Raccontare il dramma del popolo del Tigray, gli orrori che si sono consumati in questo strategico stato dell’Etiopia, al punto da spingere un premio Nobel per la pace a iniziare una guerra senza scrupoli che ha coinvolto tutta la popolazione tigrino, uomini, donne, anziani, bambini, è costato fatica e dolore.
Il premier Abiy Ahmed ha sporcato le sue mani, mani in cui il mondo aveva riposto grandi speranzare per il futuro di tutto il continente africano, con il sangue di migliaia di innocenti.
Sin dal primo istante coprire con attenzione, raccogliendo notizie sul terreno, dando voce a chi stava vivendo, subendo, quel massacro, è stata una priorità per Focus on Africa.
E non abbiamo taciuto nulla. Né le ambiguità internazionali, né le responsabilità dell’azione genocIda messa in atto nella regione, con stupri, uccisioni di massa, privazione di sostentamento alimentare, attacchi agli operatori umanitari. Violenze inaudite, orribili crimini di guerra e contro l’umanità.
Abbiamo riportato con accuratezza ogni cosa. Sempre e solo fatti suffragati da prove.
Il giornalismo nasce per raccontare la realtà. Senza filtri né mistificazioni.
Nel riportate storie e vicende, un bravo giornalista sa che deve attenersi a delle regole e rispondere ad alcuni quesiti fondamentali che rendono l’informazione completa e comprensibile sulla base d un rigido codice deontologico che impone alcuni obblighi come il rispetto del segreto professionale e la tutela della dignità delle persone.
Ma, almeno per quanto riguarda la sottoscritta, un giornalista deve soprattutto portare alla luce fatti oscurati, descriverli, renderli visibili. A tutti.
Come mi ha insegnato Joseph Pulitzer, uno dei più grandi maestri di giornalismo, per me riferimento assoluto, l’unico mezzo affinché il tentativo di destinarli all’oblio fallisca è questo .
“Un giornalista che è fedele al suo scopo si occupa non solo di come stanno le cose, ma anche di come dovrebbero essere”.
In fondo, questo è ciò che mi ha spinta a fare il mestiere di reporter e a dare voce a chi non ha voce.
E Focus on Africa non poteva che essere al fianco della diaspora tigrina e promuovere, con l’associazione Time for Africa, l’incontro del 3 luglio a Udine che il nostro Davide Tommasin seguirà come ha fatto sin dall’inizio del conflitto raccontandoci quanto stava accadendo nel Tigray, sotto lo sguardo indifferente della comunità internazionale, insieme a Fulvio Beltrami e al nostro corrispondente dall’Africa centrale e occidentale, Omer Andullah.
Antonella Napoli
Tra il 3 e 4 Novembre 2020 l’ ENDF, le truppe di difesa etiope hanno invaso il Tigray scatenando l’indignazione globale e la condanna del premier democratico, premio Nobel per la pace 2019, Abiy Ahmed Ali.
Il governo etiope ha affermato di aver agito dopo gli attacchi del TPLF alle basi militari dell’ ENDF.
Il TPLF – Tigray People’s Liberation Front, il partito che ha governato l’Etiopia per quasi tre decenni, fu quindi dichiarato dissidente da Abiy: il Premier ingenuamente dichiarò vittoria sulla veloce operazione di polizia per fermare il TPLF a fine novembre, fermato la maggior parte dei suoi membri e festeggiando la conquista di Mekelle, ma fu un fuoco di paglia.
Quasi un milione di civili sono stati sfollati internamente e sono fuggiti nel vicino Sudan, tra le evidenze di conflitto e repressione etnica verso il popolo tigrino: testimonianze di crimini di guerra e contro l’umanità ormai sono purtroppo comprovate.
Fin dall’ inizio ci sono stati blocchi, fermi e rastrellamenti di tigrini sia in Tigray che nella capitale ad Addis Ababa, in quanto ogni singolo tigrino sospettato di essere potenziale filo-TPLF e quindi terrorista (l’ 1 maggio 2021 il governo etiope ha dichiarato ufficialmente TPLF e Shene – OLF – Oromo Liberation Front, come organizzazioni terroristiche e da trattare come tali).
Una di tante evidenze: 15000 soldati di etnia tigrina sono stati destituiti dalla loro carica militare e deportati. Altro esempio crudele e disumano (e contro la legge sui diritti umani) la deportazione forzata di rifugiati interni tigrini a Shire perché sospettati che ci fossero tra loro membri del TPLF.
Da parte di soldati ENDF e truppe eritree è stato utilizzato lo stupro come arma di guerra e ci sono report che parlano di migliaia di donne, bambine, anziane e anche donne di chiesa seviziate solo perché tigrine. Sono stati presi di mira anche molteplici siti ed aree di culto, monasteri e uomini di chiesa, massacrati ed uccisi: il Patriarca della chiesa Ortodossa ha definito, dopo mesi di censura da parte del gov. Centrale, “guerra genocida”: lo stesso Segretario americano Blinken ha definito così la guerra in Tigray.
Sono usciti report di massacri compiuti su centinaia di civili. Le strutture sanitarie, come riportato da Amnesty, sono state occupate, danneggiate per l’80% del territorio del Tigray: questo è definito crimine di guerra. Gli operatori sanitari stessi a tutt’oggi non possono operare e muoversi agevolmente e in sicurezza sul territorio bloccati dai checkpoint dei soldati ENDF ed eritrei.
Tutto questo in un Tigray tagliato fuori dal mondo per un blackout totale sulle comunicazioni per mesi: 8 mesi di violenze nascoste al mondo per volontà strategica politica e militare.
Questo ha innescato una crisi umanitaria in rapido peggioramento, con 900 mila persone sull’orlo della carestia secondo le Nazioni Unite e 140.000 bambini “che affrontano condizioni simili alla carestia”.
Il Premier Abiy ha dichiarato il 21 Giugno, dopo le elezioni, che non esiste fame in Tigray, ma solo un problema che il governo risolverà: elezioni anche finanziate dall’ Italia, che dopo mesi di immobilismo sulla politica estera, ha finanziato con 400.000 euro per esportare democrazia. Purtroppo si sono rivelate elezioni farsa vista l’organizzazione non all’altezza, votazioni spalmate su due giorni, un 100inaio di seggi chiusi per irregolarità e alcune regioni non votanti causa stato di emergenza. Altre insurrezioni sociali e conflitti sono accaduti tra Oromo e Amhara parallelamente alla catastrofe umanitaria in Tigray. ( su FocusOnAfrica.it esistono diversi approfondimenti a riguardo)
Il 28 giugno il TDF ha riconquistato e liberato Mekelle, facendo uscire l’ENDF e quindi dichiarando vittoria agli occhi del mondo. Il 29 Giugno il Governo etiope ha dichiarato unilateralmente il cessate il fuoco per motivazioni umanitarie (potrebbe essere solo temporaneo): il cessate il fuoco era stato chiesto dalla comunità internazionale da mesi ad Abiy, ma ha sempre rifiutato, quindi la sua attuale presa di posizione sembra più il risultato della sconfitta del suo esercito più che una risposta agli attori internazionali.
Ad oggi si chiede ancora che:
1. le truppe eritree escano dal Tigray, la principale fonte di violenza e repressione verso il popolo tigrino;
2. gli operatori umanitari possano operare in totale sicurezza ed in tutto il territorio tigrino per aiutare ogni singola persona bisognosa di supporto sanitario ed alimentare;
3. servono indagini indipendenti per poter trovare responsabili ed imputargli le varie responsabilità per i vari crimini di guerra e contro l’umanità perpetrati in Tigray;
Questo è un sunto non esaustivo, visto la complessità della situazione, di tutto quello che è successo in 8 mesi di guerra genocida.
Si suggerisce di consultare Focus On Africa di Antonella Napoli, magazine online di settore dedicato al continente africano, che ha seguito e sta continuando ad aggiornare i suoi lettori fin dall’ inizio della guerra (come pochi altri media italiani hanno fatto).
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia