Oggi 20 ottobre l’Unione Africana ha dichiarato la nuova data per i colloqui di pace: lunedì 24 ottobre in Sud Africa.
In contemporanea, grazie ad Africa Express, si apprende della scoperta di una fossa comune in Malawi: fossa contenente 25 corpi di migranti etiopi che scappavano dalla guerra in Tigray diretti in Sud Africa.
Association of Tigrayans in South Africa ha manifestato a Pretoria davanti il Dipartimento di Int. Relazioni e Cooperazione contro il genocidio in Tigray.
Il genocidio che il mondo non vuole confessare
Mercoledì 19 ottobre la dichiarazione del Direttore del WHO – World Health Organization, Tedros Adhanom Ghebreyesus:
“Non c’è altra situazione a livello globale in cui 6 milioni di persone siano state tenute sotto assedio per quasi 2 anni come in Tigray, Etiopia. Questa è una crisi sanitaria. Invito la comunità internazionale a dare a questa crisi l’attenzione che merita. C’è una finestra ristretta ora per prevenire il genocidio.”
Alice Wairimu Nderitu, consigliere speciale delle Nazioni Unite per la prevenzione del genocidio ha dichiarato che il linguaggio infiammatorio dei leader politici e dei gruppi armati nel conflitto del Tigray “continua senza sosta”.
Alice Wairimu Nderitu chiarisce:
“C’è un discorso spesso propagato attraverso i social media, che disumanizza i gruppi paragonandoli a un ‘virus’ che dovrebbe essere sradicato, a un ‘cancro’ che dovrebbe essere curato perché ”se una singola cellula non viene curata, quella singola cellula si espanderà e colpiscono tutto il corpo” e chiedendo “l’uccisione di ogni singolo giovane del Tigray” che è particolarmente pericoloso”
“Il conflitto ha raggiunto nuovi preoccupanti livelli di violenza”, con stupri diffusi e violenze sessuali, ha affermato Nderitu nella dichiarazione che citava “livelli orribili di incitamento all’odio e incitamento alla violenza”.
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Laetitia Bader, Direttrice HRW – Human Right Watch per il Corno d’Africa ha dichiarato in un recente comunicato :
“USA e UE, nonché UNSC , dovrebbero utilizzare gli strumenti appropriati, comprese sanzioni mirate e un embargo sulle armi, per proteggere i civili a rischio. Le sofferenze dei civili in Etiopia non dovrebbero più essere tollerate in nome dell’opportunità politica.”
L’Associated Press ha riferito sabato 16 ottobre che un team delle Nazioni Unite ha scoperto che ci sono state “10 morti per fame” in 7 campi per sfollati interni nel Tigray nord occidentale. Molto probabilmente un infinitesimo delle vittime per fame indotta da volontà politiche.
Il Tigray è costituito dal 90% di zone rurali e difficilmente raggiungibili: oggi ancor di più per la mancanza di carburante e il blocco del supporto umanitario per volontà politiche. Si può solo immaginare in tali aree le condizioni di vita delle persone. Non è dato avere conferma dai media ancora oggi bloccati dla governo centrale per la verifica sul campo.
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L’Ayder Hospital è l’ospedale della capitale tigrina di Mekellé, che può fornire solo servizi emergenziali, uno dei pochissimi nella regione ad essere ancora attivo nonostante manchi tutto: medicinali da banco, materiale igienico-sanitario ed anche gli stipendi dei medici e degli operatori sanitari. I conti correnti sono stati bloccati da volontà del governo centrale.
L’Ayder Hospital dichiara che ci sono 2000 persone tra bambini ed adulti affetti da cancro (la maggior parte con carcinoma al seno) registrati presso l’istituto sanitario: non hanno ricevuto alcuna forma di trattamento da quasi due anni. Fanno appello alla comunità internazionale di dare voce agli orribili resoconti sul campo poiché l’accesso all’assistenza sanitaria è stato negato.
Il Dr. Fasika Amdeslasie invece riporta la testimonianza diretta che:
“È arrivata una donna di 52 anni con tumore GEJ (giunzione gastroesofagea n.d.r.). Non riesce a ingoiare nemmeno la sua saliva. Avremmo potuto operarla, se avessimo avuto scorte chirurgiche. Vedere lei e i suoi figli piangere impotenti è devastante. Abbiamo interrotto la chirurgia elettiva (pianificata) per il cancro da 2 mesi. I nostri pazienti stanno soffrendo.”
Stime aggiornate sul numero di morti e uccisioni in Tigray
Nel marzo 2022 il professor Jan Nyssen e il suo team dell’Università di Gand hanno pubblicato una stima del costo in termini di vite umane della guerra del Tigray.
“Con l’assistenza del cittadino e ricercatore Tim Vanden Bempt, abbiamo valutato che finora ci sono tra 150.000 e 200.000 morti per fame, da 50.000 a 100.000 vittime di omicidi diretti e oltre 100.000 ulteriori decessi per mancanza di assistenza sanitaria.”
Mercoledì 19 ottobre hanno portato aggiornamenti su questi dati più che allarmanti.
“I nostri calcoli del numero totale di civili morti in Tigray, aggiornati fino al 31 agosto 2022, portano a una stima minima di 385 mila e un massimo di 600 mila.
Questo senza contare la guerra in corso e le relative vittime civili, che sicuramente saranno migliaia… Tutte queste aree sono anche inaccessibili per gli aiuti alimentari.”
L’analisi del team universitario belga continua sottolineando che:
Uccisioni dirette, massacri.
Questo è in linea con il nostro database. Questi numeri non sono aumentati molto da giugno 2021. Fatta eccezione per gli attacchi di droni, si sa poco delle vittime civili da quando la guerra è esplosa alla fine di agosto 2022
Morti sanitarie.
Questo perché c’è assenza di supporto sanitario; infrastrutture distrutte, niente più medicine, l’ospedale di punta di Ayder è l’unica struttura che ha ancora una certa capacità. Ad esempio, le persone muoiono a causa del morso di un cane e della rabbia… Quindi il tasso di mortalità annuale è tornato dal 6/1000 prebellico a quello che era negli anni ’80 o all’inizio degli anni ’90, 20 o 32/1000.
Morti per carestia.
Questa è un’estrapolazione dai dati IPC. Ogni classe IPC corrisponde a un intervallo di morti per carestia (da 1 a 2 ogni 10.000 persone al giorno, ecc.). Tariffe più alte per i neonati. Poi abbiamo moltiplicato per il numero di abitanti in ciascuna delle classi. Questo è il tipo di calcolo che è stato fatto anche per calcolare le morti per carestia, ad esempio nello Yemen.”
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Quella che segue è una mappa dell’Etiopia del febbraio 2022, recentemente condivisa in un report di Crisis Group – ONG impegnata a prevenire e risolvere conflitti, che indica lo stato di emergenza e di crisi alimentare ed il numero di sfollati interni divisi per regione. Le aree colorate rappresentano la previsione tra marzo e settembre 2022 sull’insicurezza alimentare.
La guerra in Tigray, regione del nord Etiopia, territorio in cui il 4 novembre 2020 è iniziata una guerra dai risvolti genocidi ed ancora in atto: ha prodotto l’attuale catastrofe umanitaria per più di 6 milioni di etiopi di origine tigrina.
Gli attacchi e i bombardamenti aerei della difesa etiope in alleanza con le truppe dell’esercito della vicina Eritrea, oggi ancora all’ordine del giorno. Intensificati soprattutto dal nuovo fronte bellico del 24 agosto ed in via di sviluppo.
Alex de Waal, direttore esecutivo della World Peace Foundation con sede negli Stati Uniti:
“Ci sono almeno 500.000 soldati federali eritrei ed etiopi in combattimento attivo, più 200.000 dalla parte del Tigray”
Ed ha aggiunto:
“È una grande battuta d’arresto per i Tigray. Lascia i civili esposti a massacri, stupri e fame” riguardo alla città di Shire presa sotto il controllo delle forze etiopi.
Mentre un opertore umanitario ha dichiarato alla BBC che:
“Quattro testimoni hanno riferito che nel villaggio di Shimblina a settembre, 46 persone sono state arrestate e sommariamente giustiziate. Altri abitanti del villaggio hanno trovato i loro corpi mescolati con animali domestici, anch’essi uccisi.
Le iene avevano mangiato alcuni dei corpi e potevano essere identificate solo dai resti dei loro vestiti. I testimoni hanno detto che non avevano tempo per seppellire i corpi e che le iene dovevano averli finiti ormai”
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Mekellè al buio
Giovedì 20 ottobre le nuove immagini satellitari della NASA scattate di notte dallo spazio mostrano chiaramente come il conflitto nella regione del Tigray settentrionale in Etiopia abbia lasciato una popolazione ad affrontare una delle peggiori crisi umanitarie del mondo.
Makallé è la capitale della regione del Tigray: città con circa 500 mila abitanti, è composta da 7 wereda, distretti: Adi Haki, Ayder, Hadinet, Hawelti, Kedamay Weyane, Quiha e Semien.
Le città diventano nere nell’arco di 20 mesi a causa dell’interruzione delle forniture di elettricità per volontà politiche.
Tutto il nord Etiopia soffre
Dalle stime dell’UNOCHA sarebbero 13 milioni di persone nel nord Etiopia, oltre al Tigray confinato ed assediato, anche in Amhara e Afar, a dipendere dall’assistenza e dal supporto umanitario: molte di loro purtroppo sono ancora in attesa da troppo tempo, per alcune il tempo massimo è passato.
L’anno scorso è stato confutato e confermato l’utilizzo di droni inviati dall’ Iran.
Il portavoce Vedant Patel martedì 18 ottobre ha affermato che gli Stati Uniti hanno informato le Nazioni Unite del trasferimento, sottolineando che viola la risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. La stessa ONU che ha approvato lo storico accordo nucleare del 2015 in cui le potenze mondiali hanno raggiunto con l’Iran.
Durante la conferenza stampa Patel ha dichiarato ai gornalisti:
“Questo tipo di trasferimento rientrerebbe in questa restrizione e vi sarebbe soggetto”
La risoluzione ha revocato molte sanzioni imposte alla Repubblica islamica in cambio dell’accettazione di Teheran di limitare le sue attività nucleari e di consentire l’entrata in vigore di un regime di ispezioni internazionali.
Ha anche stabilito una scadenza nel 2020 per la revoca dell’embargo sulle armi nei confronti dell’Iran.
Al tempo in cui Donald Trump era presidente degli Stati Uniti aveva fatto pressioni perché l’embargo venisse esteso, ma non ebbe successo. Tuttavia tale embargo mantiene le restrizioni sul trasferimento di alcune tecnologie militari fino al 2023.
Il trasferimento di armamenti, dei droni, in Etiopia è contemporaneo del periodo in cui le forze governative etiopi erano al fronte per la grande offensiva contro le forze tigrine considerate dissidenti.
Periodo in cui le forze tigrine ripresero il controllo della capitale regionale Mekellé, spodestando l’ENDF – Ethiopian National Defence Forces, nel periodo di giugno 2021.
Le forze di liberazione del popolo del Tigray hanno sconfinato per spingersi a qualche centinaio di km dalla capitale etiope Addis Ababa. Tale azione ha spinto il primo ministro Abiy Ahmed a dichiarare lo stato di emergenza a novembre 2021.
Fu così che in parte gli italiani scoprirono della guerra in Tigray: grazie allo scoop mediatico dei giornali mainstream nazionali che condivisero la notizia. Poi di nuovo il nulla. Analisi del trend su Google possono confutare l’affermazione.
REPORT di Wim Zwijnenburg – Pax for Peace – sui droni utilizzati in Etiopia e in Tigray: Etiopia, attacchi aerei droni con centinaia di morti tra i civili in Tigray
Diversi media, come anche Focus On Africa ha riportato, avevano riferito dell’uso apparente dei droni Mohajer-6 da parte dell’Etiopia mentre l’ondata di guerra si è spostata a favore del governo. Le dichiarazioni del Dipartimento di Stato americano sono la prima conferma ufficiale del governo che i droni iraniani sono stati utilizzati nella guerra in Tigray.
Lunedì 17 ottobre il dipartimento degli USA ha affermato anche che la vendita di droni da parte dell’Iran è rivolta alla Russia. Vendita per aiutare il suo sforzo bellico in Ucraina, ma che vìola la stessa risoluzione 2231 dell’ONU.
L’Iran ha ripetutamente respinto le affermazioni dell’Occidente secondo cui sta fornendo droni fabbricati internamente alla Russia.
Mosca invece alza la posta in Ucraina con una serie di attacchi di droni kamikaze sulle città ucraine e sulle infrastrutture critiche nelle ultime settimane.
Diverse immagini pubblicate sui social media sembrano mostrare droni Shahed di fabbricazione iraniana, che la Russia chiama Geran-2, nei cieli sopra Kiev, così come i detriti dell’aereo dopo che hanno colpito i loro obiettivi.
Lunedì 17 ottobre, il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha presentato una proposta al presidente Volodymyr Zelenskyy di interrompere le relazioni diplomatiche con l’Iran a causa della fornitura di droni da parte dell’Iran alla Russia.
Il costo della guerra è alto soprattutto dal punto di vista umano, in vite perse, persone uccise ma anche per il mantenimento del fronte bellico, per le casse dei governi che vogliono continuare a pagare conflitti e genocidi.
Sicuramente chi ci guadagna sono le aziende e i regimi che beneficiano legalmente o abusivamente dell’economia sulle armi, mentre i civili sono gli unici a pagarne caro prezzo anche con la vita.
Foto copertina: Tigrini sfollati siedono accanto a baracche di metallo in un centro di accoglienza per sfollati interni a Mekele, nella regione del Tigray nell’Etiopia settentrionale, 9 maggio 2021. © 2021 Ben Curtis/AP Photo
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia