Sto utilizzando Twitter per informarmi e seguire la situazione in Tigray – Etiopia dove ormai mesi fa, il 4 novembre 2020 è scoppiata una guerra, seminando morte violenza. Grazie ai miei tweet mi ha notato Antonella che mi ha fatto l’invito di collaborare e condividere i miei approfondimenti sul Magazine Focus On Africa, che ha creato (ieri era il compleanno – 2 anni dalla sua creazione 🙂
Dopo averla ringraziata per lo spazio, per la possibilità di dare voce a chi non ha voce, il popolo del Tigray, con il mio solito fare, sono andato a curiosare chi fosse Antonella Napoli ed ho scoperto un vero personaggio, una giornalista, di quelle che vanno sul campo a trovare le informazioni, di quelle che vogliono vedere con i propri occhi cosa accade: lei è stata la prima giornalista italiana, occidentale in Sudan che ha raccontato cosa stava accadendo e per questo subendo repressione da agenti dello stesso governo sudanese.
Ho scoperto il suo ultimo libro, “Il Vestito Azzurro” che racconta una storia nella storia: la sua storia come persona, moglie e madre, quella della sua vita professionale da inviata sul campo in Sudan, in Darfur e gran parte del libro dedicata alle storie sulle testimonianze dirette ascoltate dalla voce delle persone nei campi di accoglienza, di quelle persone che sono scappate dalla guerra, di quelle persone che hanno subìto abusi di genere e di donne e ragazze che dopo aver subito violenze da soldati, sciacalli di guerra, sono state anche ostracizzate, ghettizzate dalla famiglia, dalla loro stessa società in quanto di fede musulmana che non permette che le donne siano violentate.
Io ho visto l’ Etiopia, parte di essa, soprattutto le zone in Tigray nei miei due unici viaggi, ma sono rimasto in contatto con diversi amici via web e telefono da diversi anni ad oggi.
Ho visto un mondo che non si può raccontare a parole, ma bisogna viverlo per capirlo: nel libro di Antonella ho rivissuto quelle esperienze, quelle terre, quei profumi e quelle sensazioni, nel bene e nel male.
Dalle prime pagine mi sono sentito come “a casa” un dejavù… non so come spiegarlo altrimenti.
Le situazioni in cui si è trovata sono similari del Corno d’Africa presumo (come ho scritto non ho altre esperienze dirette in Africa).
So solo che il groppo in gola tra emozione, ricordi e quel senso di tristezza per le parole lette mi hanno accompagnato per tutte le pagine del libro.
Ricordo ancora che a pagina 24 e 25 ha raccontato del Sudan e del regime di quegli anni: a me è sembrato di leggere quello che sta accadendo in Etiopia, in Tigray oggi e del comportamento di regime che ha il Premier etiope abiy Ahmed di impositore del bene e di unità del Paese, minimizzando la gravità di situazione di crisi in Tigray, che è stato un comportamento similare descritto da Antonella nei confronti del vecchio Presidente del Sudan nei confronti del suo popolo: reprimere, censurare, minimizzare e soggiogare alla fede e alla legge.
Un libro insomma che ti prende e ti travolge come un treno, se quelle terre le hai viste e vissute, se hai potuto avere contatti con il suo popolo, la sua gente: ti ritrovi immerso in quella realtà, in quel mondo.
Se non hai avuto questa fortuna, il libro comunque scorrevole nella sua lettura, ti prende per mano e ti aiuta a varcare quella porta che si apre su un nuovo mondo, ti lascia intravedere, anzi ti fa vedere e ti descrive nettamente uno scorcio di realtà così lontana dal nostro quotidiano che allo stesso tempo ti dice che siamo tutti sulla stessa barca, quella chiamata “Umanità”.
Ok, così sembra una sviolinata, solo perchè ho Antonella tra gli amici, su Twitter, solo perchè mi ha dato spazio per scrivere (a scopo totalmente volontario) su FocusOnAfrica… ed io rispondo con un “Ma anche no” perché quello che scrivo, sempre, è quello che sento.
Ah si… uno si chiederà perché quel titolo “Il Vestito Azzurro”… la risposta è nelle parole del libro, della storia verità raccontata da Antonella.
Buona lettura.
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia