Sabato 3 luglio alle ore 18.00 si è svolto il primo incontro della diaspora tigrina del Friuli Venezia Giulia.
L’ evento è stato ideato e organizzato da Time For Africa con la collaborazione di Focus On Africa. Le due realtà hanno voluto dare spazio ad una rappresentanza delle voci della diaspora in Friuli e dei giovani tigrini presenti in Italia con la finalità di parlare e far conoscere la guerra e gli strascichi disumani iniziati ormai 8 mesi fa in Tigray.
Il conflitto da una veloce azione di polizia voluta dal democratico premier Nobel per la Pace Abiy Ahmed Ali si è trasformata fin dai primi istanti in una vera e propria guerra contro il TPLF – Tigray People’s Liberation Front perché dichiarato dal governo centrale dissidente.
Per il governo centrale le cause scatenanti, apice che ha portato al conflitto, sono state prima le elezioni che il TPLF ha voluto portare avanti e dissentire al rinvio nazionale causa pandemia; secondo l’attacco al Northern Command, caserma in cui risiedevano migliaia di soldati dell’ esercito dell’ ENDF – Ethiopian National Defence Forces da parte di membri del TPLF nella notte tra il 3 e il 4 novembre 2020.
Questi fatti sono da indagare e dovrebbero quanto prima essere confutati da realtà indipendente e super partes per poter esprimere giudizio a norma di legge, sperando quindi che la giustizia possa fare il suo corso per darci garanzia sulla verità.
Ad oggi il TPLF è marchiato ufficialmente dal governo centrale come organizzazione terroristica ed i suoi membri terroristi.
Conseguenza? Ogni tigrino è sospettato di essere potenzialmente una pedina anti governativa.
Con queste premesse dal novembre 2020 si è creato un clima di repressione etnica verso il popolo tigrino.
Per il governo centrale è solo prevenzione alla stabilità ed alla sicurezza nazionale.
Purtroppo i modi e le maniere con cui sono iniziate e stanno continuando i fermi, le profilazioni di uno o gruppi di tigrini che vengono fermati per accertarsi delle loro generalità da parte dell’ ENDF o delle forze di polizia, hanno scatenato un clima di terrore per i civili e le persone tigrine.
Il governo centrale ufficializzando i tigrini tutti come potenziali sospettati in nome della sicurezza nazionale ha dato adito e legittimità alle forze di difesa e polizia di avanzare abusi di potere scatenando una vera e propria repressione etnica.
Ancora in questi giorni, come da novembre 2020, arrivano notizie che in Addis Ababa molti tigrini vengono fermati in maniera indiscriminata.
La guerra in Tigray, in 8 mesi di totale blackout sulle linee comunicazioni ed elettriche, hanno portato gli eserciti coinvolti contro il TPLF, o per meglio dire contro il TDF – Tigray Defence Forces, a coinvolgere anche i civili tigrini, le minoranze etniche Irob e Kunama ed allo stesso tempo anche i rifugiati eritrei in vari campi di accoglienza decennali dislocati in Tigray che sono stati attaccati (testimonianze dirette da immagini satellitari da fonti investigative hanno fatto vedere il prima e il dopo di quei campi – bruciati e con strutture distrutte).
Ad oggi sono assodati crimini di guerra e contro l’umanità.
Chi siano nello specifico e nei singoli casi i criminali responsabili lo dovrà dire la giustizia, ciò nonostante, come da molti report di realtà internazionali descrivono soldati dell’ ENDF, forze di difesa federali e truppe eritree che hanno effettuato massacri su civili; lo stupro e la fame sono stati dichiarati dalla comunità internazionale armi di guerra, sono stati attaccati, danneggiati e distrutti l’ 80% degli ospedali regionali, il 20% rimasto attivo solo nei grossi centri che non arrivano a supportare le zone rurali, la maggior parte del territorio.
Si contano milioni di sfollati interni, 60/70000 rifugiati in Sudan, quasi un milione di persone che rasenta la carestia, 350.000 tigrini in condizioni di gravissima carestia.
Migliaia di casi di donne stuprate per una rivalsa puramente etnica (poche coraggiose testimonianze dirette di donne che hanno subito tali violenze riportano sevizie che hanno del disumano e citano le parole dei militari che hanno abusato di loro e sono state violentate per il motivo di non farle più procreare persone di etnia tigrina)
Sono stati bruciati campi coltivati, distrutti raccolti, ucciso o rubato il bestiame.
Tutto questo con l’avanzare della stagione delle piogge, con un’infestazione pregressa di locuste e con un problema alimentare di fondo già presente in alcune aree, tutto questo inciderà pesantemente sulla vita di milioni di tigrini.
Il Segretario americano Blinken ha descritto questo conflitto come guerra genocida: è seguita dopo alcuni mesi la dichiarazione del Patriarca della chiesa ortodossa etiope che, tramite un video uscito dai confini etiopi, ha potuto dichiarare apertamente che in Tigray si sta svolgendo una guerra genocida. Nella sua testimonianza ringraziava il suo contatto americano perché grazie a questo video ha potuto dare voce alle sue parole che per mesi si è visto censurare dal governo del Premier etiope nobel per la pace Abiy Ahmed.
Ad oggi, il cessate al fuoco dichiarato unilaterale dal Premier etiope è temporaneo e indetto per motivi umanitari: per lasciar modo al popolo tigrino di poter coltivare i campi e recuperare un po’ di raccolto per la loro sussistenza e nel contempo per far operare gli operatori umanitari sul territorio.
L’ipotesi di diversi osservatori è che sia un’ escamotage per prender tempo e per organizzare la prossima mossa.
Infatti il cessate il fuoco è arrivato nei giorni seguenti in cui il TDF è riuscito a riconquistare Mekelle, la capitale del Tigray ed altre città ed aree e dsolo dopo mesi che la comunità internazionale lo aveva richiesto.
Purtroppo il Tigray ad oggi è confinato e territorio chiuso, circondato dal Governo di Addis Ababa e dalle milizie Amhara, dall’ Eritrea e dalle zone confinanti col Sudan in cui c’è ancora la decennale disputa della GERD – Grand Ethiopian Renaissance Dam e le acqua del Nilo azzurro contese tra Egitto, Sudan ed Etiopia.
Giorni fa è stata fatta saltare un’ulteriore arteria di accesso importante: è stato fatto saltare il ponte sul fiume Tekeze. Da indiscrezioni l’atto sembra essere stato commesso dalle milizie Amhara. Questo precluderà ulteriormente i movimenti per gli aiuti umanitari bloccati dai soldati sul territorio.
In questo clima che perdura da 8 mesi, le relatà umanitari, oltre ad essere state prese anche di mira come target (recentemente sono stati trovati uccisi 3 operatori di MSF – Medici Senza Frontiere) non possono circolare liberamente per portare aiuti medici ed alimentari a chi ha bisogno. Anche se l’esercito federale è stato fatto uscire da Mekelle e sembra che i soldati eritrei siano usciti da Shire e da altre aree, il Tigray è ritornato in blackout e le zone di confine sono del tutto instabili e non si conoscono le condizioni delle persone che ci vivono. Come per i migliaia di rifugiati eritrei ormai sfollati interni al Tigray, anche per le minoranze etniche Irob e Kunama (le più piccole etnie tra le 80 presenti in Etiopia) non si hanno aggiornamenti e non si sa il loro destino da mesi: nessuno notizia sostanziale è stata divulgata in merito.
Il blackout da adito alla continuazione del conflitto, della guerriglia e della costante repressione sul popolo tigrino: per non far arrivare gli aiuti, per perpetrare violenze ed abusi senza essere disturbati dal resto del mondo. Il premeir etiope, oltre ad aver dichiarato nel giorno delle elezioni che non c’è fame in Tigray, ha voluto andare contro la comunità internazionale che chiede da mesi il cessate il fuoco, dichiarando che è un problema interno etiope e quindi, come Stato sovrano ha il diritto ed il dovere di risolverlo come governo etiope senza contaminazioni di attori esterni: è tornato sui suoi passi nel giorno stesso in cui il TDF, le forze di difesa tigrine hanno ripreso possesso di Mekelle.
L’ evento di sabato ad Udine, il sit-in che si è svolto presso il Giardino G. Pascoli, è stato un modo per dar voce ad una rappresentanza della diaspora tigrina in Friuli Venezia Giulia: un modo per far conoscere la disumanità ed il bisogno di supporto ed aiuti che chiedono e che servono al popolo del Tigray e con estrema urgenza.
Grazie ad Umberto Marin di Time For Africa ideatore dell’evento e con la collaborazione e la promozione di Focus On Africa sono state documentate con un video le richieste che la diaspora, oltre le testimonianze, ha avanzato a chiunque voglia e possa agire per fermare questa crisi umanitaria.
Priorità agli aiuti umanitari al 100% per tutti e su tutto il territorio del Tigray.
Indagini indipendenti per poter giudicare e dare in pasto alla giustizia i responsabili dei vari crimini di guerra e contro l’umanità.
Garanzia che le truppe eritree, che hanno ostacolato gli aiuti umanitari e si sono resi complici dei vari crimini, escano al più presto dal territorio occupato del Tigray: ad oggi ci sono state dichiarazioni da parte del Premier etiope, ma non si sono viste evidenze sostanziali che hanno risposto a tal richiesta.
Al recente G20 invece l’ America del Presidente Joe Biden ha richiesto all’ Italia un allineamento alle politiche internazionali nel rispetto del patto atlantico: da tanti mesi il governo italiano non ha preso una posizione forte e non ha emanato comunicati in merito, come la maggior parte dei Paesi europei.
A fine marzo, come avevamo documentato su Focus On Africa, Mistretta aveva ipotizzato una pianificazione di viaggio del Ministro degli Esteri Luigi di Maio in Etiopia per parlare con il Premier etiope.
Sono passati mesi ed ha fatto prima il governo etiope ad inviare una sua rappresentanza in Italia per portare un messaggio di Abiy Ahmed.
Perciò c’è la speranza che questo incontro in FVG possa essere il primo di tanti per sensibilizzare l’opinione pubblica e nel contempo lanciare un messaggio alle realtà politiche regionali che possano farsi portavoce a livello nazionale per innalzare ancor più la discussione con chi ha il potere di cambiare le sorti di vita per il popolo del Tigray.
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia