“Una catastrofe umanitaria si sta svolgendo davanti ai nostri occhi” ha avvertito António Guterres. “Sono in gioco l’unità dell’Etiopia e la stabilità della regione” ha aggiunto chiedendo un cessate il fuoco immediato e l’avvio del dialogo politico nazionale.
Così ha dichiarato Antonio Guterres durante il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 26 Agosto 2021.
Da una veloce azione di polizia, il 3 novembre 2020, voluta dal Primo Ministro etiope Abiy Ahmed Ali per fermare e destituire i dissidenti membri del TPLF – Tigray People’s Liberation Front, si è trasformata fin dai primi momenti in vera e propria guerra. I bombardamenti hanno colpito non solo aree militarmente strategiche, ma anche chiese, monasteri ed aree di culto. Le modalità di azione hanno fatto prevalere quelle che ad oggi è dichiarato genocidio non solo dalla diaspora tigrina, che per qualcuno potrebbe essere faziosa, ma anche dal Segretario americano Blinken e dal Patriarca della Chiesa Ortodossa in Etiopia. Ci sono evidenze di repressione etnica, con profilazione di tutti i tigrini, in quanto ogni individuo di tale etnia è sospettato di essere anti-governativo, potenziale fomentatore, terrorista, quindi da fermare e profilare: accertarsi delle sue generalità. Le modalità però lasciano a desiderare in quanto le forze di polizia sembra abbiano un approccio sistematico abusando del potere normativo e legale: ci sono state tante, troppe sparizioni di persone tigrine dopo che erano state trattenute per certificare le loro generalità. Ci sono stati veri e propri rastrellamenti in molte aree di Addis Abeba, perquisizioni domiciliari senza un mandato, ma solo perché segnalati da conoscenti o colleghi di lavoro come “tigrino” alle forze dell’ ordine. Abbiamo avuto testimonianze dirette come Focus On Africa che hanno espresso la loro paura di telefonare o parlare per strada in lingua tigrina solo per paura non di essere fermati, ma di non sapere che fine avrebbero fatto o dove li avrebbero portati.
Migliaia di tigrini ostracizzati dai posti di lavoro, destituiti da cariche militari e confinati in luoghi di detenzione non ben precisati: ad oggi sembra che siano quasi 17000 i militari di etnia tigrina spariti dall’ inizio del conflitto. Sono state condivise altrettante testimonianze e report di massacri di civili che non avevano nulla a che fare con la guerra in corso. Sono avvenuti attacchi indiscriminati di genere, contati migliaia di stupri (come punta dell’ iceberg a detta di Amnesty) su donne di ogni età in maniera sistematica e molte volte sotto ricatto per veder salva la loro vita o quella di mariti o figli. Ad oggi la comunità internazionale ha evidenziato abusi di genere e fame come armi di guerra. Gli aiuti umanitari sono bloccati da mesi e solo il 7% dei potenziali rifornimenti alimentari, medici sono stati consegnati attraverso le agenzie umanitarie come per esempio USAID. I filtri doganali di sicurezza non riescono a gestire più di 30 camion al giorno in zona Afar, una delle poche vie, forse l’unica via di accesso per il Tigray, mentre ne servirebbero 100 tir carichi di aiuti alimentari, carburante e medicinali al giorno a detta del WFP – World Food Programme; mentre Guterres durante il Concilio ha esplicitato “I magazzini ora sono vuoti”. Nessun camion è arrivato nelle ultime settimane in Tigray.
Il governo centrale non è riuscito a prevalere sul sui membri del TPLF, etichettati ufficialmente organizzazione terroristica da inizio maggio 2021 dallo stesso governo. La situazione resta gravemente normalizzata sul territorio del Tigray per tutti i civili coinvolti, centinaia di migliaia di tigrini sfollati e a rischio carestia, nelle prime settimane più di 62000 rifugiati in Sudan, migliaia di rifugiati eritrei scappati, dispersi ed alcuni deportati forzatamente in terra natia dalle truppe eritree, alleate all’ ENDF, alle forze di difesa federali etiopi ed alle milizie amhara. Anche minoranze etniche come Kunama ed Irob sono state prese di mezzo ed ad oggi non si hanno loro notizie, se non per alcuni report che dichiarano che civili Irob sono stati uccisi dalle milizie eritree. La guerra è iniziata ed è continuata per mesi in un totale blackout elettrico e comunicativo: una guerra nascosta agli occhi del resto del mondo. Anche i media sono stati bloccati, non potendo avere accesso alle aree per cui documentare ed informare non è stato possibile, ed ancora oggi la tattica è quella di spegnere le comunicazioni nelle aree di conflitto.
Intanto il governo centrale, una volta legittimato normativamente che il TPLF, i suoi membri terroristi e tutti i simpatizzanti sono potenziali anti-governativi, non può più esimersi dal fermarsi nella battaglia, nella guerra di eradicazione dei “ribelli” e “delle erbacce”, pena il non perseguire il bene della sicurezza ed unità nazionale: una specie di scacco matto alle molteplici richieste di cessate il fuoco da parte della comunità internazionale avanzate da molti mesi a questa parte.
Durante il Concilio di Sicurezza il Capo delle Nazioni Unite ha dichiarato che il fronte dei partigiani del TDF – Tigray Defence Forces è arrivato in Afar ed in Amhara. La dichiarazione del governo etiope del 28 giugno di un cessate il fuoco unilaterale per motivi umanitari (lasciare il tempo necessario agli agricoltori di poter fare il raccolto per la loro stessa sussistenza, visto l’entrata della stagione delle piogge) e il ritiro delle forze di difesa nazionali da Mekelle (dopo che il TDF aveva riconquistato la sua capitale tigrina) non hanno portato a un cessate il fuoco completo e qualcuno ipotizza sia stato solo un palliativo perché il governo centrale potesse prender tempo e riorganizzare un’ennesimo attacco ai nemici terroristi.
Il signor Guterres ha affermato che gli attori in Etiopia sono entrati nella lotta attraverso la mobilitazione di massa e l’attivazione di gruppi regionali e armati.
“La retorica incendiaria e la profilazione etnica stanno lacerando il tessuto sociale del Paese” ha sottolineato.
Il prezzo umano “sta aumentando di giorno in giorno”, poiché più di 2 milioni di persone sono state sfollate e altri milioni hanno bisogno immediato di cibo, acqua, riparo e assistenza sanitaria, ha affermato il Segretario generale.
Almeno 400.000 persone vivono in condizioni simili alla carestia, con il Fondo delle Nazioni Unite per l’ infanzia (UNICEF) che avverte che entro l’anno 100.000 dovranno affrontare una grave malnutrizione acuta.
Tra le denunce di violenza sessuale e di genere, i campi profughi sono stati distrutti e, come ha sottolineato già mesi fa Amnesty, l’80% degli ospedali è stato saccheggiato, occupato o distrutto ed attualmente solo poche strutture sanitarie nei grossi centri abitati hanno ripreso parzialmente a funzionare: la quasi totalità delle zone rurali sono comunque tagliate fuori dal supporto.
“Condanno questi atti atroci con la massima fermezza ”, ha sottolineato il Segretario Generale. “Ci deve essere responsabilità”.
In Afar e Amhara il conflitto ha sfollato altre 300.000 persone, ha affermato Guterres: eventi che si sono svolti insieme agli sforzi per mantenere un più ampio sostegno in tutta l’Etiopia in risposta alla violenza intercomunale, alle inondazioni e all’infestazione di locuste.
Il signor Guterres ha affermato che i combattimenti, il costo della veloce azione di polizia tramutatasi in guerra etnica, hanno prosciugato un miliardo di dollari dalle casse dell’Etiopia, pur osservando che il debito sta aumentando.
L’accesso al credito si sta prosciugando, l’inflazione è in aumento e il Paese soffre della quinta più alta incidenza di casi COVID-19 nel continente.
In tale contesto, il Segretario generale ha ripetuto il suo invito alle parti a porre immediatamente fine alle ostilità, senza precondizioni, e a negoziare un cessate il fuoco duraturo: Guterres ha continuato che le forze straniere (truppe eritree alleate all’ ENDF n.d.r.) dovrebbero lasciare il Paese, garantire il pieno accesso umanitario a tutte le aree bisognose, ripristinare i servizi pubblici e creare le condizioni per un dialogo politico nazionale inclusivo per affrontare le cause del conflitto e garantire che le voci etiopi dirigano il percorso verso la pace.
Facendo notare che è stato in stretto contatto con le cariche rappresentanti le fazioni avverse, il Premier etiope ed il Presidente della Regione del Tigray, Guterres ha affermato che l’ONU è pronta a lavorare con l’Unione Africana e altri partner per sostenere il dialogo.
“Nel prossimo periodo, l’attenzione e l’unità del Consiglio di Sicurezza saranno fondamentali”, ha affermato.
Il capo delle Nazioni Unite ha espresso profondo rammarico per i tragici eventi in corso.
“È straziante vedere molti giovani etiopi essere strumentalizzati e mobilitati nello sforzo bellico con le loro energie incanalate in un percorso di divisione e distruzione, piuttosto che quello di costruire un futuro migliore per tutti gli etiopi”, ha detto, chiamandoli ” le ultime vittime in questo conflitto inutile”.
“In tutti i sensi, è in gioco il futuro dell’Etiopia”, ha affermato il Segretario generale. “Ci impegniamo a fare tutto il possibile per portare avanti il cammino della coesione nazionale e della pace”.
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia