…ed aggiungerei un po di senso civico, educazione e rispetto verso il prossimo, sia a piedi, su due o quattro ruote…
Pubblico la risposta inviatami da Enrico come commento al mio precedente post “Ciclabile Cervignano Aquileia Grado – CRITICITA’” e visto la lunghezza, ma soprattutto l’obiettività e la visione realista dei temi ciclabili, bici, educazione pratica, civile e buon senso da parte di Enrico, voglio farne un post ed ecco qui quanto mi ha scritto e che condivido al 100%.
Caro Davide,
il mio commento non si riferisce alla questione della multa per i campanelli mancanti (fatto che si commenta da sé) ma é una considerazione generale sull’utilizzo della bicicletta nel Bel Paese.Ti scrivo la mia opinione perché sono sicuro che potrai capirmi dato il tuo grande senso civico.
A mio avviso, il problema principale é che in Italia non c’é la cultura della bicicletta come MEZZO. La bicicletta é infatti utilizzata o da appassionati o da persone normali per la passeggiata serale o domenicale. Pochissimi utilizzano la bici come reale mezzo di trasporto.
Due anni fa ho vissuto venti giorni a Copenaghen (città incantevole), lì la bicicletta ha la stessa considerazione (anzi, forse ne ha di più) degli altri mezzi, quali l’automobile, i motocicli e la metropolitana. Ogni strada, cittadina o di campagna che sia, ha al suo fianco una pista ciclabile. Piste che in realtà sono doppie: una per andare in un senso, l’altra per tornare indietro. Quello che noi facciamo quasi esclusivamente con la macchina, i danesi lo fanno con la bicicletta: vanno al lavoro, prendono i figli a scuola, fanno la spesa, ecc. Se piove, e da quelle parti capita spesso (da due anni a questa parte anche da noi purtroppo), non c’é nessun problema, si mettono addosso una mantellina impermeabile e via.
In quei giorni mi ero procurato una bicicletta da donna, vecchia e con freno a pedale. Con quella uscivo di casa per visitare la città. All’inizio, girare era drammatico, a ogni tratto rischiavo di fare un incidente con altri ciclisti. Avevo un’andatura lenta, da turista, e non conoscevo le strade. La gente mi suonava continuamente il campanello: uomini, donne e bambini, chiedevano che lasciassi loro il passo.
La pista ciclabile, per loro, é una STRADA vera e propria. La bici é un mezzo! La domenica la usano per le scampagnate ma durante la settimana serve per muoversi in città. Sulle piste ciclabili danesi la gente (tanta) corre di buona lena, rispetta chi va più piano (annunciandosi col campanello) e i segnali stradali. Nessuno va contromano, nessuno ci va a piedi. Per i pedoni c’é il marciapiede a fianco.
La cosa che mi rammarica di più é pensare al fatto che mentre i danesi stanno andando molto avanti noi stiamo tornando indietro. Quello che voglio dire é che cinquanta anni fa, i nostri nonni la cultura della bicicletta ce l’avevano eccome. Si pensi a tutti quelli che ogni mattina andavano verso il cantiere in bicicletta. Penso a mio nonno che non ha mai avuto la patente e muovendosi sulla bici ha vissuto tutta la sua vita. Mio nonno che sapeva aggiustare ogni singola parte di quello straordinario strumento d’acciaio. I nostri vecchi non comparavano ruote nuove ma tiravano i raggi e cambiavano i mozzi. Quante officine di bici c’erano? Quanti costruttori e quale qualità avevano quelle due ruote? Quant’era grande la fama degli eroi italiani del ciclismo professionistico?
Noi italiani abbiamo uno strano modo di proiettarci nel futuro: abbracciamo senza alcun senso critico la nuova comodità e buttiamo via tutto ciò che di buono sapevamo fare. Le piste ciclabili “nostrane†non hanno nulla a che vedere con quelle danesi perché chi le ha costruite non aveva proprio la minima idea di che cosa fosse e a che cosa servisse veramente una strada esclusivamente concepita per le biciclette. Sono strette, si interrompono, sono inframmezzate da passi carrai, sono sporche, sono frequentate da pedoni con cani che forse ambirebbero a un marciapiede che non c’é.
Così, mentre nel Nord Europa la gente sfreccia felice e in sicurezza su “autostrade†per biciclette, a noi non resta che l’amara conclusione di ogni malefatta italiana: “meglio di niente…â€
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia