Etiopia, nel giorno delle elezioni nazionali il 21 giugno 2021, il premier Abiy Ahmed Ali ha dichiarato alla BBC che “Non c’è fame in Tigray”.
Elezioni finanziate da un accordo siglato da l’ Ambasciatore d’Italia, Arturo Luzzi, e il Rappresentante Residente dell’UNDP, Turhan Saleh attraverso il quale il Governo italiano – attraverso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale – ha concesso all’Agenzia delle Nazioni Unite un importo di 400.000 Euro per l’attuazione del suo progetto “Supporting Elections for Ethiopia Democracy Strengthening – SEEDS”. Collaborazione Italia-UNDP gestita dall’Ufficio dell’Agenzia Italiana della Cooperazione allo Sviluppo di Addis Abeba (AICS).
Nello stesso periodo i report di UNOCHA erano di tutt’ altro parere esponendo stime di 350.000 persone, di etiopi di origine tigrina che in quella regione stavano soffrendo di malnutrizione grave. Carenza alimentare come conseguenza diretta della guerra iniziata il 3 novembre 2020: sono stati saccheggiati e distrutti raccolti, incendiati campi e rubati o uccisi capi di bestiame per lasciare alla fame il popolo tigrino. Oggi il 90% dei più dei 6 milioni di etiopi in Tigray dipendono dal supporto alimentare e sanitario. Meno del 10% del target è stato raggiunto, nonostante la tregua umanitaria indetta dal governo centrale il 24 marzo 2022. Stime parlano di 900.000 persone in condizioni di carestia, ma l’accesso bloccato alla regione per indagare e prendere visione in maniera indipendente sul territorio fa stimare questo numero probabilmente al ribasso.
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Già mesi prima, aprile 2021, il dott. Abadi Girmay, capo dell’ Ufficio dell’agricoltura e dello sviluppo rurale nell’amministrazione ad interim del Tigray, aveva dichiarato in un’intervista che la situazione era allarmante:
“Come si può ricordare dall’anno scorso, ci sono state invasioni di locuste in molte aree del Tigray che hanno lasciato gli agricoltori devastati. Subito dopo è scoppiata la guerra. A peggiorare le cose, il momento della guerra si è sovrapposto al tempo del raccolto. È noto che oltre il 25% della produzione totale di Tigray è stata distrutta dagli sciami di locuste. Inoltre, ciò che era rimasto dalle invasioni di locuste era ancora sparso su tutti i terreni coltivati senza una raccolta adeguata. Ciò che era rimasto sui campi coltivati è stato bruciato e rovinato per cause diverse. Alcuni dei campi coltivati sono stati stanziati o devastati (premessa iniziale n.d.r.). Inoltre, a causa della guerra, molte persone sono state sfollate dalle loro case e dalle loro terre. Non potevano portare con sé le loro cose, il bestiame e i prodotti.”
Mark Lowcock, l’ex sottosegretario generale per gli affari umanitari e coordinatore dei soccorsi di emergenza dell’ ONU, aveva dichiarato che il governo etiope ha bloccato dichiarazioni di carestia per il Tigray nei processi e nelle sedi delle Nazioni Unite.
Lowcock, in una successiva dichiarazione fatta recentemente ed in esclusiva al media Devex, ha denunciato che la Russia e la Cina hanno aiutato l’Etiopia a “ritardare” le riunioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per discutere la dichiarazione di carestia nel Tigray.
“Efficaci manovre diplomatiche a New York” da parte di Russia e Cina significano che “gli etiopi sono riusciti a evitare riunioni aperte al Consiglio di sicurezza per mesi, mesi e mesi” ha detto.
La carestia non è ancora stata dichiarata ufficialmente nell’Etiopia settentrionale, anche se si stima che quasi mezzo milione di bambini siano malnutriti nel Tigray.
Secondo l’ex alto funzionario ONU, se ci fossero state riunioni del Consiglio di sicurezza sulla carestia nel Tigray prima “avrebbero concentrato l’attenzione di livello superiore sul problema in maniera preventiva e si sarebbe aggiunta alla pressione politica sugli etiopi per consentire più aiuti”
Aggiungendo che:
“Il ritardo è costato vite e ha aumentato la sofferenza, soprattutto tra donne e bambini”. Ha anche affermato che senza il coinvolgimento di Russia e Cina “ci sarebbero stati incontri precedenti” e che, nonostante il “nervosismo” da parte di alcuni stati africani, “la maggioranza voleva che se ne discutesse”.
Taye Atske Selassie, l’ambasciatore etiope e rappresentante permanente dell’Etiopia presso le Nazioni Unite, ha negato le affermazioni di Lowcock. Le missioni permanenti russe e cinesi presso le Nazioni Unite non hanno risposto a una richiesta di commento.
Quando l’ex funzionario ONU Lowcock, nella metà del 2021 lasciò l’incarico, sapeva che il Tigray era in stato di carestia, ma il sistema internazionale fallace per confutare e fare tali dichiarazioni ha permesso al governo Etiope di rallentarne tutto il processo.
Conseguenza è stata che in assenza di una dichiarazione ufficiale, le agenzie umanitarie partners dell’ONU hanno utilizzato espressioni diplomaticamente tiepide come “condizioni simili alla carestia” condizionando le modalità di fornitura degli aiuti per milioni di persone confinate ed assediate in Tigray.
Molteplici report in 20 mesi sono stati pubblicati e condivisi denunciando crimini di guerra e contro l’umanità, attività di pulizia etnica sulle persone di etnia tigrina con la comunità internazionale che ha condannato il blocco “de facto” sull’acceso umanitario per la regione settentrionale dell’Etiopia.
Nel contempo Russia e Cina, allineate al governo etiope, hanno preso posizione dichiarando fin dal’inizio che la guerra in Tigray erano affari interni dell’Etiopia. Entrambi i paesi hanno poteri di veto del consiglio – insieme a Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia – quindi è improbabile qualsiasi azione forte del consiglio ONU, come le sanzioni verso governi che si sono macchiati di crimini ed abusi violando il diritto umanitario.
“Quando si è trattato di… cosa dovrebbe essere discusso in seno al Consiglio di sicurezza, russi e cinesi hanno aiutato gli etiopi a ritardare le riunioni del Consiglio di sicurezza”, ha detto Lowcock affermando anche di aver cercato di avviare riunioni aperte inviando al Consiglio di sicurezza una nota ai sensi della risoluzione 2417, che avverte gli stati del rischio di un conflitto indotto dalla carestia.
“Se qualcosa sta per entrare nell’agenda del Consiglio di sicurezza, c’è un processo per determinare che… i membri del Consiglio di sicurezza, in particolare i membri permanenti, possono essere abbastanza abili nel trovare ragioni per cui particolari cose non dovrebbero essere discusse” ha dichiarato Lowcock, continuando “Quando una questione diventa abbastanza grande, le cose alla fine verranno discusse, come si è discusso di Russia, Ucraina … c’è una risoluzione molto debole finora. Ma sai, c’è molto spazio per ritardare le tattiche. Ed è quello che è successo. È quello che è successo nel caso dell’Etiopia”.
L’ex funzionario ONU ha anche sottolineato che, sebbene non ci siano collegamenti formali tra le riunioni del Consiglio di Sicurezza ONU e la piattaforma ed i suoi processi di dichiarazione di carestia, il Consiglio stesso contribuisce a canalizzare e sottoporre tali comunicazioni alla politica ed ai media creando così meno probabilità che una situazione “deteriori in una perdita di massa di vite umane” come sta accadendo invece in Tigray.
Ha affermato anche che “efficaci sforzi concertati” nel 2017 hanno evitato carestie in Sud Sudan, Somalia, Yemen e Nigeria. Il Famine Review Committee della Integrated Food Security Phase Classification, o IPC, è l’organismo che dovrebbe approvare ufficialmente una dichiarazione di carestia.
“È più difficile per i regimi recalcitranti ostacolare il lavoro dell’IPC quando sono sotto il bagliore dell’attenzione dei media globali perché allora tutti possono vedere cosa stanno facendo e il costo politico di affamare deliberatamente una popolazione è parallelamente più alto”.
Secondo Fred Carver, ricercatore specializzato nelle tensioni delle Nazioni Unite tra le potenze occidentali e Russia e Cina, questi due Paesi stavano da tempo “portando a un numero sempre minore di questioni (oltre alla carestia in Tigray n.d.r.) da sottoporre al Consiglio di sicurezza”.
Lowcock ha affermato che il governo etiope si è ben guardato nell’attirare l’attenzione e soprattutto critiche per la sua gestione nella crisi del Tigray e “lo ha fatto deliberatamente in modo da ridurre al minimo il rischio che ci fosse un enorme contraccolpo globale. Gli etiopi volevano fondamentalmente far morire di fame i Tigrini, portandoli alla sottomissione o eliminandoli dall’esistenza”
“Questo era l’obiettivo 1, ma l’obiettivo 2 era quello di farlo senza attirare l’obbrobrio globale che è associato al causare deliberatamente una carestia per centinaia di migliaia o milioni di vite” ha concluso Lowcock.
La testimonianza di Marck Lowcock ha messo in luce e conferma una dinamica da parte del governo etiope che non è nuova e che tende a sminuire la gravità e le criticità prodotte in favore di una speranza di clemenza da parte delle realtà giudicanti.
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Si vuol ricordare come evidenza le dichiarazioni ad inizio 2021 da parte di Pekka Haavisto, inviato speciale in Etiopia per l’Unione Europea. I leader etiopi nei colloqui a porte chiuse con il funzionario dell’Unione europea all’inizio del 2021 hanno affermato che “spazzeranno via i Tigrini per 100 anni”, ha affermato Haavisto, avvertendo che “questo è potenzialmente interpretabile come pulizia etnica”. Nell’aprile 2022 un report congiunto di HRW – Human Rights Watch e Amnesty International hanno confutato e denunciato attività di pulizia etnica, atrocità e crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati sugli etiopi di origine tigrina.
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia