Pedalare da Tolmezzo verso Forni Avoltri per arrivare a Collina: questo é l’idea che Stefano mi aveva detto qualche settimana fa, che gli sarebbe piaciuto fare perché era già da anni che la aveva in mente, ma non era mai riuscito a realizzarla.
Ne abbiamo parlato proprio domenica scorsa e nel discorso é entrato anche Giovanni, ma lui ha subito puntato in alto:
“Si, ma poi da Collina? Si torna indietro a Tolmezzo? A metà c’é Ovaro, c’é lo Zoncolan! Davide ci stai? Andiamo su al ritorno!”
Io sinceramente l’avevo presa come chiacchera, perché lo avevo intimato che sinceramente mi spaventava: le pendenze della strada verso la vetta dello Zoncolan le avevo viste e fatte a piedi per andarci a vedere la penultima tappa del Giro qualche anno fa… e le mie gambe ricordavano che era dura, davvero dura anche a piedi, e memore di questo a Giovanni ho detto un secco no, o meglio:
“Arrivo con Stefano fino alla porta dell’ inferno, dove inizia ufficialmente la salita, facciamo la foto di gruppo, io te e Stefano, poi torno in centro mi siedo fuori da un bar co birra da mezzo e ti aspetto la mentre tu fai la scalata!!!”
Così ci eravamo lasciati domenica, il dubbio ci attanagliava, ma tant’é che ieri, martedì, dopo due giorni dalla pianificazione gogliardica del giro in bici, é arrivato il momento di affrontare la realtà e il momento di raggiungimento dell’ obiettivo di Stefano.
Partenza in furgone MOTOSTILE Nadalin da Aquileia alle 7.45am
Abbiamo caricato noi, bici e bagagli sul furgone e via verso Tolmezzo, parcheggiando sul piazzale della prima rotonda uscita autostrada, subito scesi, ci siamo preparati, tirato giù le bici, acceso i Garmin e siamo partiti pedalando direzione Collina, passando per Villa Santina e Forni Avoltri… e via avanti.
NOTA: mezzi pedalatori in uso:
- Stefano una bdc in carbonio della Fondriest (leggero con ruote da 23);
- Giovanni una bdc in carbonio della Bottecchia (leggero con ruote da 23);
- Il sottoscritto un CX in alluminio della Kona bikes (pesantuccio in confronto alle altre 2 e con ruote da 32 tappate);
Infatti la mia vecchia bdc, una Torpado T2000, l’ho venduta diverso tempo fa perché per strada giro solo in modalità scatto fisso con il Velomatic “GialloMelone” fattomi fare su misura da Faggin di Padova, quindi l’unica bici che ho per affrontare pendenze veramente… pendenti é il ciclocross della Kona (rapporto più agile un 36/29).
La pedalata da Tolmezzo fino a Forni Avoltri é stata totalmente di riscaldamento, su falso piano, con pendenza massima del 4%, un cavalcavia bello lungo insomma, nulla di grave… da Forni invece é arrivata la salitella divertente che ci aspettavamo e che, come concordato prima di partire, ognuno l’avrebbe fatta col suo passo, con la sua andatura per raggiungere Collina, paese in cui ci saremmo fermati per pranzo.
La salita fino a Collina ha visto protagonisti Giovanni ed io in fuga, lui in testa a menare sui pedali e io, lingua fuori, gambe a mulinello, cercando di stagli a ruota… anche se arrivati in cima ho sempre mantenuto quei 10 metri di distacco… arriviamo ad un cartello che recitava “Collinetta” ed io a Giova:
“Quanto manca? qualche km ancora?”
Lui: “Si, forse anche meno”
Fatto il tornante dove era piazzato il cartello e pedalato per altri 200metri spunta fuori il cartello “Collina” arrivati e naturalmente, come ogni giro, pedalata che si rispetti, abbiamo immortalato il momento con uno scatto… no in bici, con una foto! 🙂
Siamo arrivati al primo bar, ci siamo fermati, seduti all’ ombra e ordinato una bevanda zuccherina frizzante e gelata a testa, ci siamo rilassati aspettando l’arrivo di Stefano che di li a poco é arrivato.
Ripresi dalle energie perse, non tanto per le gambe o dal poco fiato, quanto soprattutto, almeno per me, per il fatto che risento molto del caldo ed il caldo può fare brutti scherzi, comunque abbiamo ripreso le bici, ci siamo spostati nel piazzale dell’ albergo sottostante, quello messo a disposizione per le colonie di ragazzi, quello in cui abbiamo passato diversi periodi estivi e non per vedere com’era cambiato e naturalmente anche per farci l’ulteriore foto ricordo 🙂
Roba da 2 minuti ed eravamo nuovamente in strada verso il rifugio di Canobio e già ci pregustavamo un bel piatto di frico con birrona gelata al seguito: niente, chiuso purtroppo per lutto 🙁 così ci siamo spostati un po più su al rifugio Tolazzi.
Pranzetto niente male con il classico tagliere di affettati e formaggi, una birra, un mezzo di rosso e poi giù di frico e polenta e per finire, come un pranzo che si rispetti, grappino come digestivo… il giusto per riprendere forza per il proseguimento del gior in bici.
In tavola naturalmente, tra le mila chiacchere, ha riportato alla luce il nome del Kaiser, dello ZONCOLAN, ributtandomi in faccia la sfida:
“Passiamo per Ovaro, ci facciamo la foto di rito alla porta dell’ inferno, Stefano poi vede se aspettarci li o proseguire verso Tolmezzo e noi due… sottolineo tu e io… andiamo su, fino in cima e ci facciamo lo Zoncolan”
…e io naturalmente targiversavo:
“Si, Giova, ma renditi conto che ho già le gambe in acido, siamo fermi qui, ci stiamo raffreddando, e poi il rapporto più agile che ho é un 34/28… tu hai un 30 per lo meno, io ho peso e le ruote tappate, tu sei in bdc e sicuramente mi dai via…”
E via avanti così…
Lo dicevo a Giovanni, ma mentalmente cercavo anche di convincere me stesso che non ero in grado, almeno ieri, visto tutte le variabili in gioco ed ero ancora titubante, non ero convinto di farcela ma nemmeno di non farcela, ed appena finito il pranzo, ripartiti e trovato il cartello ad Ovaro che indicava direzione Zoncolan, sì, li ho relaizzato che stavo per imbarcarmi in quella fantomatica salita, in quella strada infernale, un calvario, un uomo, le sue gambe, la sua motivazione, una bicicletta verso la salita più dura d’Europa… é stato faticoso arrivare alla linea di partenza, alla porta dell’ inferno… non volevo immaginare, la mia testa non voleva immaginare cosa ci avrebbe aspettato.
Fatta la foto di rito pure li, Stefano ci ha salutati ed é partito per quel di Tolmezzo, io e Giova abbiamo iniziato a pedalare.
NOTA: prima foto dopo 50 metri, é quella del sig. Bottecchia che ci scandisce i metri che mancano verso la cima… e li ho preso paura, ho messo il piede a terra, Giovanni aveva già preso il via, io quasi impietrito gli ho gridato qualcosa del tipo:
“Mollo, mancano quasi 8km e io sto già sciogliendomi dal caldo e non ho fatto nemmeno 100metri…”
Giovanni non ha molato la pedalata però non voleva mollare neppure me li e mi ha gridato qualcosa del tipo:
“Lascia stare, non preoccuparti, continua a pedalare, su!!!”
Mi son buttato un po di acqua in testa, sulle gambe e ho dato un sorso, ma vedevo che anche con il rapporto più agile (36/29) le gambe subito si sono trovate a pedalare su una pendenza del 9/10%… era solo il “primo” muretto, perché da li a poco le pendenze aumentavano considerevolmente… e quindi “chissene” ho iniziato a zizagare ed ho notato che la tecnica funzionava alla grande… non sarà l amaniera stilisticamente e tecnicamente migliore per fare il tempo, ma “chissene”… io mica dovevo battere il tempo, il mio obiettivo era arrivare in cima allo Zoncolan e STOP! Quindi via avanti così e in men che non is dica (seee, dopo scleri, imprecazioni varie, litri di sudore e polmoni che rotolavano a valle lungo la strada…) abbiamo raggiunto circa un terzo del tracciato…
La bellezza di tutto questo é che mi ha portato a raggiungere Giovanni e mantenere quella distanza di 50 metri da lui riuscendo a mantenerla per quasi 3/4 della strada e questo mi ha rincuorato e motivato in una maniera considerevole perché mi ha fatto capire che potevo farcela… se arrivavo a tener botta con Giovanni, ero (più o meno) ad armi pari e quindi si, avrei potuto raggiungere anche io la vetta dello Zoncolan e quindi ho avuto un integratore di energia motivazionale non da poco… e via, testa bassa e menare… non a tutta naturalmente.
L’ascesa dello Zoncolan NON é per tutti, non me la sto tirando, non voglio pavoneggiarmi, ma queste poche righe solo per consigliare a chi volesse affrontare tale salita che é veramente ma veramente tosta, ma allo stesso tempo che, oltre l’allenamento vero su gambe e fisico, bisogna lavorare e allenare anche tanto la parte mentale: se non usi la testa sia per trovare la motivazione di pedalare quasi in verticale (il tuo cervello cercherà sempre di dirti che non ne vale la pena, che stai facendo fatica e il tutto indebolisce il corpo…) sia anche per ponderare energie fisiche, sforzo, pedalata… allora puoi mollare in partenza.
Per lscesa dello Zoncolan devi ponderare ed equilibrare, ottimizzare ogni sforzo, ogni giro di pedali, non sprecare forse e centellinare ogni minimo carico, curva, cambio di direzione ed essere sempre con occhi aperti, vigile e concentrato: non puoi permetterti alcuna alternativa se non quella di eseguire tutto questo per essere sicuro di poter sfruttare tutto quello che hai, tutto quello che puoi dare per arrivare in cima.
Questo é quello che ho imparato, questo penso sia un consiglio da “prima volta” sullo Zoncolan, magari per qualcuno, per qualche pro, per qualcuno che lo ha fatto già più volte ha qualcosa da rivedere, aggiungere, ma personalmente é il mio consiglio, l’ unico se vuoi affrontare la prima volta lo Zoncolan.
La testa bassa, con gli occhi che guardavano a qualche metro davanti la ruota della bicicletta, mi ha fatto leggere tutte le scritte di icitamento, mi ha fatto leggere nomi che hanno fatto la storia del ciclismo (Pantani, Basso, Aru…) e più pedalavo zizagando e più, come i titoli di coda del film StarWars, li leggevo tutti e sentivo che mi fornivano un po di “linfa vitale” per proseguire, come una litania citandoli a mia volta mentalmente:
“Sto pedalando sulla salita più dura d’Europa, sto percorrendo la strada dei grandi campioni… ok che lo hanno già fatto tanti altri comuni mortali… ma ora ci sono anche io, adesso, non posso mollare il colpo…”
…e via avanti.
Più si saliva e più comparivano ogni tot metri le foto dei grandi campioni a bordo strada che facevano vedere a me e Giovanni il conto alla rovescia dei metri che mancavano alla vetta.
Sono passati i volti di Bartali, Pantani, Coppi, Gimondi e tanti altri…
Saimo arrivati ai -4000mt, significava che eravamo ormai a metà… e ne ero totalmente felice… altro lancio di motivazione é stato il pensiero che qualche anno prima eravamo saliti a piedi ai -3km per vedere la penultima tappa del Giro e in bici sarei passato di li, ripercorrendo quel tratto di strada e tal pensiero mi ha dato la carica per non mollare.
“Mancano ancora 1000mt per arrivare in quel punto, poi sarò contento perché ho superato la metà della salita e perché ripercorro un tratto in bici, dove solo qualche anno prima facevo da spettatore…”
Poi per calcoli mentali per eccesso cercavo di vedere il lato positivo della cosa:
“Appena superiamo il cartello dei -3km significa che abbiamo superato la metà (circa 8km e mezzo) però significa che, arrotondando mancherebbe 1/4 perché la metà l’abbiamo superata abbondantemente, quindi 1/4 non é nulla in confronto a quello che abbiamo fatto fin’ora di salita…” e via avanti a cercare motivazione su motivazione.
Mi stavo facendo un sandwich di motivazioni che mi stavano garantendo energia e linfa a gambe corpo e testa, per non mollare, per rinvigorirmi… ad un certo punto spiana…
“Come spiana?!?!?!” Non capivo e, buttando l’occhio fuori dalla striscia di asfalto, ho notato che riuscivo a vedere tutta la vallata sottostante… eravamo in alto… verso la vetta degli eroi.
Ho ributtato gli occhi sulla strada ed era in piano, mezzo curvino a sinistra e a qualche centinaio di metri una galleria!!!! La prima delle 3.
Questo significava che ormai ci eravamo mangiati anche gli ultimi 3 km ed eravamo quasi in cima, mancava poco, quel tratto in piano mi ha fatto scalare pignone portandolo per diversi cent. di metri da un 29 a un 26… faccio le tre gallerie… esco dal tunnel, rivedo la luce… ma non é la leggendaria luce di serenità e calma, non ero ancora morto, c’era ancora qualcuno che voleva torturarmi perché quella luce mi ha fatto vedere gli ultimi 2 o 3 tornanti che prtavano alla cima dello Zoncolan: mancavano 300metri più o meno e quei tornanti si sviluppavano per un dislivello considerevole… se mi passate il termine:
“Non ha mollato un cazzo fino in cima!!!”
…ma la figata, la bellezza che verso valle si apriva un mondo, un catino di erba e puntini, tetti e casette in lontananza dietro, in basso (no, non potevo girarmi troppo ad ammirare che se no rischaivo di cadere), e davanti a me le ultime foto che indicavano gli ultimi metri da percorrere… c’erano gli amici Bartali e Coppi…
L’ultimo tornante, gli ultimi 100 metri ormai non sentivo più la fatica, le gambe giravano meccanicamente, tronchi di legno che giravano e si muovevano come in un meccanismo in moto perpetuo… non facevano più parte del mio corpo e mentre relaizzavo questo ed il fatto che ormai ero in cima, un magone mi ha assalito, mi son venute le lacrime agli occhi e, come adesso che sto ricordando quella sensazione, anche adesso mi sta scendendo la lacrima di commozzione, di sfogo e di contentezza.
Ero in cima, avevo finito il calvario, ormai potevo giocarmi la carta del:
“Io sono arrivato in cima e posso permettermi da oggi in poi di sfoggiare la foto classica fatta seduto davanti al monumento ed al cartello che indicava la cima Zoncolan”
Non ci potevo credere, era fatta, tanta paura iniziale sparita, la fatica c’era, si sentiva, ma nulla in confronto alla pedalata in salita, a quella salita che sembrava eternamente lunga, non finire mai:
Il cervello ti può cucinare fin da subito, i primi metri sono i più duri, perché se non sai tener botta a livello psicologico anche il fisico e le gambe migliori possono essere sabotate dalla propria testa.
Nel primo tratto, come i miraggi, ti sembra di aver fatto mezzo chilometro, passando i primi 2 o 3 tornanti, mentre poi i cartelli che immortalano i vari ciclisti eroici ti dicono che hai fatto appena e forse 100 metri di strada… e li puoi avere un crollo emozionale, emotivo e mandare in malora la tua impresa sullo Zoncolan… dicendoti “Chi me lo fa fare?!?!?” ma é proprio su quello che devi lavorare, devi giocarti la carte della motivazione perché se hai già un buon allenamento, l’unica cosa “in più” e trovare la reale motivazione e questa ricerca nessuno te la può insegnare… devi imparare tu a trovarla, a trovare il metodo di ricerca dentro la tua testa per andare avanti.
Sembra semplice, sembra poco, ma tant’é che come questo piccolo grande consiglio va di pari passo con la strada che ti porta alla vetta dello Zoncolan: devi massimizzare ed ottimizzare la motivazione ed ogni piccolo particolare, movimento per accumularlo e catalizzarlo in energia da sfruttare per l’ascesa allo Zoncolan. Questo é quanto! 🙂
Zoncolan conquistato!!!
Poi la strada é stata naturalmente tutta in discesa.
NOTA (non da poco) per la DISCESA:
Sul mio ciclocross monto doppio freno a disco, Giovanni sulla sua bdc monta i classici freni da bici da corsa e ha i cerchi in carbonio.
Tenendo conto che le pendenze sono belle toste, tenere i freni sempre tirati per non prendere velocità fa in modo da surriscaldare le parti messe in attrito dai freni. Sulla mia bici i dischi in metallo, sulla bici di Giovanni sono stati i cerchi in carbonio: eravamo quasi a metà discesa che, per un fatto di conduzione di calore da cerchi ai copertoni e camere d’aria, ha fatto in modo da “fondere”, tanto era il calore, la camera d’aria della sua ruota anteriore tanto da bucarla… ok ha rallentato, con MOLTA clama e senza scatti improvvisi, ci siamo fermati e dopo averla sostituita, abbiamo ripreso la pedalata verso Tolmezzo dove ci aspettava Stefano.
Questa nota non é roba da poco, tienila presente se ti capita di andare sullo Zoncolan, se ti capita una discesa simile… mgari non succede sempre, ma visto la giornata molto calda e il riscaldamento artificiale per mezzo dei freni sui cerchi della bici… meglio non rischiare: bucare di botto a 40 all’ora in discesa, magari al 10/15% é brutta storia.
Da Ovaro abbiamo pedalato direzione uscita autostrada, zona Tolmezzo dove ci attendevano Stefano e la classica birra gelata di fine giro pedalatorio.
Tutto il resto é storia!!! 🙂
Ti lascio come al solito con la traccia #STRAVA e la galleria di foto… e con un’ultima citazione di un commento ed un complimento da parte dell’amico Paolo:
“_ grande davide, na bona vena de mat te la ga anca ti!“
120km di strada e 2600 metri di dislivello in 5 ore e 30 minuti effettivi di pedalata.
Foto Zoncolan 2015