Domenica 30 ottobre l’account twitter Refugees in Libya condivide un video di un ragazzo che viene torturato e seviziato in uno dei tanti lager in Libia.
AGGIORNAMENTO 7/11/22: per dovere di cronaca si segnala che il luogo di tortura è stato pubblicato erroneamente. Non c’è evidenza che il ragazzo di origine del Tigray, Etiopia, sia stato torturato in un cosidetto lager in Libia. Come riporta il tweet della ONG Refugees in Libya, viene indicato che è stato torturato da miliziani.
Nel video viene mostrato un ragazzo a torso nudo, appeso per le caviglie a testa in giù con le mani legate dietro la schiena che urla dal dolore, mentre gli aguzzini gli usano violenza con scosse elettriche tramite quello che sembra un teazer e puntandogli una pistola alla nuca ricattandolo e chiedendogli soldi.
Il luogo del crimine?
Tripoli Janzur, zona Syed.
La denuncia di Refugees in Libya:
“Un etiope di 17 anni viene torturato dalle milizie con scosse elettriche mentre altri gli puntano una pistola in testa chiedendo 10.000 dollari di valuta americana. Ogni giorno, centinaia di persone vengono torturate per ottenere un riscatto perché siamo visti come una facile fonte di reddito.”
Arriva anche un aggiornamento sulle generalità del ragazzo che si scoprirà provenire dall’Etiopia.
“Il rifugiato minore nel video della tortura è #Abdulrazaq Ismael fuggito dalla guerra nella regione del Tigray in Sudan e fino a quando non è stato costretto ad andarsene ancora una volta a causa della sua instabilità. È arrivato in Libia 6 mesi fa ed è stato trattenuto 3 volte dai trafficanti.”
Già nel giugno e luglio 2021 abbiamo denunciato le gravi condizioni di vita dei rifugiati tigrini in Sudan.
- Sudan, situazione sempre più grave per i rifugiati tigrini con il periodo delle piogge
- Sudan, UNHCR accusata di pessima gestione umanitaria. A rischio profughi dal Tigray
Solo un altro caso tra i troppi casi di abuso, violenze, tortura in Libia come capitano nei campi di concentramento per rifugiati in Libia e finanziati dalle volontà politiche in Italia.
Questo ragazzo è scappato dalla guerra definita la più atroce attualmente in atto.
La guerra genocida in Tigray, Etiopia
Conflitto dai risvolti genocidi sul popolo del Tigray, stato regionale del nor Etiopia ed iniziato ormai 2 anni fa, precisamente il 4 novembre 2020.
Si stimano 600.000 morti, crimini di guerra e contro l’umanità in cui sono stati perpetrati sistematicamente stupri (si stimano 120.000 donne violentate, ma è la punta dell’iceberg) e fame come armi di guerra (accesso umanitario bloccato “de facto”), distruzione di ospedali (oggi sono attivi solo il 10% delle strutture sanitarie regionali ma con carenza o totale mancanza di materiale igienico sanitario e medicinali).
Implicati nei crimini sia il governo etiope di Abiy Ahmed Ali che gli alleati, le forze speciali amhara, le milizie fano e le truppe eritree del regime dittatoriale di Isaias Afwerki: implicato anche il partito TPLF – Tigray People’s Liberation Front e il TDF Tigray Defence Forces che rivendica la resistenza per la sua stessa esistenza.
La Libia è solo un luogo di passaggio per molti, per molti altri rischia di diventare lo step finale da cui non poter più uscire o tornare indietro.
Le sorti del ragazzo tigrino Abdul Razaq Ismael purtroppo non sono note.
Quello che è noto, confermato e sotto gli occhi del mondo intero e di tutti noi italiani, dirimpettai di Tripoli, è che in Libia i campi di accoglienza sono veri campi di detenzione forzata, dei lager, come li ha definiti Papa Francesco, in cui vengono perpetrati abusi e torture.
La violazione del diritto umanitario è all’ordine del giorno. Sembra però radicata la volontà politica italiana, che non fa più distinzione tra destra o sinistra, di continuare a finanziare la Libia. Continuare a finanziare quindi quei luoghi infernali, facendosi complici di tutta la disumanità e crimini perpetrati in barba alla tutela dei diritti umani e della vita stessa di ogni individuo.
Il finanziamento come “scarico di responsabilità” nei confronti della “gestione” dei rifugiati da parte libica.
Se entro il 2 novembre il governo italiano non deciderà per la sua revoca, il Memorandum Italia-Libia verrà automaticamente rinnovato per altri 3 anni.
Dal 2017 ad ottobre 2022 si stimano circa 100.000 persone intercettate in mare dalla guardia costiera libica e riportate forzatamente in quei luoghi di tortura in Libia, mentre le persone cercano di scappare da luoghi e territori come il Tigray in cui la guerra perdura da 2 anni, in cui è in atto una catastrofe umanitaria ignorata dall’occidente.
Una delle quasi 60 guerre in atto e ignorata dal mainstream italiano che si ricorda solo quando c’è l’emergenza dei barconi nel Mediterraneo o quando riescono a mettersi in salvo approdando per esempio a Lampedusa.
Lo stesso mainstream mediatico che si dimentica di informare sulle origini di quelle fughe e del perché molte persone si trovano in agonia su qui barconi rischiando la vita.
Ad oggi i molteplici appelli di ONG, agenzie umanitarie, associazioni, movimenti per la tutela dei diritti umani e che promuovono la campagna del #NoMemorandum, non sembrano scalfire la granitica volontà della politica in Italia, come quella a Bruxelles, che scinda l’accordo con un Paese come la Libia in cui vengono perpetrati crimini contro l’umanità.
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia