
Al centro umanitario di Agadez, Niger, CPR invisibile in mezzo al deserto finanziato da Italia ed Europa, non hanno un presidio medico stabile e il campo di contenimento è a 15km dalla città di Agadez.
Per questo motivo l’altra settimana, quando una ragazza rifugiata di 29 anni si è sentita male una notte, gli altri rifugiati hanno potuto organizzarsi per farla trasportare in ospedale la mattina dopo (di nontte hanno l’obbligo di non muoversi dal campo): questo ritardo ha fatto in modo che la ragazza morisse.
2 giorni fa un altro rifugiato, per l’ennesima volta si è recato all’ospedale per farsi visitare e chiedere cura: gli è stato rifiutato il ricovero e di tornare al “centro umanitario”: tuttavia sulla via del ritorno, ancora in città, spossato e senza forze è caduto ed è stato riportato in ambulanza all’ospedale e, coperto di sangue, ha atteso per ore che arrivasse un medico.
Gli è stata somministrata solo una flebo. Il giorno successivo è stato trasferito in un altro reparto. Non hanno fatto nulla se non somministrargli flebo e sonniferi. È entrato in coma ed è stato attaccato a un respiratore.
Altri rifugiati hanno chiesto informazioni parlando con il medico e ha detto che le sue cattive condizioni sono dovute a gravi negligenze: non è stata esaminata la cartella clinica del paziente né gli esami medici in essa contenuti. C’è persino un rapporto scritto medico che avrebbe avuto bisogno di una trasfusione di sangue. Il medico ha richiesto un’unità di sangue e ha detto che dovevano portarla dalla banca del sangue perché non c’era sangue in ospedale.
Il medico ha detto di aver chiamato l’Alto Commissariato per i Rifugiati, ma nessun rappresentante si è presentato.
E’ stato persino chiamato il medico dell’UNHCR, il dott. Ibrahim, ma non si è ancora presentato.
Il luogo in cui è stato ricoverato il rifugiato è sporco e ha un cattivo odore, e l’aria condizionata è debole.
I rifugiati hanno provato a contattare anche i dipendenti dell’UNHCR, ma non hanno risposto al telefono.

Si sono recati davanti agli uffici dell’UNHCR chiedendo informazioni del personale di sicurezza del dipartimento di protezione. Gli è stato risposto che non c’era personale all’interno dell’ufficio ed il dottor Ibrahim se n’era andato. I rifugiati hanno anche chiesto loro di dargli il numero di telefono del personale del dipartimento di protezione: si sono rifiutati, dicendo di non avere numeri e che non c’era personale all’interno della sede centrale dell’UNHCR.
Gli è stato detto di recarsi all’ufficio del C.N.E. (Agenzia centrale nazionale per la gestione delle emergenze) chiudendogli poi la porta in faccia.
Dalle testimonienze dei rifugiati si nota che non c’è un coordinamento tra personale umanitario e governativo.
Fino ad ora, il personale dell’UNHCR non si è mai presentato in ospedale per prendersi cura del rifugiato in gravi condizioni di vita.
I 1500 rifugiati al campo di contenimento in mezzo al deserto, sono abbandonati a loro stessi soprattutto nei momenti di maggiore emergenza e bisogno: vivono giorno per giorno con la speranza di essere ascoltati, alcuni solo con la speranza di vivere un altro giorno. Molti altre persone aspettano risposte da 7/8 anni. Diversi rifugiati, come in questi casi rischiano la vita o sono già morti.
Queste persone continuano a vivere tra violazioni dei loro diritti come esseri umani, in un posto come il campo di contenimento in mezzo al deserto finanziato da Italia ed Europa e il cui personale umanitario e governativo continunano con le loro azioni repressive nei confronti delle proteste pacifiche dei rifugiati che, da oltre 7 mesi, chiedono solo il rispetto dei loro diritti come esseri umani.
Perché nessun giornalista se ne occupa? Perché in Italia non ne viene data giusta visibilità per denunciare questi abusi, violazioni e negligenze che perdurano da anni? Perché editori e media non hanno volontà di finanziare una trasferta dei loro giornalisti per far toccare con mano le disumane condizioni di vita di queste persone? Non sarebbe giusto, ma sarebbe un’azione di reale umanità un’azione di crowdfunding da parte di liberi cittadini e associazioni per poter pagare un approfondimento investigativo giornalistico per poter avviare una vera denuncia sociale e magari fomentare un’interrogazione parlamentare in Italia per capire come sono stati gestiti i finanziamenti per il “centro umanitario” di Agadez.
Testimonianza condivisa da David Yambio, Refugees in Libya:
“Questo è il messaggio che ho ricevuto dai compagni di @refugeesniger
È preoccupante che UNHCR Niger continui a punirli semplicemente per aver chiesto di soddisfare i bisogni primari e di migliorare il proprio sostentamento e il futuro dei propri figli. Se qualcuno desidera sostenere economicamente Saeed per le cure mediche, mi contatti pure.
“Fratello David, come stai? Nostro fratello Saeed è malato e le sue condizioni di salute sono molto critiche. Tieni presente che non abbiamo un centro sanitario nel centro. Lo abbiamo portato in città e abbiamo informato l’UNHCR, ma non hanno risposto. Le sue condizioni sono molto critiche. Saeed è uno dei giovani più attivi. Era con il gruppo che parlava a nome dei rifugiati qui. La situazione umanitaria è davvero tragica. Una settimana fa abbiamo perso una ragazza di 29 anni a causa della mancanza di un centro sanitario. Si è sentita male di notte. Al mattino, l’abbiamo portata all’ospedale in città. È morta prima di arrivare in ospedale.
Ciò significa che siamo diventati combattenti sotto tutti gli aspetti.
Anche procurarsi i medicinali è molto difficile, tutto a causa delle proteste.””
Testiomonianza e denuncia dell’inazione UNHCR da parte di @RefugeesNiger:
“Un’altra situazione terribile nel centro di Agadez. Più di una settimana fa, il rifugiato Abu Bakr Yaqoub ha lasciato il centro e non è ancora tornato, a causa di pressioni e disturbi mentali, e UNHCR Niger non ha detto nulla su di lui. Perché @UNHCRNiger
è in silenzio? È incredibile!!”