Se vuoi leggere la mia follia dei primi 140km in scatto fisso con il Velomatic Faggin giallomelone, puoi dare un occhio al racconto cliccando qui.
Il ritorno del tour in bici dalla diga del Vajont, da Erto verso Aquileia, verso casa te lo racconto in questo articolo.
Dalla diga del Vajont, dove mi ero fermato per scrutare il panorama, riprendermi e rifocillarmi con cibo e liquidi, sono ripartito in direzione Erto, riprendendo la strada percorsa, ma non avevo idea se, sarei passato per Sacile per imbarcarmi col Velomatic in treno e risparmiarmi un buon tratto di pedalata fino a casa, ma più pedalavo, più il mio stomaco mi diceva di sentirsi sazio e pieno, più la mia testa diceva alle gambe, in maniera trasparente senza forzature, di continuare il movimento rotatorio per avanzare ed é stato in quel preciso istante, superato l’ultimo tornante dopo Erto che ho capito che avrei potuto pedalare nuovamente verso Udine senza problemi: “Tanto anche li c’é la stazione dei treni e conosco già la strada, rispetto ad inoltrarmi in un percorso nuovo verso Sacile, sotto il sole, rischiando di perdermi, macinar chilometri e mandando in malora il bel viaggio che sto facendo”… così ho continuato verso Cimolais, Claut, Barcis e via avanti.
Il tratto più pesante in andata é stato raggiungere il Passo Sant’Osvaldo, pendenze tra il 15 e il 20% per qualche km, al ritorno non era tutta discesa, ma ero rincuorato dal fatto che comunque, mal che andasse, avevo dei falsi piani che mi avrebbero permesso di pedalare al massimo al 4/5% o giù di li… che era un bell’andare rispetto al tratto infernale di salita del’andata 🙂
I nuovoloni carichi di pioggia visti dal piazzale della diga qualche decina di minuti prima, avevano iniziato ad avanzare più velocemente della mia pedalata e così in un attimo avevano coperto il cielo ed il sole, non pioveva, due gocce di numero sulla testa, ma arrivato in zona Claut le strade erano totalmente bagnate, la pioggia aveva già fatto la sua apparizione precedendomi.
Fortunatamente, mi son detto, la strada che mi stava portando a Barcis, Montereale/Valcellina, mi da la giusta temperatura, quell’aria fresca dopo che ha piovuto, per poter pedalare senza problemi di colpi di sole, ed anche se non c’era il sole, la brezzolina ce l’avevo alle spalle e mi sospingeva per benino.
Zona Montereale inizia a rischiarirsi e l’asfalto delle strade inizia a riflettere i raggi del sole per ridarmi quel tepore per riscaldare gambe e corpo ormai gelato da sudore e aria: accoppiata micidiale.
Avrei potuto indossare il k-way che per ogni evenienza ed imprevisto mi ero portato dietro, fasciato sul tubo reggi sella, ma avevo pensato che se mi fossi fermato le miei gambe non so come avrebbero risposto al riposo, all’ acido lattico… avevo paura di non riuscire a ripartire, quindi ho preferito proseguire e grazie al meteo, ho raggiunto una temperatura accettabile che mi ha riscaldato nuovamente per poter avanzare in pedalata dopo Montereale/Valcellina in direzione Maniago.
Maniago raggiunto: luce abbagliante, asfalto asciutto e bollente, sole che piacchiava sulle spalle ed in testa… ero quasi arrosto, ma fortunatamente mi ero equipaggiato di liquidi: 1/2 litro d’acqua e un altro 1/2 litro di bibita che, dalla diga fino a Maniago sono riusciti a mantenere una temperatura accettabile per poterle bere senza mandar giù acqua calda 🙂
Maniago porte vedo le indicazioni che mi indicano la direzione “Spilimbergo”, prendo quella via, arrivo ad un incrocio, senza altri cartelli, ma o vado a destra o vado a sinistra… che faccio? Mi fermo allo stop, tiro fuori dal taschino il mio #TomTom cartaceo e rivedo la lista dei nomi dei paesi passati all’andata e cerco di leggerli a ritroso.
Sembrava facile, ma ho dovuto leggerli per due volte perché la testa stava andando per conto suo grazie a stanchezza, caldo… fortunatamente 20 metri prima avevo sorpassato un furgone con due tipi sul ciglio della strada con casacca gialla e bandierine rosse che stavano aspettando qualche tipo di gruppo/gara ciclistica (visto che mi son accorto dopo che sul furgone c’era scritto “Squadra corse” :D) ed ho chiesto informazioni a loro “Destra o sinistra per Spilimbergo?” ed uno dei due sorridendomi (o ridendo di me, non l’ho ancora ben capito :D) mi ha detto che “Con ogni probabilità dovresti andare a sinistra”… detto fatto.
Ripresa la strada, infatti , mi son accorto dopo un chilometro che erano posti già visti la mattina, e ho ripreso fiducia anche nella pedalata: avevo quasi raggiunto il punto in cui la mattina mi ero salutato con Andrea, che aveva ripreso la strada del ritorno. Ottima cosa, ero a buon punto mi son detto.
Giusto per far capire le proporzioni del mio “arrivato a buon punto”, da Maniago mancavano 20 km a Spilimbergo ma erano comunque 50 chilometri da Maniago a Udine…
Ok, non ho perso la motivazione perché la mia stessa motivazione é stata quella di spezzettare il mio ritorno in piccoli tratti, tanti piccoli obiettivi:
sono a Maniago, 20km e raggiungo Spilimbergo: come fare Aquileia > Grado e ritorno, nessun problema;
appena arrivo a Spilimbergo potrò pensare a raggingere Udine, passando per Fagagna: al limite delle cose, se proprio sono allo stremo, a Fagagna c’é Andrea su cui poter far riferimento per supporto tecnico o morale 🙂
quando arriverò ad Udine, potrò decidere se proseguire fino a Palmanova o tagliar corto e finirla la, salendo in treno fino a Cervignano… e via avanti.
Più pedalavo, più raggiungevo paese per paese, più mi avvicinavo all’ obiettivo sucessivo e più la mia motivazione si faceva più forte e più nitida, potevo farcela ad arrivare fino a casa.
Per me é stata così la storia di questo viaggio, la motivazione ha superato caldo, sete, stanchezza, fisico che diceva basta, non so se funziona per tutti così, ma questa esperienza mi ha insegnato questo, per me ha funzionato così.
Ok, non é stato tutto rose e fiori, perché sì, temperatura un po di brezzolina, la strada e i falsi piani che pendevano a mio favore, ma una volta superato Spilimbergo verso Fagagna, li c’é stato forse l’unico momento di ansia di non farcela veramente fino in fondo: la mente ormai si era completamente annebbiata grazie alla temperatura che si era notevolmente alzata: ero sulla strada verso Fagagna, vedo il cartello Fraz. San Vito di Fagagna… ok, ci sono quasi, procedo e al successivo incrocio leggo un cartello con scritto “Udine/Fagagna” dritto ed un altro “Mereto di Tomba” verso destra… e a quel punto dentro di me é scattata una ola, fischi, urla di felicità… perché pensavo di poter tagliare parecchi chilometri dirigendomi in direzione Palmanova… TUTTO SBAGLIATO… Mereto di Capitolo si chiama… DI CAPITOLO!!! non DI TOMBA!!!
E’ stato così che la mia pedalata l’ho allungata di un buon 20 chilometri raggiungendo il centro di Mereto di Tomba (e non di Capitolo) e tornando indietro per Fagagna e ricollegarmi alla strada con indicazioni per Martignacco / Udine… accidenti a me.
Sotto il sole, rettilineo di strada asfaltata e cocente con le risorse di liquidi quasi al limite (ho cercato di razionarli fino al primo bar/distributore/negozio/coop…) ho pensato “Non ce la farò mai, entrerò in loop, in un circolo vizioso, che mi fara pedalare fino alla morte tra Mereto di Tomba (un potenziale presagio?!?!?!) e Fagagna, San Vito ed altri paesetti della zona senza farmi raggiungere mai più la mia prossima meta: Udine.
Sono stati 5 minuti di orrore ed ansia… superati dal fatto che poi sono riuscitto a riprendere zona Fagnagna una rotonda con cartelli che davano “Udine”… e via come un fulmine… o quasi, superata la rotonda ho visto un benzinaro con bar annesso: mi son fermato e giù a bere e far rifornimento: mi sono rinfrescato, ho scambiato quattro chiacchere col benzinaro/barista, ho preso 1 litro di liquidi più altro mezzo litro scolato sul posto: dopo 10 minuti ero pedalante verso quel di Udine.
Avevo ripreso la strada giusta, avevo da bere, avevo da mangiare (paninetto con miele) e stavo pedalando verso Udine!!!
Da Udine ho pensato che sarebbe mancato 1 oretta e mezza per arrivare ad Aquileia, pedalando al’ andatura media dell’andata: 3/4 d’pra per Palmanova e altri 3/4 d’ora per Aquileia… non mi sembrava ormai così irrealizzabile poter tornare a casa con le mie gambe.
Ricordo che il cellulare era morto ad Erto, e non avevo nemmeno mezzi per controllar percorso e soprattutto orari, men che meno mi sarei fermato durante la strada per chiedere che ore erano: ormai in testa avevo la mia tabella di marcia, sapevo che ero vicino a casa e sapevo che comunque potevo contare su due o tre contatti in zona e che a casa c’era comunque qualcuno che mi aspettava.
NOTA e SUGGERIMENTO personale:NON sottovalutare mai questi aspetti quando si intraprendo questo tipo di FOLLIE, di viaggi, di imprese… ok la motivazione
Non avevo cognizione di che ore fossero, sapevo che comunque mancavano un paio d’ore per poter essere a casa, non ero arrivato ancora a Udine, mancavano ancora quella 15ina di chilometri che sono stati psicologicamente lunghi, ma dopo un po, anche se le mie gambe ne stavano risentendo, le cosce e i polpacci erano ben tesi, sono arrivato zona Stazione Treni Udine.
ERA FATTA!!! Complice l’ombra del viale alberato per arrivare in stazione, temperatura fresca, per quei centinaia di metri, ho pensato a continuare, ero stanco, non indolenzito come nei miei precedenti giri, ma proprio sentivo la stanchezza, ma la motivazione era comunque sempre più forte, ed ho proseguito verso il viale Palmanova, uscendo da Udinee dirigendomi, questa volta in maniera sicura e certa 🙂 verso Mereto di Capitolo: si, mancavano diversi chilometri ancora, ma ormai mi sentivo già a casa.
Seeee!!!! Altro che gli ormai 240km già percorsi… i più duri, lunghi e orserei dire, infiniti, sono stati gli ultimi 40, perché la motivazione stava nuovamente vacillando tanta era la volgia di essere già a casa, sotto una bella doccia corroborante, in puro relax poi davanti alla cena… tutto questo all’ insegna del fatto che ancora NON sapevo che ore erano… zona Faganga, dove mi ero fermato a bere, l’orologio a muro segnava circa le 16.30 o giù di li… ora forse era passata già un’altra oretta…
Ok, niente panico, ho superato Udine, il sole picchiava e faceva caldo, ma avevo ancora da bere fino al prossimo paese, non sarebbe stato Mereto di Capitolo, ma un baretto di un paesino precedente pensavo di trovarlo sicuramente, MA la mia testa dura mi ha fatto arrivare fino a Palmanova, dove pensavo di godermi l’ombra di un tendone di un bar con bibita ghiacciata annessa… ma nel contempo NON volevo fermarmi sempre con la paura, sempre più forte, di non riuscire a rialzarmi, a ripartire, troppa era la stanchezza ormai, quindi ho superato di volata Palmanova.
La fonte della felicità l’ho ritrovata assieme alla motivazione fuori da un cimitero!!!
Alle porte di Cervignano del Friuli, nella rotonda, prima di arrivare all’ incrocio Cervignano/Torviscosa/Gorizia… sulla destra c’é un cimitero e all’entrata, sul piazzale del parcheggio, l’acqua che sgorga limpida e ghiacciata: non ho visto e sentito più nulla, nemmeno la testa che chilometri prima mi diceva di non fermarmi, e mi son ritrovato in un nano secondo con la testa sotto l’acqua, ho riempito la borraccia bevendola a collo, nuovamente riempita per scorta fino ad Aquileia, ho annacquato pure il cappellino ciclistico by Faggin e me lo son rimesso in testa, fresco che la testa ha ringraziato facendo fare la ola a tutti i capelli 😀
Ok, ormai qualche chilometro e potevo aprire la porta di casa… l’acqua mi aveva dato alla testa, si, visto che la ciclabile mi é risultata ancora “più infinita” del precedente tratto di strada Udine/Palmanova.
Superato Terzo di Aquileia, visto che mi era avanzato un bocconcino di pane col miele dentro il K-Way che fungeva anche da marsupio, arrotolato nel tubo reggi sella, mi sono fermato in zona Pizzeria Anfora, sceso dalla bici, NON ho avuto nemmeno la forza di srotolare il k-way, o meglio la testa, tanto avevo superato il punto di non ritorno, i miei precedenti limiti ciclistici, di resistenza, mi diceva “lascia stare, manca poco a casa, sprechi più energia a srotolare il k-way, aprirlo, prendere il paninetto, scartarlo, mangiarlo, rimpntare in sella iniziando a pedalare verso casa… che rimontare in sella e pedalare verso casa”
Ok, é stata la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso… il limite lo avevo già superato, perché sapevo che era comunque energia, sapevo che mi avrebbe fatto bene, ma tutto col senno del poi… quando sei li, a confrontarti con i tuoi limiti, a cercare di superarli, li puoi superare ma devi stare attento a non strafare… fortunatamente con un po di lucidità la mia pedalata fino a casa, 2/3 chilometri, me li son fatti sorseggiando acqua fresca, pedalando al ritmo di un bradipo all’ ombra.
18.30 circa ero davanti la porta di casa, stanco, sfatto, ma con soddisfazione personale da vendere a palate!!!
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia