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Etiopia, nuove deportazioni e arresti di massa ad Humera – Tigray

20/12/21 by Davide Tommasin

In Etiopia la situazione dal punto di vista umanitario sta sempre più precipitando, iniziando dal Tigray, dove nel novembre 2020 è iniziata una guerra dai risvolti di repressione e pulizia etnica visto le metodiche adottate sui civili.

La scorsa settimana il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha votato a favore per instaurare una commissione investigativa per dare giustizia ed indagare sui crimini commessi dai vari attori che hanno preso parte al conflitto e che tutt’ora sono parte determinante del disastro umanitario in corso. Diritti umani violati sia in Tigray dove i civili hanno subìto violenze ed abusi e repressione, come per altro anche per le comunità in Amhara ed Afar dove la guerra è sconfinata successivamente. Se da una parte esistono le buone intenzioni propagandate, nelle guerre chi ne paga pesantemente le conseguenze, anche con la propria vita, restano solo e comunque i civili.

Dopo la decisione del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU, non si è fatta attendere la dichiarazione da parte del Governo etiope che si è dichiarato “Estremamente deluso” perché la sua posizione, oltre la battaglia contro i partigiani delle forze di difesa tigrine giudicate ribelli e terroristi, è contro il neo colonialismo in Etiopia ed in Africa. Lo attesta la volontà governativa di aver creato il movimento “No more”. Le manifestazioni di tale movimento formato da etiopi in patria e come diaspora, è contro le “fake news” e lo sfruttamento dell’ Africa da parte del’ occidente come risorsa. C’e da sottolineare però che alcuni analisti reputano la volontà di aver creato, supportato a livello governativo questo movimento come diversivo per spostare l’attenzione dell’ opinione pubblica su questa tematica oscurando quello che da più di un anno è il reale problema: il grave deterioramento dei diritti umani in Etiopia. Quanto riportato è un’ipotesi ed in quanto tale da confutare, ma per dovere di cronaca è giusto portare alla luce i vari punti di vista. Nel contempo, il governo del Tigray ha condiviso positivamente il voto del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite.

Sulla tematica di repressione e dei diritti umani violati si sottolineano infatti gli arresti arbitrari su decine di migliaia tigrini, che proseguono ormai sistematicamente: il movente del governo etiope è quello che ogni tigrino è sospettato di essere potenziale terrorista o filo anti governativo. Migliaia di tigrini sono stati deportati in posti non ben precisati e molti report parlano di tigrini di ogni sesso, età e ceto sociale.

Nel pomeriggio di sabato 18 dicembre 2021, un giorno dopo la Sessione Speciale, è giunta una notizia allarmante condivisa per mezzo social da Desta Haileselassie Hagos:

“Aggiornamenti da Humera:

Nell’ambito del loro progetto di pulizia etnica della parte occidentale del Tigray, le milizie di Amhara e Fano hanno trasportato due camion ISUZU carichi di donne detenute del Tigray il 17 dicembre 2021 alle 19:30 ora locale da Humera verso Adi Goshu. La loro esatta ubicazione non è ancora nota. Il 17 dicembre 2021 alle 22:00 ora locale, le stesse forze di invasione hanno trasportato 4 camion ISUZU pieni di detenuti uomini del Tigray da Humera verso luoghi sconosciuti. ”

Desta Haileselassie Hagos è un ricercatore post-dottorato presso il KTH Royal Institute of Technology di Stoccolma, in Svezia, che ha monitorato e che cerca di documentare il bilancio delle vittime in Tigray pubblicata su TGHAT.

Lo stesso giorno da una nostra fonte arriva un messaggio di preoccupazione e di allarme.

“Il governo insieme ad agenti Shabia a tutti gli oromo e tigrini arrestati hanno sequestrato telefonini e laptop. Li stanno utilizzando per provare a contattare le persone attraverso i social media delle persone arrestate. Pertanto non rispondere se non si è certi, o fare molta attenzione a chi si inviano messaggi e a chi si risponde.”

C’è un chiarimento da dover fare per far capire la gravosità e l’allerta della segnalazione. Il messaggio è rivolto principalmente alla diaspora tigrina. Gli agenti Shabia sono intesi come agenti che fanno parte delle forze eritree, infatti dal novembre 2020, oltre ad aver occupato gran parte del Tigray, sono ancora tutt’oggi presenti sia sul fronte di guerra che anche in Addis Abeba. Le tante intimazioni della comunità internazionale per la richiesta di ritirarsi, lasciare le aree occupate ed uscire dall’ Etiopia sono state totalmente disattese (nella zona di Irob, Tigray orientale confinante con l’Eritrea, siamo certi della presenza per la quasi totalità, delle truppe eritree – purtroppo non ci sono ulteriori aggiornamenti da mesi da parte della comunità di quell’area). Quindi, il messaggio mette in guardia dal fatto che nella capitale dove risultano decine di migliaia di arresti su tigrini, il timore quasi certo è che a dirigere le azioni di polizia e spionaggio siano anche le forze eritree.

L’ipotesi dello spionaggio per mezzo degli apparati tecnologici sequestrati sarebbe duplice: da una parte il tastare il terreno dall’altra parte del monitor, del telefono inviando messaggi ed aspettando risposta per capire se arrivano risposte compromettenti: per capire se dall’altra parte ci sia un semplice civile o un potenziale “terrorista” da denunciare, ricercare e dare in pasto alla giustizia etiope o trattare diversamente. Seconda ipotesi che non esclude la prima, potrebbe essere a scopo di estorcere denaro per il silenzio da parte degli agenti. Gli agenti eritrei non sono nuovi a queste tattiche utilizzate per esempio nel contesto dei rifugiati scappati dall’ Eritrea, catturati ed arrestati, per i quali i loro familiari sono stati ricattati in cambio di soldi per il loro rilascio.

Il tema degli arresti di massa, non solo sui tigrini, sicuramente ha bisogno di un atto di investigazione indipendente per far luce sulle modalità di detenzione e di arresto e soprattutto capire dove molti di loro sono stati portati o cosa ne sia stato fatto: purtroppo indiscrezioni parlano che sarebbero stati qualche migliaio, mesi fa ad essere arrestati e non aver mai raggiunto l’area di detenzione perché giustiziati. Sarebbero sui 30.000 i tigrini arrestati in questi ultimi mesi nella sola zona di Addi Abeba di cui si sono riusciti a contare (si ribadisce che sono indiscrezioni da confutare, ma sono informazioni giunte da più fonti). Del resto purtroppo non si sa ancora nulla del loro destino. Come non si sa nulla per esempio dei 2 diaconi e delle 6 suore, tra cui la Madre Superiora delle Orsoline, tutti di origine tigrina che settimane fa sono stati arrestati. Casi come questi sono sistematici arresti arbitrari. La speranza è che la commissione investigativa decisa dalle Nazioni Unite, possa dare giustizia e denunciare i responsabili di tali azioni. Cosa che purtroppo non ha potuto fare il report dell’investigazione congiunta Etiopia e ONU, in quanto parziale e faziosa: una testimonianza l’abbiamo riportata in una precedente analisi.

Davide Tommasin
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