Sono passati 9 mesi dall’ inizio della guerra in Tigray: dal 3 novembre 2020 il partito legalmente costituito che governava il Tigray e per 27 anni l’ Etiopia, il TPLF – Tigray People’s Liberation Front ed i suoi membri sono stati definiti dissidenti dal governo etiope in quanto hanno abdicato alle volontà di rimandare le votazioni causa Covid ed hanno organizzato le votazioni regionali costituzionalmente legittime.
Questo evento fu l’ultimo che spezzò la corda già tesa da tensioni pregresse: da li un’escalation di eventi che ha portato al conflitto, ad una guerra con repressione etnica e dai risvolti genocidi verso il popolo tigrino, verso i civili che nulla hanno a che fare con la guerra.
Per la sicurezza dell’ Etiopia il governo centrale ha iniziato a segregare ed ostracizzare persone di etnia tigrina in tutti gli ambiti e settori civili, professionali, politici e militari: la paura del governo era ed è ancora oggi che ogni tigrino sia un potenziale individuo anti governativo e filo terrorista. Terrorista in quanto da maggio 2021 lo stesso governo del riaffermato premier e nobel per la pace Abiy Ahmed, ha dichiarato ufficialmente organizzazione terroristica il TPLF e terroristi tutti i membri ed i simpatizzanti: hanno così legittimato che ogni individuo tigrino sia da sospettare contro l’ Etiopia unita ricercata dagli etiopi bene.
Una guerra voluta per ristabilire l’ordine, ma che la stessa guerra sembra voler affermare con forza lo scontro etnico invece che la ricerca di reale coesione sociale fra etnie, culture e popolazioni diverse sotto la stessa bandiera etiope.
Il 28 giugno, dopo otto mesi di combattimenti nella regione del Tigray in Etiopie, i partigiani del TDF – Tigray Defence Forces hanno riconquistato la capitale regionale Mekelle.
Conseguenza per la quale il governo centrale ha richiamato l’ ENDF, le forze di difesa etiopi dichiarando un cessate il fuoco per motivi umanitari. Un palliativo visto che ormai la comunità internazionale richiedeva da mesi il cessate il fuoco e riportava da tempo i fatti e le conseguenze del conflitto in corso: ipotesi di carestia imminente, ormai milioni di sfollati interni e migliaia di rifugiati tigrini in Sudan.
Le forze del Tigray si sono poi spostate rapidamente nelle vicine regioni di Afar e Amhara, innescando sfollamenti su larga scala. In questo periodo, più il TDF ha avanzato e più gravi violazioni dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza governative contro i tigrini ad Addis Abeba sono aumentate.
Riportiamo di seguito informazioni e testimonianze raccolte e condivise da parte dell’ HRW – Human Rights Watch iniziando dalla dichiarazione di fine giugno di Laetitia Bader, direttrice del Corno d’Africa di Human Rights Watch.
“Le forze di sicurezza etiopi nelle ultime settimane hanno effettuato arresti arbitrari dilaganti e sparizioni forzate di tigrini ad Addis Abeba. Il governo dovrebbe interrompere immediatamente la sua profilazione etnica, che ha gettato sospetti ingiustificati sui tigrini, produrre informazioni su tutti coloro che sono detenuti e fornire riparazione alle vittime”.
A luglio e agosto, Human Rights Watch ha intervistato per telefono otto detenuti attuali ed ex detenuti del Tigray, quattro imprenditori del Tigrino e 25 parenti di detenuti, testimoni di abusi e avvocati: HRW ha esamintao documenti del tribunale chiedendo per mezzo mail l’11 agosto, dettagli e conferme al procuratore generale Gedion Timothewos senza ricevere risposta. La richiesta allegava anche interviste raccolte da HRW di novembre 2020 su profilazioni, perquisizioni ed arresti arbitrari rivolti a tigrini ad Addis Abeba.
Il commissario di polizia della capitale etiope a metà luglio ha dichiarato ai media che gli oltre 300 tigrini arrestati erano indagati per presunto sostegno all’ex TPLF – Tigray People’s Liberation Front. Nonostante l’affermazione del commissario, HRW ha decretato la maggior parte se non tutti gli arresti a sfondo etnico come causale per fermi.
Testimonianze dirette pervenute anche alla redazione di Focus On Africa, hanno affermato che le forze di sicurezza hanno fermato e arrestato i tigrini per le strade, nei caffè e in altri luoghi pubblici, nelle loro case e nei luoghi di lavoro, spesso durante perquisizioni senza mandato.
Recentemente un nostro referente ci ha fatto sapere che ad Addis Abeba, visto il clima di calma apparente ma teso, i tigrini preferiscono non rischiare di muoversi con i bajaj, i taxi in Etiopia, ma preferiscono i bus ed altri mezzi pubblici condivisi in quanto i taxi sono più facilmente presi di mira per fermi e perquisizioni arbitrarie da parte delle forze dell’ ordine: il timore per ogni tigrino non è il fermo e la profilazione, ma le modalità di detenzione. La paura di sparire nel nulla e nel silenzio del mondo.
La calma apparente nella capitale va di pari passo con la propaganda governativa che sta cercando di portare avanti la campagna di arruolamento di giovani e non, volontari per il bene della patria unita: i numeri di nuovi arruolati come risposta, a detta di alcuni analisti, sembra sia minore della richiesta.
Notizia di 24 ore fa, l’ università di Debre Markos in regione Amhara “convertita” in campo di addestramento: tutti i docenti ed il personale amministrativo, compreso il direttore hanno iniziato i corsi militari di base per una potenziale difesa del territorio contro i partigiani del TDF. Si possono immaginare i risvolti di dare delle armi in mano a neofiti della guerra.
HRW riporta i casi di un attivista politico un operatore umanitario tigrini, entrambi con sede ad Addis Abeba, che erano tra gli arrestati a luglio, così come almeno una dozzina di giornalisti e operatori dei media che hanno riferito di abusi contro i tigrini.
Mentre i familiari spesso sapevano dove erano detenuti i loro parenti durante i primi giorni di detenzione, molti di loro sono stati traferiti in luoghi non precisati e non ben identificati. Avvocati e famigliari hanno scoperto solo in seguito, spesso dopo alcune settimane che erano stati trasferiti in Afar, a 200km da Addis Abeba. Ad oggi la sorte di 23 casi documentati da HRW rimane sconosciuta.
Il 2 luglio le autorità hanno arrestato un tigrino di 34 anni insieme ad un amico ed altre due persone di etnia tigrina in un caffè del quartiere Haya Hulet. 12 agenti di polizia hanno controllato i documenti e li hanno portati alla stazione di polizia di Karamara dove sono stati separati per etnia. Il 34enne fu rilasciato il giorno dopo, mentre l’amico era tra i 90 tigrini ancora in stato di fermo. Un paio di giorni dopo l’uomo ha ricevuto una telefonata dall’amico, con un cellulare preso in prestito, che gli ha detto “Siamo trasportati su 16 autobus. Ci sono polizia, intelligence e anche militari”. L’uomo ha chiamato il numero il giorno dopo e dall’altro capo gli ha risposto un ufficiale di polizia che gli ha confermato che i detenuti erano stati trasferiti in Afar.
I media ed i testimoni di HRW hanno riferito che dal 28 giugno le autorità hanno chiuso dozzine di attività commerciali ad Addis Abeba gestite da tigrini: in particolare ad Haya Hulet e in diversi distretti di Bole. Il 29 giugno la polizia ha arrestato un proprietario di un hotel chiudendolo, ma hanno rilasciato il collega di etnia Amhara. Il fratello del proprietario del Tigrayan ha detto che lo hanno arrestato e trasferito in una località sconosciuta e ad oggi non ne se ne sa nulla.
Il trasferimento in luoghi segreti di sospetti da parte delle forze di polizia sono tattiche illegali attualmente utilizzate con la conseguenza di poter prolungare arbitrariamente il tempo di detenzione eludendo i requisiti legali: tecniche utilizzate anche su esponenti di opposizione e giornalisti.
Le sparizioni forzate sono definite dal diritto internazionale sui diritti umani come l’arresto o la detenzione di una persona da parte di funzionari statali o loro agenti, seguiti dal rifiuto di riconoscere l’arresto o di rivelare il destino o il luogo in cui si trova la persona. Diretta conseguenza: le persone arrestate e scomparse con la forza sono al di fuori della protezione della legge, il che le rende più vulnerabili alla tortura, alle esecuzioni extragiudiziali e ad altri abusi.
Le persone forzatamente detenute in luoghi non ufficialmente precisati hanno negate le possibilità d’accesso da parte dei loro avvocati minando il loro diritto per un processo equo ed escludendo anche il diritto di visita dei famigliari. I famigliari in questo caso sono l’unico supporto che hanno i detenuti per ricevere cibo, vestiti e beni di prima necessità che il governo non fornisce.
HRW – Human Right Watch ha affermato che le autorità etiopi dovrebbero rispettare i divieti legali internazionali contro la privazione arbitraria della libertà e le sparizioni forzate.
“La profilazione etnica, l’arresto, la detenzione e le sparizioni forzate dei tigrini da parte del governo etiope sono illegali e ingiuste”, ha affermato Bader. “I paesi donatori dovrebbero sollevare le loro preoccupazioni con il governo per porre immediatamente fine e indagare su queste pratiche discriminatorie che minacciano di aggravare le tensioni etniche nel paese”.
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia