Ieri, in una domenica invernale, da Aquileia sono partito verso le 9.30 per la pedalata assieme a Damiano: un cicloviaggio domenicale dettato dal lungo chilometraggio (170km) che prevedeva il passare per Udine, Cividale, sconfinare in Slovenia, raggiungere Tolmino e proseguire per Kanal, paralleli al letto del fiume Isonzo fino a Gorizia per poi tornare sulla via di casa.
A Palmanova mi ero dato appuntamento con Damiano, partito da Gorizia, verso le 10.30: la tabella di marcia, causa forze maggiori, ha subito fin da subito un ritardo di 30minuti, poco male la giornata fin’ora era soleggiata, fresca, ma con il sole.
Insieme poi abbiamo fatto la strada non panoramica percorrendo la statale verso Udine e poi proseguire per Remanzacco e passare Cividale.
NOTA: Ho suggerito questa strada per tagliar fuori la zona di Cormons, Corno di Rosazzo e avanti, perché sicuramente é più vivibile dal punto di vista paesaggistico, pedalando in mezzo alla campagna, ma la strada, per quanto possa esssere dolce e pianeggiante, ha quel “retrogusto” di pendenza spacca gambe perché in leggerissima ascesa: questo avrebbe comportato un affaticamento prima di arrivare nemmeno a metà anello, a metàcicloviaggio.
La strada da Udine a Cividale non é molto gradevole in quanto statale, trafficata e poi… di domenica… ma tant’é che siamo arrivati a Cividale contenti della meta raggiunta, almeno mentalmente mi appagava il fatto che da questo punto la pedalata si sarebbe fatta vero e proprio viaggio turistico in quanto i panorami sarebbero cambiati decisamente per lasciar spazio a vallate e montagne.
Così é stato, ci siamo spinti pedalando verso San Pietro al Natisone, unico tratto in centro con degli strappetti in ascesa: stavamo pedalando verso il confine con la vicina Slovenia, da lontano, neanche troppo, vedevamo pure la cima imponente del Matajur e scherzosamente dissi a Damiano che magari potevamo andarci per scaldarci un po prima di proseguire 😀
La cima del Matajur era l’unica che si distingueva con i suoi colori marroncini dettati dalla vegetazione brulla e secca, il reto dei monti era grigio con spruzzate di bianco per un po di neve.
Lungo la vallata in zona Pulfero ci ha accompagnato una luce invernale e cupa, un’aria naturalmente contro, fredda e gelida… ci congelava le ossa, ma eravamo caldi dai chilometri precedenti e quindi niente paura e via avanti.
La strada per arrivare sul confine Italia Slovenia é altamente panoramica, in mezzo alla vallata, paralleli al Fiume Natisone e con una giornata di sole pernso che i suoi raggi possano aumentare la magnificenza di tutto quell’ ambiente già ora suggestivo.
Appena oltre il confine la strada ha iniziato a salire un po, le pendenze non sono mai state importanti, sempre non oltre la soglia del 6/7% massimi, quindi sopportabilissimi. Le biciclette ed i nostri occhi ci stavano portando verso Kobarid (Caporetto) dove ci si é aperta una vallata immensa, ci ha fatto intravedere il monte Krn (il Monte Nero) che spiccava immenso e maestoso, spigoloso, di un grigio scuro, con le rocce e la cima bianca ed innevata: era davanti a noi e sotto la vallata pianeggiante con una sfumatura di nebbiolina ed umidità che la circondava.
La strada da Caporetto non era nemmeno il classico sali/scendi, ma quasi totalmente piatta ed anche per questo ci ha aiutato ad ammirare i luoghi che passavamo pedalando sulle nostre biciclette.
Tolmino, mancavano poco più di una decina di chilometri per arrivarci: mentalmente, prima della partenza mi ero dato l’obiettivo mentale, per darmi forza, per motivarmi e non farmi prender dal panico dai 170km totali, che, raggiunto Tolmino, il giro in bici, la pedalata sarebbe stata non conclusa, ma sicuramente eravamo sulla strada di casa, rincuorandomi anche se sarebbero mancati meno della metà dei km sul totale del cicloviaggio.
Abbiamo optato per non arrivare in centro a Tolmino, ma di svoltare ad un paio di chilometri prima direttamente verso Kanal: abbiamo optato questa soluzione perché, visto la temperatura e l’umidità, avevamo paura di stroncarci le gambe, avevamo puara di raffreddarci troppo e congelare 🙂
Il nostro motto é stato quello “Pian e ben e sempre avanti”, magari a 20km/h ma non fermarci e pedalando di continuo in maniera tale da non farci assalire dall’ acido lattico alle gambe e dal congelamento visto il clima, così come gli eroici ciclisti pionieri d’altri tempi, stanchi ed infreddoliti, ci siamo rifocillati in sella ai nostri prodi destrieri, paninetto al miele, paninetto con qualche fetta di prosciutto… e giù acqua, gelata, ma sempre liquido é che ritempra il corpo: personalmente avevo già tutto quello che mi serviva ed anche di più, non avrei mai optato per altri accessori…
NOTA: Tant’é che ai piedi, tra scarpe e calzini avevo un paio di sacchetti di plastica che mi ricoprivano 3/4 deli piedi, lasciando il tallone scoperto per traspirazione, ma che mi scaldavano un po le punte e le dita e sotto i pantaloni leggermente felpati, ma ormai logorati dall’ uso e che quindi non avevano più la loro capacità di bloccare l’aria, a livello ginocchia altri due sacchetti per ripararmi le articolazioni che col freddo avrebbero fatto una bella accoppiata. La soluzione é stata un po naif ma ti garantisco che la copertura alle ginocchia mi ha salvato dal gelo alle gambe, che avrebbe fatto in maniera di farmele diventare come tronchi con il rischio di dovermi fermare magari a metà pedalata.
La strada parallela all’ Isonzo é altamente panoramica, anche qui da Tolmino verso Gorizia, dalla Slovenia verso l’ Italia si pedala in bicicletta paralleli al fiume dal color verde smeraldo: nelle giornate di sole questo colore viene esaltato dalla luminosità ed é affascinate: consiglio almeno una volta di passare da quelle parti per chi non c’é mai stato. Questa vista ci ha aiutato a smorzare un po la stanchezza fisica accompagnandoci fino a Solkan, alle porte di Gorizia, dove ci siamo fermati al solito bar da ciclisti per una buona cioccolata calda!!!
Ormai per Damiano mancava solo una manciata di chilometri, per me invece restava in solitaria la via di casa fino ad Aquileia: prima di ripartire, anche se so che il mio stomaco avrebbe fatto a cazzotti, ma ho fatto scorta di due lattine di Redbull, una smezzata prima di partire e l’altra per arrivare fino a casa.
Salutatomi con Damiano, ho proseguito verso Savogna, Peteano, ai piedi del monte San Michele, arrivando a Pieris, ponte, entrando a Fiumicello e proseguendo sull’ ultimo tratto da San Lorenzo sulla ciclabile che mi ha riportato fino davanti la porta di casa ad Aquileia.
Tutto il percorso é stato accompagnato da pendenze che non sono andate oltre il 6%, un 3 o 4 strappetti subito dopo il confine di qualche centinaio di metri ma anche li con punte di 9/10% e per il resto tutto un falso piano pedalabilissimo anche da una bicicletta a scatto fisso, mono marcia, senza freni, da pista, da velodromo, come quella che ho usato io.
170km portati a casa in circa 6 ore e mezza. Cotti a puntino ma soddisfatti.
Come al solito ti lascio con la traccia GPS di STRAVA.
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia