Il primo ministro etiope Abiy Ahmed afferma che il governo etiope ha formato un comitato per negoziare con le forze dello stato regionale del Tigray.
“Per quanto riguarda la pace, è stato istituito un comitato. La negoziazione ha bisogno di molto lavoro. È stato istituito un comitato che studierà come condurremo i colloqui” ha dichiarato il premier etiope al parlamento martedì.
Ha aggiunto che il vice primo ministro Demeke Mekonnen è a capo del comitato, che avrà da 10 a 15 giorni per lavorare su dettagli più fini su ciò che sarà negoziato.
Questa è stata la prima dichiarazione da parte del Premier riguardo al comitato di negoziazione per una risoluzione pacifica per il Tigray.
Quindi la negoziazione non è ancora iniziata, ma si stanno avviando appena i potenziali strumenti e dettando le linee guida su cui trattare. Il TPLF dal canto suo ha già affermato che su alcuni punti, come quello territoriale del Tigray occidentale (attualmente rivendicato e occupato dalle forze speciali e dal governo regionale Amhara) non ci sarà trattativa in quanto lo reputa storicamente già di sua giurisdizione. Non è detto che la negoziazione vada a buon fine. Si ipotizza che per queste tensioni non sarà una risoluzione immediata, ma solo il tempo darà risposta.
La notizia si inserisce nel contesto della guerra scoppiata ormai 20 mesi fa, 3 novembre 2020, nella regione settentrionale etiope, il Tigray. Ha sconfinato nel periodo di giugno nelle vicine regioni Amhara e Afar.
Guerra tra le forze del governo nazionale ei suoi alleati, forze speciali Amhara, milizie fano, truppe eritree che hanno invaso il Tigray ed ancora occupnao la zona di Irob, e le forze partigiane del TDF – Tigray Defence Forces ed il partito del Fronte di Liberazione del Popolo del Tigray (TPLF). Il governo centrale ha avuto armamenti quali droni tramite accordi con gli Emirati Arabi Uniti, Cina e Turchia. Droni che hanno ucciso migliaia di civili tigrini, ma preso di mira anche campi di rifugiati eritrei, uccidendo anche bambini.
Sono ormai stimati in milioni, tra le 3 regioni etiopi gli sfollati interni in attesa di supporto umanitario. Sono decine di migliaia, fin dai primi mesi di guerra, i tigrini attualmente rifugiati ed accolti nel vicino Sudan.
Molteplici report hanno indicato attività di pulizia etnica ed arresti di massa verso il popolo tigrino, crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati sistematicamente: fame e stupro come armi di guerra. Oggi è il 90% dei tigrini (popolazione che nella regione supera i 6 milioni di abitanti) a dipendere dal supporto umanitario. Tregua umanitaria per il Tigray dichiarata dal governo centrale il 24 marzo 2022, ma che concretamente si fa ancora attendere: stime dell’UNOCHA parlano del meno 10% di persone raggiunte dal supporto alimentare e dalle cure mediche. Durante la guerra è stato distrutto l’80% degli ospedali e strutture sanitarie e per 9 mesi l’accesso umanitario bloccato. La guerra si è combattuta in un Tigray in totale blackout elettrico e comunicativo. Tutt’oggi conti bancari, telefoni e internet sono bloccati e la regione è ancora confinata a se stessa. Centinaia di migliaia di etiopi vivono in stato di carestia, a pagarne le conseguenze anche bambini gravemente malnutriti o morti per fame. Si ricorda che in giugno 2021, nel giorno delle elezioni nazionali, il premier etiope aveva dichiarato alla BBC che “Non c’è fame nel Tigray”
Focus on Africa ha seguito fin dall’inizio la guerra in Tigray: leggi gli approfondimenti
A giugno 2022, il Norwegian Refugee Council ha affermato che il conflitto è stata una delle 10 crisi di sfollamento più trascurate al mondo. L’ invasione russa in Ucraina ha spento ulteriormente i riflettori.
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia