Sono passati ormai più di 3 mesi dalla firma dell’accordo di cessazione ostilità siglato a Pretoria il 3 novembre 2022 tra governo etiope e rappresentanti del TPLF – Tigray People’s Liberation Front. Guerra genocida iniziata il 3 novembre 2020, nel silenzio del mondo che ignorerà la tragedia.
L’accordo ha prodotto una tregua per quanto riguarda un cessate il fuoco militare da parte di tutte le forze coinvolte nella guerra genocida definita una tra le più atroci dell’ ultimo secolo.
Le stime prodotte dal Professor Jan Nyssen e dal suo team di ricerca dell’ Università di Gand, parlano di 600.000 vittime tra i civili, dirette per massacri, bombardamenti ed indirette per blocco all’accesso umanitario, mancanza di cibo, medicinali e supporto medico.
Lo “scoop” sul numero di vittime prodotte dalla guerra genocida in Tigray per alcuni media mainstream in Italia arriva solo nei primi mesi del 2023.
Il professor Nyssen però con il suo team avevano già prodotto delle stime nel marzo 2022, stime riportate su Focus On Africa.
Sono 13 milioni invece le persone stimate dall’ ONU dipendenti dal supporto umanitario nel nord Etiopia, Tigray, Afar e regione Amhara.
L’accesso umanitario è stato bloccato “de facto” per scelte politiche in Tigray.
Oggi a viverne le atroci conseguenze sono i superstiti, le persone.
L’accordo di Pretoria ha prodotto una tregua che fortunatamente ha sbloccato parte dell’accesso alla consegna di materiale, cibo e medicinali. Si sono riattivate in alcune zone le linee telefoniche e internet, ma ci sono ancora grossi problemi nelle comunicazioni di molte aree: più di 6 milioni di persone in Tigray hanno vissuto 2 anni di guerra isolati dal mondo senza telefoni, elettricità e servizi di base bloccati. I conti correnti bloccati sono stati riattivati, ma ci sono segnalazione di ancora grossi disagi per il ritiro di contanti.
Nonostante l’accordo indichi esplicitamente che le “forze esterne” devono ritirarsi, come le forze Amhara che sono presenti nel Tigray occidentale, le truppe eritree, nonostante un parziale ritiro, stanno ancora occupando altre aree regionali.
Si sono rese protagoniste anche dopo la stipula dell’accordo di aver perpetrato abusi, violenze e crimini sulle persone di etnia tigrina. Ad Irob, woreda [distretto] del Tigray orientale, recentemente sono state denunciate per aver bloccato l’accesso ad un comparto umanitario. Le persone in Irob infatti sono tutto’ oggi sotto assedio degli eritrei. Irob è una delle due minoranze etniche più piccole tra l’ottantina di gruppi presenti in Etiopia.
Pochi giorni prima dell’accordo di cessazione ostilità per il Tigray, i soldati della vicina Eritrea lo scorso autunno hanno massacrato più di 300 abitanti del villaggio nel corso di una settimana, secondo testimoni e parenti delle vittime, riporta l’1 marzo il Washington Post in un suo articolo di approfondimento.
Zalambessa, luogo di confine tra Etiopia ed Eritrea, se già nell’agosto 2013 riportava ancora segni della guerra del 1998/2000 ma vissuta e con residenti, oggi, dopo i 2 anni di guerra genocida risulta svuotata, distrutta e deserta. Una città fantasma.
La comunità Irob rischia di soccombere.
A pagare le conseguenze delle guerre non sono i governanti, i politici, ma sempre e solo la povera gente, i civili, le persone.
In questo caso gli sfollati interni in Tigray hanno denunciato che, nonostante l’accordo di Pretoria, gli IDP nella regione, compresi coloro che si sono rifugiati nelle capitale Mekelle, non hanno ricevuto aiuti umanitari adeguati.
Il 2 febbraio UNOCHA ha affermato che:
“Più di 4,5 milioni di persone o l’83% del totale di 5,4 milioni di persone bisognose di aiuti nella regione sono state assistite con cibo al 18 gennaio in due turni di distribuzione”, afferma il rapporto, aggiungendo che “più di 162.000 di quelli assistiti erano sfollati.”
Tuttavia gli sfollati presenti a Mekelle, la capitale tigrina, affermano che da 3 mesi non hanno ricevuto alcun aiuto.
Addis Standard riporta la testimonianza ricevuta da Solomon Kiros, 47 anni, che insieme ai suoi otto membri della famiglia, è stato sfollato dalla zona est, Adigoshu e ora si è rifugiato a Mekelle, campo di fortuna di Seba Kare.
Solomon ha dichiarato che:
“Non abbiamo rifugi adeguati, né abbiamo gli utensili necessari; siamo davvero in una brutta situazione. La maggior parte degli sfollati non vuole dipendere dagli aiuti umanitari, piuttosto vuole aiutarsi economicamente e assicurarsi il proprio cibo se devono essere riportati nei propri villaggi. In linea con l’ accordo di pace, il governo deve riportarci nelle nostre case perché finiscano le sofferenze”.
Samuel Teklehaimanot è un altro IDP fuggito dalla guerra da Kafta Humera a Mekelle insieme ai suoi sette membri della famiglia il 10 novembre 2020. Quel territorio si trova nel Tigray occidentale, rivendicato dalle governo regionale Amhara come giuridicamente e storicamente sotto il loro controllo. Il Tigray occidentale è stato scenario di pulizia etnica da parte delle forze e milizie amhara nei confronti dei residenti tigrini. Oggi le tensioni e la rivendicazione di quel territorio è parte dell’accordo di tregua e non ancora risolto.
Samuel attualmente è ospitato nella scuola elementare di Adi-Hawsi.
Samuel ha dichiarato che lui e la sua famiglia insieme ad altri sfollati non hanno ricevuto gli aiuti in tempo.
“Questo è il terzo mese di attesa per gli aiuti umanitari”
Aggiungendo
“Anche se abbiamo segnalato i nostri reclami al Distretto e alle autorità del Tigray, fino ad ora non c’è nulla di nuovo, dicono sempre che ci daranno presto”
Solomon Tsegay (PhD), vicedirettore degli sfollati interni di Mekelle, ha confermato che gli IDP – Internally Displaced Person, non hanno ricevuto alcun aiuto negli ultimi tre mesi tranne che nel primo turno.
“Sulla base delle lezioni che avevamo tratto dal primo round, abbiamo compilato correttamente i dati degli sfollati interni e li abbiamo inviati al Programma alimentare mondiale (WFP), ma i funzionari del WFP stanno invece utilizzando i dati raccolti da loro stessi con il metodo di tracciamento dei dati (DTM ),”
Sottolineando:
“Ci sono 184.000 nuovi sfollati solo a Mekelle, ma le agenzie umanitarie ci hanno fornito aiuti solo per 139.850 persone. Ci sono 44.150 persone che sono fuori dalle quote che ci vengono fornite.”
Già a gennaio 2023 avevamo segnalato le gravi problematiche di sopravvivenza degli IDP in Tigray:
Etiopia, 54.000 sfollati ad Abiy Addi senza cibo, medicinali e altre zone del Tigray senza aiuti
Secondo i dati del centro per sfollati di Mekelle, attualmente ci sono 300.000 sfollati solo a Mekelle.
Credit foto: Bambini all’interno del campo per sfollati di Abiy Addi. Foto: Fornita ad Addis Standard da fonti sul campo
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia