Venerdì 11 marzo 2022 viene diffuso un video per mezzo social che ci viene segnalato anche da nostri contatti con messaggi diretti.
Il video integrale di 5 minuti e 46 secondi riprende un gruppo di uomini, di etiopi, alcuni con divise militari, alcuni in abiti civili che in un villaggio si apprestano a radunarsi intorno a quello che inizialmente era un semplice falò. Risulterà il rogo per un uomo bruciato vivo.
Un’atrocità che si può configurare come crimine di guerra e contro l’umanità a tutti gli effetti.
Aggiornamenti:
Sabato 12 Marzo 2022 – 7:22am: Ethiopia Government Communication Service comunica che, dopo presa visione dell’atrocità segnalata online per mezzo video, prenderà provvedimenti con indagini per assicurare alla giustizia i criminali, di qualunque fazione essi siano.
Sabato 12 Marzo 2022 – 11.00am: TGHAT pubblica e condivide sul suo sito un’analisi in cui riporta ulteriori particolari e informazioni complementari a quelle che sono state segnalate in questo articolo.
Sabato 12 Marzo 2022 – 12:08am: Reuters riprende la notizia e segnala la presa di posizione del governo etiope.
Non condivideremo il video integrale in quanto troppo esplicito, violento e disumano.
Abbiamo provveduto a segnalarlo, a sottoporlo all’attenzione di Riccardo Noury che come presidente di Amnesty Italia ci ha assicurato lo indagherà attraverso il team che si occupa di Etiopia.
Lo abbiamo segnalato con quelle poche informazioni e dettagli che sono giunti anche a noi come redazione di Focus On Africa.
Durante l’arco della giornata abbiamo cercato di approfondire: purtroppo luogo e data della ripresa non sono ancora certi.
Sabato 12 marzo, ore 2.00am qualche confutazione giunge attraverso Twitter grazie al giornalista Matt Williams che ha coinvolto anche William Davison, analista senior di Crisis Group con il supporto di un altro OSINTer, un altro analista che lavora analizzando fonti aperte, pubbliche e di libera consultazione.
Dalla loro analisi ne scaturisce quanto segue (ovviamente tutte le informazioni sono frutto delle loro analisi e quanto descritto di seguito è ancora tutto da confutare ed approfondire per avere garanzia della veridicità dei fatti, ma che per dovere di cronaca come Focus on Africa ci sentiamo di condividerle in maniera preliminare con i nostri lettori in attesa che sia fatta luce su queste atrocità.)
Le forze di sicurezza dell’SNNPR – Southern Nations, Nationalities, and Peoples’ Region insieme alle milizie di Fano e alle forze speciali di Amhara sono state riprese mentre bruciavano vivo un uomo.
Dal filmato si riesce a capire che nel falò diversi altri prigionieri erano già stati bruciati a morte prima dell’uccisione dell’uomo da parte dei soldati etiopi e delle milizie legate al governo etiope. Le vittime, i prigionieri di guerra molto probabilmente si può per ora solo ipotizzare che siano etiopi di origine tigrina. Infatti si sente nominare “giunta”, termine dispregiativo per chiamare i membri del TPLF, i tigrini.
La persona che filma il video attraverso il suo telefono cellulare si riprende lui stesso ad un certo punto della clip e quindi si vede bene in volto. Anche molti altri uomini della milizia stanno filmando in contemporanea la barbarie che si sta compiendo, che stanno compiendo sotto i loro occhi. Un gruppo di 50-70 uomini trasporta l’uomo su una pira che sta già bruciando in mezzo ad un villaggio.
Secondo William Davison parlano amarico, la lingua nazionale etiope. Sempre secondo Davison è evidente la presenza di uomini della milizia Fano e della Amhara Special Forces. Altre voci registrate hanno accento del sud, infatti si intravedono colori del’ uniforme della polizia della regione meridionale.
Nel video si riescono a sentire le parole del gruppo di uomini, dei soldati che umiliano l’uomo che sta per essere letteralmente bruciato vivo tra le fiamme, accanto ad alcuni altri corpi già carbonizzati.
“Lascialo girare con la sua faccia verso il fuoco.”
“Fagli vedere i suoi fratelli [compagni]. Sostienilo [per gettarlo nel fuoco ardente]”
Dopo aver umiliato l’uomo, dal minuto 1’17” alle 1’29” nel video, lo gettano sul fuoco.
Diversi soldati etiopi, aiutati dai miliziani, aggiungono erba secca e legna al fuoco.
“Aggiungi legna da ardere [nel fuoco]. Questo figlio di p****.”
“Arrostilo, la sua carne sarebbe deliziosa con l’injera (il cibo tipico etiope n.d.r.)”
Continuano le riprese, continuano le ingurie e le umiliazioni.
“Abbiamo bruciato così quando hanno ucciso il maggiore [si intuisce che stiano parlando del loro più alto in grado]. Nessuno di voi deve toccarlo. Basta spingerlo usando il bastone”.
Il filmato si conclude riprendendo fino al momento in cui la persona tra le fiamme non da più segni di vita, non si muove più. Bruciato vivo, accanto a dei corpi di altre persone etiopi come lui ed etiopi come i loro carnefici, i loro stessi fratelli che li hanno massacrati in maniera disumana.
Matt William dichiara che è difficile da verificare dove e quando sia stato girato il video di questa atrocità.
La posizione esatta è difficile da geolocalizzare, tuttavia, come dichiara William Davison potrebbe trovarsi vicino alla città di Guba/Gubba nella zona di Metekel, nella regione di Benishangul-Gumus, vicino la GERD – Grand Ethiopian Renaissance Dam, la grande diga del rinascimento.
Anche il quando è stato girato il video è incerto, ma secondo Addis Standard le forze speciali regionali di Gambella, Sidama e Southern Nations, Nationalities and People’s Region (SNNPR visti nel video) sono state schierate a Bulan Woreda nella zona di Metekel nella regione di Benishangul Gumuz nel settembre 2021.
Matt Williams, proseguendo con la sua confutazione e le sue ipotesi, scrive che:
“Le atrocità commesse da Fano, dalle forze governative e dai ribelli nella guerra civile sono state ben documentate. Gruppi armati non identificati a Metekel hanno anche preso di mira funzionari governativi e controparti della sicurezza, nonché altre minoranze etniche.”
Ed aggiunge:
“L’omicidio dei prigionieri/prigionieri di guerra in questo video potrebbe essere [un gesto] punitivo, vendetta per la morte di un maggiore dell’esercito. Dal dicembre dello scorso anno, la situazione è molto tesa nella regione di Benishangul Gumuz, che ospita oltre 70.000 rifugiati sudanesi e sud-sudanesi e oltre 500.000 sfollati etiopi. La violenza si è intensificata.”
Quello che è certo, come segnalato all’apertura di questo articolo, è che si tratti di crimini contro l’umanità e crimini di guerra visto il contesto in cui si inserisce questo crimine: va indagato e vanno condannati tutti i responsabili coinvolti e i criminali che hanno perpetrato questa barbarie.
Sicuramente non si può abbassare la guardia, la comunità internazionale non può far finta che non esista il rischio di genocidio verso il popolo tigrino visto la disgregazione sociale data dal fomento dell’ odio etnico legato ed incitato, legittimato da una normativa “anti terrorismo” per fermare i membri “ribelli” del TPLF e i suoi simpatizzanti.
L’ Early Warning Project ha dichiarato in una sua recente analisi che:
“Il nostro modello statistico stima che vi sia una probabilità del 7,4%, ovvero circa 1 su 13, che un nuovo omicidio di massa inizi in Etiopia nel 2021 o nel 2022. L’Etiopia è al 7° posto a rischio più alto tra 162 paesi.”
La speranza è che quanto prima possa essere fatta giustizia.
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia