La crisi umanitaria nel nord dell’ Etiopia descritta dall’ultimo report delle Nazioni unite mette in luce e sottolinea che:
Nello stato regionale del Tigray la distribuzione di cibo è ai minimi termini da marzo di quest’anno
Solo circa 68.000 persone sono state raggiunte dal supporto tra il 10 e il 16 marzo.
Circa 221,8 MT di materiale sanitario è stato consegnato: 4% del necessario per sopperire ai bisogni delle persone. Nessun importo di liquidità dal 10 marzo.
Nella regione Amhara quasi 12.000 bambini in 22 scuole nella zona di Wag Hemra hanno beneficiato del programma di alimentazione. Più di 9.300 studenti hanno ricevuto libri di esercizi durante la settimana. Le autorità hanno facilitato lo spostamento di 9.000 sfollati etiopi.
Nelle vicina regione Afar più di 10.000 persone sono state supportate con aiuti alimentari durante la settimana, raggiungendo 126.000, il 20% della popolazione target. Continuano gli scontri armati segnalati a Kilbet Zone 2 inclusi i woredas Berhale, Dallol, Erebit & Koneba.
Il 22 marzo 2022 Tigrai Television manda in onda un servizio rivolto all’ aumento di casi COVID a Mekelle. La diffusione del Coronavirus sale del 40% e la mortalità dei pazienti è salita al 21%. La pandemia resta comunque drammaticamente il male minore.
Il 24 marzo 2022 HRW – Human Rights Watch condivide un report che confuta un raid aereo del 7 gennaio di quest’anno e chiede all’ Etiopia di indagare su “crimini di guerra”. HRW ha affermato che in quella data tre bombe sono state sganciate su una scuola che ospitava sfollati tigrini nella città di Dedebit “uccidendo almeno 57 civili e ferendone più di 42”.
“Il governo etiope dovrebbe svolgere un’indagine tempestiva, approfondita e imparziale sull’apparente crimine di guerra e perseguire adeguatamente i responsabili”, ha affermato HRW in una nota.
“L’uso di bombe guidate senza prove di alcun obiettivo militare indica che si trattava di un apparente crimine di guerra” ha affermato Laetitia Bader, direttore HRW per il Corno d’Africa.
Il capo delle Nazioni Unite per i diritti umani Michelle Bachelet ha riferito in un comunicato precedente a quello di HRW, che almeno 304 civili sono stati uccisi e 373 feriti tra la fine di novembre 2021 e la fine di febbraio 2022 in bombardamenti aerei apparentemente effettuati dall’esercito etiope. Da sottolineare che il corpo militare etiope, a differenza dei partigiani tigrini, è l’unica realtà sul campo di battaglia ad essere in possesso di aerei e armamenti come droni.
Sempre il 24 marzo il governo etiope emana la dichiarazione di Tregua Umanitaria. Il Premier etiope ha affermato che tale mossa faciliti l’accesso umanitario al Tigray e “apra la strada alla risoluzione del conflitto” nel nord dell’Etiopia. Tale dichiarazione è arrivata come fulmine a ciel sereno, dopo più di 500 giorni dallo scoppio della guerra iniziata nel novembre 2020 in Tigray.
Da notare che la dichiarazione è arrivata in concomitanza di queste ultime settimane in cui l’America di Joe Biden si sta mobilitando ed è in fermento per le sanzioni pianificate verso l’Etiopia dettate dall’atto HR6600: sanzioni controverse ed arma per il governo etiope, che ha esortato anche la diaspora in America a mobilitarsi, per denunciare come dannose per la stabilità della nazione Etiopia. Tali sanzioni andrebbero ad intaccare non solo i criminali di guerra, ma avrebbero ricadute ed effetti negativi su tutta un’altra serie di comparti come quello economico e di crescita del paese.
Venerdì 25 marzo, arriva il comunicato dal governo del Tigray condiviso con AFP, in cui dichiarano di essere “impegnati ad attuare una cessazione delle ostilità con effetto immediato” ed hanno esortato le autorità etiopi ad accelerare la consegna degli aiuti di emergenza nel Tigray, dove centinaia di migliaia di persone rischiano di orire letteralmente di fame.
Il governo ha invitato i partigiani tigrini a “desistere da tutti gli atti di ulteriore aggressione e ritirarsi dalle aree che hanno occupato nelle regioni vicine”. Di rimando il governo del Tigray ha esortato il governo etiope per “le autorità etiopi ad andare oltre le vuote promesse e ad adottare misure concrete per facilitare l’accesso umanitario senza restrizioni al Tigray”.
Una sottolineatura da parte del governo del Tigray in quanto il governo etiope aveva precedentemente dichiarato un “cessate il fuoco unilaterale” in Tigray nel giugno 2021, subito dopo che i partigiani tigrini avevano ripreso Mekelle dall’occupazione dell’ENDF, le forze di difesa etiopi e prima che il conflitto sconfinasse nelle vicine regioni di Amhara e Afar.
In precedenza agli ultimi comunicati di governo e di quello tigrino, gli Stati Uniti avevano accusato il governo di Abiy di impedire che gli aiuti raggiungano i bisognosi, mentre le autorità etiopi a loro volta hanno incolpato la resistenza tigrina per l’ostruzione.
Più di 400.000 persone sono state sfollate nel Tigray, secondo le Nazioni Unite.
Quasi il 40% delle persone nel Tigray, una regione di sei milioni di persone, deve affrontare “un’estrema mancanza di cibo”, ha affermato l’ONU a gennaio, con la carenza di carburante che costringe gli operatori umanitari a consegnare medicinali e altri rifornimenti cruciali a piedi. Le zone rurali, la maggior parte del territorio tigrino, è ancora fuori il raggio d’azione del supporto.
Riguardo ai camion con rifornimenti umanitari, da nostra fonte ci giunge un’indiscrezione, ancora da confutare ma degna di essere condivisa e approfondita, per cui i convogli diretti in Tigray e fatti passare per l’Afar, area di guerra, ma unica “arteria percorribile”, verrebbero assaliti e dirottati verso la vicina Eritrea. Ricordiamo che in 17 mesi, nonostante le molteplici richieste e pressione da parte della comunità internazionale di far uscire l’esercito eritreo dall’ Etiopia, ad oggi è ancora presente sul territorio. Esercito al fianco delle forze di difesa etiopi ed amhara a partire dal novembre 2020.
La comunità occidentale intanto guarda positivamente le dichiarazioni del governo etiope e del governo tigrino.
Il segretario di Stato americano Antony Blinken ha affermato che gli Stati Uniti “esortano tutte le parti a basarsi su questo annuncio per promuovere un cessate il fuoco negoziato e sostenibile, compresi i necessari accordi di sicurezza”.
“L’#UE accoglie con favore la dichiarazione di tregua umanitaria da parte del Gov dell’#Etiopia e la dichiarazione sulla cessazione delle ostilità da parte delle autorità del Tigray” ha affermato su Twitter la delegazione dell’UE in Etiopia.
Comunità occidentale che fin dall’inizio, per molti osservatori ed analisti esterni, ha avuto e mantenuto una posizione tiepida con dichiarazioni sì di preoccupazione, ma senza un intervento realmente significativo e risolutivo per sedare il conflitto.
Allineati anche i diplomatici guidati da Olusegun Obasanjo, l’inviato speciale dell’Unione Africana per il Corno d’Africa, i quali hanno cercato per mesi di mediare colloqui di pace, con scarsi progressi.
Solo il tempo quindi ci potrà fornire la verità su tutte queste prese di posizioni diplomaticamente encomiabili, ma a cui bisogna dare concretezza con azioni per mettere in salvo tutte le persone, gli etiopi ed eritrei che ad oggi, per 17 mesi sono stati messi in mezzo ad una guerra non loro e stanno vivendo una catastrofe umanitaria che sembra non aver fine.
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia