Una notte di mezza estate a pedalare in bicicletta da Aquileia fino a Caporetto e ritorno solo per godere dei colori dell’alba con il sole e le sue infinite sfumature che spunta da dietro le cime dei monti.
Questa é stata la premessa come idea, per qualcuno “folle”, che mi é balenata in testa qualche sabato fa, forse l’insonnia per il troppo caldo, forse la voglia di far qualcosa di diverso dal solito che non fosse il canonico giro di pedali da A a B e ritorno o forse grazie… al mio inconscio che sta cercando di suggerirmi qualcosa?
Solitamente i “comuni mortali” pensano:
“Ok, domani mattina mi sveglio, mi preparo, prendo la bicicletta e comincio a pedalare per farmi un po di strada e gustarmi un po i panorami intorno a casa.”
Qualche ciclista potrà anche pensare:
“Ok, prendo la bici, vado a farmi un giro di pedali in tranquillità così faccio movimento e mi tengo in forma.”
Qualche altro biciclettaro, cicloturista, “qualcuno che vada in bici per diletto”:
“Ok, la bicicletta oggi la uso per farmi una pedalata fuori porta, un po più in la del solito giretto domenicale.”
Personalmente… no! Non mi sento di rientrare in nessuno dei 3 modelli.
Non sono un ciclista, di quelli “tutina, allenamento, gare e tempi” anche se la “tutina” la uso sempre… solo per comodità di “traspiranza e gommosità” del fondello 🙂
Non mi reputo nemmeno cicloturista nel senso di “preparo i bagagli perché voglio farmi le vacanze/le ferie girando, pedalando in bicicletta e fare camping o fermarmi in qualche ostello/B&B lungo la strada.”
Non mi sento mi appartenga nemmeno la figura del ciclista che dice “Esco per un lungo, giusto perché sono allenato e posso permettermi di fare mega giri lunghi”.
Mi reputo uno che ama far girare le ruote, per il gusto di andare:
“Dove vai? Non lo so, ma vado!”
Ecco il motto che mi sento mi appartenga, quello che mi sento che mi calzi a pennello. Questo é il perché quel sabato ho deciso di preparare bici e il minimo necessario per pedalare in notturna verso… la meta l’ho decisa all’ultimo minuto, lasciando casa, le quattro mura dove vivo ad Aquileia, per trasferirmi temporaneamente nella mia casa viaggiante per un viaggio fisico ed interiore in sella alla mia bicicletta e pedalare per il gusto di poterlo fare, godendomi ogni metro, centimetro… ogni attimo di strada percorsa.
Erano le 22.30 che avevo finito di controllare la bicicletta, riempito le 2 bottiglie d’acqua, chiuso la sacca sotto sella con lo stretto necessario*, e naturalmente casco ed impianto luci funzionante.
Avevo tutte le finestre di casa aperte e dall’esterno non percepivo nessun rumore, sembrava tutto ovattato, ma riuscivo ad intravedere un cielo nero illuminato solo dalla luce riflessa di uno spicchio di luna e sentivo una leggera brezza fresca: ok, era tempo di mettermi in strada, erano le 3.10am che sono partito da Aquileia e mentre iniziavo a pedalare, la mia idea iniziale di andare verso i monti, si é concretizzata suggerendomi di andare in direzione Cividale Caporetto per poi tornare dalla parte slovena, percorrendo la strada parallela al Soça, all’ Isonzo.
Ho cercato di pedalare su strade interne, fortunatamente a quell’ora non c’era traffico, ero solo, solo con la mia due ruote ed i miei pensieri, naturalmente occhi ben aperti sulla strada, orecchie ben aperte per recepire ogni rumore intorno a me.
Dalla bassa friulana, da Aquileia, per intravedere, raggiungere i primi monti in zona cividalese, bisogna pedalare almeno una 50ina di km per potersi infilare nella valle zona San Pietro al Natisone, Pulfero direzione Caporetto, ed é stato proprio in quel tratto di strada che il cielo completamente nero, con uno spicchio di luna di un bianco evanescente e lo sbrilluccichio puntinato delle stelle si é un po affievolito per iniziare a colorarsi di un blu cobalto.
Ogni tanto il giallo della luce di qualche lampione sembrava quasi un getto di luce calda che si alternava alla fresca arietta della notte, sembrava trasformarsi quasi in un tepore, in una coperta che mi riscaldava e tutto intorno fermo, quasi cristallizzato, ovattato, nemmeno un suono, un fruscio: solo io, il rotolare delle ruote della bicicletta sulla strada e forse, la cosa che faceva più rumore, quello dei miei pensieri dentro la mia testa.
Pedalare, andare in bicicletta in quell’ambiente strano, di notte, in solitaria, per diversi chilometri, riesce ad un certo punto a farmi varcare la soglia della “testa vuota e la testa piena”: é una sensazione che fatico a spiegarla a parole, ma accade che, anche se concentrato sulla pedalata e sulla strada per mantenere alta la mia attenzione per la mia sicurezza ed incolumità, un’altra parte della testa diventa come svuotata da ogni pensiero e nel contempo si riempie di luci e colori, scintille e strascichi di pensieri che, come tessere di un puzzle, cercano di agganciarsi, si scontrano, si distanziano come andare alla deriva per provare in maniera del tutto libera e senza costrizioni a creare ponti, link riagganciandosi con altri pezzi… qualcuno potrebbe chiamarlo “inizio del processo di creatività”, io non lo chiamo, ma so solo che spesso quando entro in questo contesto, torno a casa con nuove idee e tanta motivazione, non solo per pedalare, ma motivazione per vivere, per farmi ricordare che la vita é bella in ogni suo attimo, in ogni sua forma, oggetto e misura se si riesce a farla propria personalizzandola e cercando di crearla come più ti piace… ed il fatto di avere la testa svuotata ma riempita allo stesso tempo di infinite scintille, pensieri così labili e sfuggevoli che ti fanno fare voli pindarici dove solitamente non ti portano quasi mai a nulla, quelle poche volte che l’alchimia funziona possono darti una visione realmente motivante, creativa sotto mille aspetti.
Ecco perché mi piace pedalare per il gusto del viaggio in se, per il gusto di fare strada, cercando di prendermi i miei tempi e cercando di non farmi troppe seghe mentali ma solo pedalare e lasciarmi trasportare, quasi perdendomi.
Alle 5.30am circa sono passato per San Pietro al Natisone dove ho visto persone camminare in moviola sulla strada in direzione delle proprie 4ruote per tornarsene a casa sfatti dopo i festeggiamenti della vicina Vernasso.
Non so chi era più strano, io che guardavo loro o questi che guardavano me pensando a:
“Chi é quel pazzo ciclista che pedala a queste ore chissà da e per dove!” 🙂
So solo che da li mancavano pochi chilometri per raggiungere Caporetto. Nella mia tabella di marcia mentale, mi ero prefissato che sarei arrivato intorno alle 6.00, 6.30 a Kobarid e magari mi sarei fermato per far colazione e riprendermi un attimo, non che fossi stanco, l’aria fresca della notte e i 20km/h di media mi hanno permesso di godermi la pedalata fin la senza problemi, ma sopraggiunto alle porte di Caporetto non sapevo ancora cosa mi attendeva.
L’ alba!!!
Il viale alberato prima di arrivare in centro, ti fa intravedere sulla destra la vallata verdeggiante, con i colori dell’imbrunire, il verde é un verde smeraldo dai toni cupi, sovrastato da un azzurrino del cielo dato dai primi raggi del sole che escono da dietro le cime dei monti, tutto amalgamato ad un’affascinante e serpeggiante striscia di nebbia che sembra quasi della consistenza dello zucchero filato… e tutto intorno a me nessuno e totale silenzio.
Tutto questo é durato qualche attimo, ho dovuto fermarmi per ammirare quegli istanti che al contempo per me sono durati un’eternità, volevo farli durare un’eternità per ricordare quelle sensazioni e quei colori e quei profumi.
La strada che ho percorso direzione Tolmino, é stata tutta con la luce accesa, ormai, anche se il sole era ancora dietro le cime dei monti, era giorno e con lui é scomparsa quella sensazione magica di serena tranquillità che la pedalata nei colori della notte mi aveva concesso fin a qualche attimo prima.
Non ho potuto non fermarmi a fare la foto con il mio amico albero: é una tappa ormai obbligata passando di la 🙂
Poco male, questo dava al mio piccolo viaggio in bicicletta una sua naturale evoluzione: tutto si trasforma, tutto é un processo di cambiamento e anche questa cosa, sembra scontata ma non lo é, perché una volta che ne prendi coscienza, cambia il tuo punto di vista, cambia il tuo approccio ai discorsi, ai contesti… ecco quello che volevo dire qualche paragrafo fa, quando scrivevo della mente che si svuota e si riempie: per me é un aiuto a cercare di prendere coscienza lasciando andare i pensieri di muoversi liberamente.
La strada da Tolmino mi ha portato in direzione Kanal, dove mi sono fermato per una pausa a gustarmi la vista sulla diga, a rifocillarmi con qualche manata di noci e anacardi ed un sorso d’acqua: il sole era alto nel cielo e l’aria aveva iniziato a scaldarsi.
Tutto il resto della pedalata é stata un andare per tornare a casa, un giramento di pedali quasi la bicicletta fosse col pilota automatico, forse perché ormai la strada di quelle zone la conosco abbastanza bene o forse perché si era persa l’atmosfera dei colori della notte in bicicletta.
Poco male, ero contento così, ero svuotato e pieno di tutto e soddisfatto non tanto dell’impresa ciclistica, non me ne importava granché, ma solo del fatto di aver potuto pedalare e godermi la strada in quel contesto, tra silenzi, colori e luci strane, non usuali, che mi hanno dato una marcia in più.
Arrivato a Solkan avevo già 125km sulle gambe così ho deciso di fermarmi per fare la seconda colazione al solito bar seduto accanto alla solita fontana… piazzetta e ristoro classico dei ciclisti della zona.
Mi sentivo già a casa, ho continuato a pedalare per arrivare ad Aquileia intorno alle 11.00/11.30 di domenica e dove, dopo l’ultimo tratto di ciclabile AlpeAdria, mi son fermato al Melon’s Club dagli amici Dario e Monica per rifarmi un po di liquidi con una buona fetta di anguria: il coronamento per una buona chiusura della pedalata in notturna da Aquileia a Caporetto e ritorno sconfinando dal Friuli Venezia Giulia in Slovenia e rientrando a casa felice e contento 🙂
Ti lascio come al solito con la traccia GPS su STRAVA e… ci si vede per strada!
NAGAYE’ NAGAYE’ 🙂
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia