Siamo ormai giunti al secondo Natale in cui l’Etiopia si trova destabilizzata da un conflitto iniziato il 3 novembre 2020 nello stato regionale del Tigray.
Il conflitto, ideato dal governo etiope come veloce azione di polizia per fermare, arrestare e fare pulizia dai “ribelli” del TPLF – Tigray People’s Liberation Front, il partito che amministrava il Tigray e che è stato capo coalizione al governo etiope per quasi 30 anni, si è trasformata fin dai primi attimi in guerra contro la regione tigrina, contro il suo popolo.
A parte l’ampliarsi delle aree in cui è arrivato il conflitto, sconfinando nel 2021 in Amhara ed Afar, oggi crimini di guerra e contro l’umanità sono stati perpetrati da tutti gli attori in gioco come segnalato dalle varie agenzie deputate a monitorare ed investigare. C’è però una discriminane: nel Tigray le decine di migliaia di casi di abusi di genere documentati sono stati eseguiti in maniera sistematica dalle truppe, in molti casi eritree, occupanti quella regione. A tutt’oggi l’accesso agli aiuti umanitari per portare cibo e materiale salva vita, medicinali e carburante, sono quasi totalmente chiusi fuori: bloccati a livello amministrativo ed iter burocratici di sdoganamento che fanno capo a scelte politiche del governo centrale. I 100 camion al giorno di aiuti di prima necessità che servirebbero alla popolazione tigrina come dichiarato dal WFP – World Food Programme delle Nazioni Unite, non è stato ancora raggiunto nemmeno lontanamente come obiettivo.
Ci sono arresti e deportazioni sistematiche di singoli o gruppi di tigrini. Sospettati terroristi, etichettati così secondo la normativa etiope vigente: messa in vigore a maggio 2021 e che accusa il TPLF ed ogni persona sospettata di essere filo anti governativa. Si è instaurato ormai un clima di terrore ed angoscia in cui vivono i tigrini quotidianamente. Come denunciano i report di Amnesty e di HRW – Human Right Watch, le modalità di arresto e detenzione non rispettano i diritti dell’individuo ed umanitario. Lo stato di emergenza nazionale indetto dal governo a novembre 2021, ha scatenato e dato legittimità, volente o nolente, a questi abusi: i luoghi di detenzione e le tempistiche di arresto sono a discrezione delle forze di polizia. La cosa ancor più grave è che gli arresti non si sono fermati (un caso recente denunciato ad Humera, Tigray occidentale di deportazione di massa di donne e uomini tigrini in luogo sconosciuto) e prendono di mira ogni tigrino di ogni sesso, età e ceto sociale. Oltre le sparizioni in luoghi sconosciuti di detenzione, c’è il pericolo sostanziale che possano subire il peggio, come da indiscrezioni che parlano di uccisioni extragiudiziali su migliaia di civili, una volta arrestati.
Proprio per questo servono urgentemente delle indagini indipendenti per garantire sicurezza e soprattutto giustizia. Questo è una richiesta che ormai viene avanzata da più di un anno senza una sostanziale conferma, almeno fino ad una settimana fa, con la presa di posizione del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite.
Il contesto di tutto questo è rimasto pressoché uguale in ormai 13 mesi dall’ inizio della guerra che ha risvolti di repressione etnica e tratti genocidiari analizzando le diverse attività perpetrate. In Ahmara ed Afar, dopo che la guerra è sfociata anche in quelle aree, sono stati denunciati dalle agenzie umanitarie da parte di ogni fazione militare, crimini ed atrocità sui civili. Anche i molteplici appelli della comunità internazionale non sono riusciti a sortir colpo e a produrre risultati concreti verso una risoluzione pacifica o di mediazione tra le parti.
Sicuramente però ci sono alcuni segnali di cambiamento: non si può ancora dare certezza delle conseguenze di queste prese di posizione, alcune sembrano più di strategia propagandistica, ma sicuramente ci sono stati dei risvolti inseprati fino ad oggi.
Dopo un periodo in cui i partigiani del TDF – Tigray Defence Forces erano riusciti ad avanzare in direzione di Addis Abeba con l’alleanza dell’ OLA – Oromo Liberation Army, arrivando a qualche centinaio di chilometri dalla capitale, c’è stato un recupero di aree da parte delle forze di difesa federali che le hanno riconquistate. Il TDF, sotto dichiarazione anche del loro portavoce Getachew Reda, si sono ritirate in modo ordinato per cercare di lasciare spazio ad una risoluzione pacifica. Negli stessi giorni c’è stata la presa di posizione del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite che ha votato e deciso di avviare indagini approfondite da una commissione indipendente. Il Governo etiope si è dichiarato “profondamente deluso” da questa decisione in quanto si è sentito prevaricare nel potere di gestione dell’ instabilità in Etiopia come Stato Sovrano – questa sua posizione è netta e sostenuta fin dal’ inizio. Mentre il governo americano, motivato dalle tante violazioni dei diritti umani causati dalla guerra, ha escluso l’Etiopia dall’African Growth and Opportunity Act (AGOA) a partire dal 1 gennaio 2022: sarà un duro colpo sull’economia etiopica, già intaccata pesantemente dalla situazione bellica. Nel contempo in un recente comunicato governativo etiope è stato dichiarato che le forze di difesa federali non entreranno più in profondità nel territorio dello Stato Regionale del Tigray. Bisognerà capire in sostanza, oltre alle milizie amhara nella parte occidentale del Tigray, che sorti avranno anche le truppe eritree occupanti ancora 3/4 dell’area di Irob, Tigray orientale e ancora presenti come alleati attivi della difesa etiope nelle forze di polizia e della prima linea sul campo di battaglia, le quali più volte erano state intimate di lasciare l’occupazione e ritirarsi.
Nelle scorse settimane però i bombardamenti per mezzo drone sono continuati facendo ulteriori morti e feriti tra i civili in aree pubbliche e di mercati. Solo negli ultimi giorni si sono registrate molte vittime ad Alamata, Korem, Mai Chew, Mekelle, Milazat. Uno di questi ultimi attacchi, il 22 dicembre, ha bombardato due volte la sottostazione di Mekelle, la seconda quando i vigili del fuoco si sono riuniti per spegnere l’incendio in quella zona. Il Tigray è in blackout.
Il timore è che il Tigray e il suo popolo rimangano “tra incudine e martello” ancora per molto tempo. Anche se la guerra finirà, anche se verrà dichiarata formalmente la pace, la resa, quello che sicuramente rimarrà e con cui gli etiopi dovranno ancora fare i conti dopo il cessate il fuoco, sarà uno stato di sfiducia a livello sociale, una ferita profonda tra etnie che lo si voglia o meno, come ciclicamente è accaduto anche in passato. Sicuramente la soluzione e la guarigione non potranno arrivare da scelte politiche, ma dovrà maturare negli animi delle persone.
Recente report di UNOCHA denuncia e sotolinea anche l’aspetto familiare e dei bambini.
“Il conflitto ha comportato un aumento della separazione familiare e dei rischi per la protezione dei minori. Tra gennaio e novembre 2021, sono stati identificati e registrati almeno 8419 minori non accompagnati e separati (UASC), tra cui 4311 ragazze, che vivono in siti di sfollati e comunità ospitanti. in Tigray, Amhara e Afar. Poiché i bambini vivono senza l’assistenza dei genitori e/o degli adulti, devono affrontare sfide significative nell’accedere ai bisogni fondamentali salvavita, principalmente cibo, beni non alimentari (medicinali) e riparo, anche per la loro famiglia poiché alcuni di loro sono capifamiglia”.
Ormai per i civili etiopi, dopo più di un anno di martirio, l’unica cosa a cui aggrapparsi è la speranza che tutto questo possa finire il prima possibile. Capita almeno una volta all’anno che grazie al Natale, sinonimo di natalità, nascita, vita e luce, come una sveglia ricorda al mondo che è tempo di solidarietà e di pace, come dovrebbe esserlo sempre. Il Tigray Diaspora Inter-Religious Council – TDIRC ha pubblicato e condiviso un appello, un messaggio di speranza, un augurio di Natale per il Tigray: una preghiera.
Nello spirito di pace e fratellanza, come redazione di Focus On Africa vogliamo condividerla in maniera integrale e con la speranza che pace e giustizia possano sconfinare anche oltre il Tigray, per tutte tutte le persone di qualunque etnia, cultura e fede.
21 Dicembre, 2021
Cari fratelli e sorelle in Cristo Gesù,
A nome del nostro popolo in Tigray, noi, i cristiani della diaspora del Tigray, stiamo supplicando il corpo di Cristo in tutto il mondo di continuare a pregare per l’intervento divino di Dio per fermare il genocidio del popolo del Tigray, nel nord dell’Etiopia, che ha sopportato un calvario senza fine per gli ultimi 13 mesi. Dei circa 6,8 milioni di abitanti del Tigrino, il 95% sono cristiani devoti. Il Tigray è la prima casa del cristianesimo in Etiopia, a partire dal IV secolo d.C. Pertanto, i Tigrini hanno un disperato bisogno delle preghiere dei loro fratelli e sorelle cristiani in questo momento più orribile della loro storia. In un momento in cui tutti i cristiani stanno per celebrare la nascita di nostro Signore Gesù Cristo, l’odio del governo etiope ha portato morte e distruzione ai Tigrini attraverso l’assedio, il blocco degli aiuti, i bombardamenti e i bombardamenti aerei delle città, arresti di massa, carestie provocate dall’uomo, ecc.
Per favore prega per conforto e forza alle famiglie dei 150.000 civili tigrini che sono stati uccisi indiscriminatamente, anche all’interno di alcune delle Chiese più antiche e spaventose come la famosa chiesa di Axum Saint Mary, che si dice ospitasse la biblica Arca di Patto.
Per favore prega per 52.000 donne, bambini e anziani del Tigray, comprese le suore che sono state brutalmente violentate dalle forze etiopi, eritree e di Amhara nel corso dello scorso anno e che continuano a soffrire a causa della mancanza di cure mediche, supporto per i traumi e ora nel sull’orlo della morte per fame a causa del blocco totale degli aiuti umanitari al Tigray.
Per favore prega per le centinaia di migliaia di tigrini nel resto dell’Etiopia, che vengono profilati, rastrellati e internati nei campi di concentramento in condizioni spaventose in tutto il paese, alcuni vengono giustiziati e i deboli e i fragili muoiono per mancanza di assistenza medica.
Per favore prega per i 24.000 membri di etnia Tigrina delle forze armate, della polizia e dei servizi di sicurezza etiopi, che sono stati fermati per la maggior parte poco prima che il governo etiope dichiarasse guerra al Tigray il 4 novembre 2020 e che languono in luoghi sconosciuti e campi di internamento.
Per favore prega per la diaspora del Tigray, che sta soffrendo immensamente, NON conoscendo il destino di molti dei loro familiari e temendo quale orrore porteranno le prossime notizie di bombardamenti aerei, bombardamenti, torture, uccisioni, detenzioni di massa e carestie provocate dall’uomo.
Per favore prega anche per i leader dell’istituzione cristiana etiope che hanno messo da parte i loro doveri dati da Dio e hanno deliberatamente scelto di tacere, o alcuni che sostengono apertamente questa guerra genocida, in modo che possano tornare alle loro responsabilità bibliche e difendere i perseguiti e predicare la pace e riconciliazione.
Che Dio vi benedica tutti.
Consiglio Inter-Religioso della Diaspora del Tigray (TDIRC)
(Credits foto : UNICEF – Christine Nesbitt Una donna porta il suo bambino in una clinica a Wajirat, nel Tigray meridionale, in Etiopia, per controllare la malnutrizione)
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia