alla Russia ed ai suoi alleati.
Una guerra globale che ha come primi obiettivi l’ottenimento di nuove risorse, del riposizionamento geo politico delle super potenze, finalizzati al perseguimento del sistema capitalistico.
Sistema subordinato al consumismo di chi ha e che avrà sempre più, innescando strumentalmente nuove guerre tra poveri, tra gli ultimi, verso tutte quelle comunità, popoli, individui che il dio denaro vuole dimenticare.
Tutta quella parte di mondo che “noi bianchi”, “occidentali” chiamiamo semplicemente “Paesi in via di sviluppo” per lavarci la coscienza e che li aiutiamo “a casa loro”, supportandoli e mantenedoli in “costante stato di emergenza”, ma che otterranno solo le briciole dal sistema economico globale.
Il Tigray, il suo popolo e le centinaia di migliaia di vittime, i milioni di sfollati, purtroppo una tra le tante crisi umanitarie dimenticate, aspettano solo di avere giustizia, di veder rispettati i propri diritti di esseri umani da troppo dimenticati.
Tigrini per 2 anni presi di mezzo ai bombardamenti ed ai massacri di una guerra genocida che non si è voluto vedere per convenienza.
Tigrini che oggi sono tra i fuochi incrociati di una guerra globale delle superpotenze in conflitto sulla pelle di milioni di persone.
Tigray : la Guerra Genocida Dimenticata dal Mondo – Archivio
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia