Eritrea contesa in Italia da Boldrini che fa appello alla tutela dei diritti dei cittadini e migranti eritrei e Cirielli che ne difende il lato capitalista e degli sviluppi degli affari e risorse per l’Italia in terra eritrea.
La deputata Laura Boldrini il 21 maggio 2024 inizia così il suo comunicato (pubblicato anche su deputatiPD.it):
“L’ultimo Paese africano, in ordine di tempo, con cui Giorgia Meloni vuole stringere accordi è l’Eritrea di Isaias Afewerki, un dittatore al comando da oltre 30 anni che impedisce libere elezioni, l’esistenza di partiti di opposizione, la libertà di stampa, di parola, di associazione.“
Precedentemente il vice ministro degli Esteri Edmondo Cirielli il 18 aprile 2024 ad Agenzia Nova aveva dichiarato:
“Il mio sogno nel cassetto” è fare in modo che l’Italia sia “il primo Paese occidentale a concludere un accordo almeno biennale di cooperazione con l’Eritrea, un Paese che vive una fase di isolamento internazionale”
L’Eritrea di oggi, oltre ad essere considerata per molti la Corea del Nord africana per i trattamenti di repressione e censura che il governo ha nei confronti dei suoi concittadini e degli oppositori politici, è implicata col suo esercito da protagonista nella guerra svoltasi in Tigray, stato regionale settentrionale dell’ Etiopia.
Il suo esercito ha invaso il Tigray, come alleato informale delle forze etiopi, contro quelli che sono stati etichettati dissidenti ed il maggio 2021 gruppo terroristico dalla normativa etiope: fu così che venne legittimata la caccia, i massacri, abusi e violenze sugli etiopi di origini tigrine perché sospettati di essere collusi con quelli che erano i membri del partito TPLF – Tigray People Liberation Front.
Il vaso di Pandora fu scoperchiato legittimando la ricerca di vendetta (dettate in parte da tensioni storiche pregresse) da parte Eritrea verso il Tigray attraverso la “guerra di difesa”, la veloce “azione di polizia”, la guerra contro il terrorismo: si stimano oggi che siano state uccise 800.000 persone in Tigray tra il novembre 2020 e il novembre 2023. Uccisi direttamente dai droni, dagli atacchi dell’esercito etiope, le forze alleate regionali amhara e i soldati eritrei. Uccisioni indirette per volontà politiche di blocco supporto alimentare umanitario, quindi morti silenziose per fame. Recentemente sono state riprese molte evidenze dei soldati eritrei che hanno perpetrato azioni legate a atti di genocidio come gli sturpi su donne tigrine di ogni età conl’intento di cancellarne l’etnia.
Approfondimenti:
Oggi, dopo più di 18 mesi dalla firma dell’accordo di cessazione ostilità, la parte orientale, come per esempio Zalambessa, la woreda (distretto) di Irob e varie altre zone, sono occupate ancora dall’esercito eritreo, in violazione dell’ accordo di tregua. Il territorio del Tigray occidentale e quello meridionale è occupato da presenza amhara che ne rivendica giurisdizione storica. A pagarne dirette conseguenze sono i civili tigrini residenti e sfollati in quelle aree che non possono vivere in sicurezza, hanno difficoltà a ricevere il supporto umanitario come diritto fondamentale. Vivono da più di 3 anni una situazione atroce che nemmeno un accordo di tregua è riuscito ancora a scardinare.
Approfondimento: La pulizia etnica è continuata nonostante l’accordo di cessazione ostilità in Tigray
L’occupazione eritrea è presente anche a giugno 2024. Nella zona di Erob stanno soffrendo, come segnalato in un mio precedente aggiornamento.
Durante i tavoli di negoziato a Pretoria per cercare la tregua in Tigray, sotto mediazione dell’ Unione Africana e supervisione degli Stati Uniti, non è stata messa una sedia per l’Eritrea. La guerra genocida in Tigray è stata considerata da sempre “guerra civile” (che poi cosa avrebbero di tanto civile le guerre?) ma bisognerebbe considerarla guerra regionale visto le forze “straniere” in gioco: l’esercito eritreo e quella che è stata carne da cannone mandata in prima linea, ovvero reclute somale che pensavano di formarsi negli anni precedenti in Eritrea per missioni in altre aree del mondo, per esempio in Qatar.
Approfondimento: Etiopia, la crisi umanitaria in Tigray continua, ma per l’Italia si è risolto tutto con l’accordo di Pretoria
L’esercito eritreo ha avuto una partecipazione ed implicazione considerevole nei crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati nel genocidio in Tigray.
Sembra che per i governanti in Italia questo non sia un problema. Sembra che l’Eritrea sia solo un pease africano, tra i tanti, da inserire nel Piano Mattei per l’Africa per alimentare quello che è l’indotto e nuove risorse che può fornirci e dall’altro pagare regimi mascherati da progetti di cooperazione internazionale, che alla fin dei conti il tutto è finalizzato a bloccare la partenza di nuovi migranti.
L’Eritrea non può mantenere tale promessa in quanto molti giovani scappano dalle politiche repressive dl loro governo: una di queste, oltre il servizio militare obbligatorio, quello della persecuzione casa per casa e dei ricatti strumentalizzando i famigliari come moneta di scambio, per arruolarli forzatamente.
Eritrea, Chiesa cattolica in Akrur , vicino a Segheneiti.
Rastrellamento di giovani studenti dai loro dormitori nella chiesa di Medhanie Alem portati via dall’esercito PFDJ. Si prevede che seguiranno con forza l’addestramento militare.
L’Eritrea per una parte politica in Italia però andrebbe tutelata dal punto di vista degli individui come cittadini e residenti, ma soprattutto per quando gli viene imposta l’etichetta di migranti: in questo stato queste persone assumono un ruolo, normativamente parlando, del tutto particolare come diritti e doveri. La gestione dei migranti che getta implicazioni pesanti anche su quelli che sono interessi: ricerca di fondi, accoglienza, appalti, creazione e gestione dei CPR…
L’Italia di governo dovrebbe capire da che parte stare: in tutela dei diritti fondamentali degli individui o per nuove risorse e soldi? Senza tali premesse, sicuramente l’Italia potrebbe diventare il primo Paese a fare accordi con l’Eritrea trovando nuove fonti di indotto per risorse e affari, ma macchiata nella coscienza perché legata con un Paese implicato nel genocidio in Tigray.
Forse però il governo italiano ancora oggi è legato indissolubilmente a quella che sono stati tempi bui, neri del fascismo, in cui si predicava che il Duce aveva fatto cose buone, per esempio le strade nell’ allora Abissinia: peccato che molti nostalgici che rivendicano questo oggi (e che potrebbero definire con parole di propaganda un mero “progetto di cooperazione internazionale”) erano vie di comunicazione principalmente atte a moviemntare e spostare armamenti del regime e non per facilitare gli spostamenti dei locali.
Ricordo la recente inchiesta di FanPage “Gioventù Meloniana: tra saluti al Duce e Sieg Heil, il vero volto dei giovani di Fratelli d’Italia”
Cirielli oggi potrebbe rientrare infatti nel gruppo di quei nostalgici, sia con il “suo sogno nel cassetto” dalle sfumature di approccio neo colonialiste con l’Eritrea, a quelle negazioniste del 2023 sui crimini perpetrati nel periodo del colonialismo dei fascisti in Africa. Lo stereotipo degli Italiani brava gente
«L’italiano è da sempre una persona che rispetta il prossimo, lo dico senza fare vaneggiamenti. Gli italiani, sia nel periodo pre-fascismo sia durante il fascismo, il governo italiano, l’Italia nei suoi cento anni di colonie in Africa ha costruito e realizzato. Noi non siamo per natura gente che va a depredare e a rubare al prossimo. La nostra cultura antica non ci fa essere un popolo di pirati che vanno in giro a depredare il mondo. Noi invece abbiamo una cultura civilizzatrice. L’Africa è una nazione di materie prime, noi come Europei abbiamo sempre preso e vogliamo continuare a prendere».
Il metodo fascista è quello di fare muro e negare, negare sempre, negare l’evidenza.
Isaias Afwerki, in pubblica piazza in Kenya infatti ha avuto un approccio di questo tipo: ha negato apertamente i crimini perpetrati dal suo esercito durante la guerra genocida in Tigray.
L’Italia vuole chiudere ancora una volta gli occhi alla storia, alle evidenze, ai crimini e oppressione di popoli e persone o vuole continuare a fare affari anche sapendo di non poter mantenere la promessa del “mai più” e di tutela di giustizia per tutte le vittime di regimi e delle persone migranti?
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia