Questa settimana il primo ministro Abiy Ahmed ha aperto l’accesso a Tigray per sette importanti medi stampa.
Sono: Reuters, AFP, New York Times, BBC, al-Jazeera, France 24 e Financial Times.
Fin qui tutto bene.
Ma da allora sono successe tre cose che indicano quanto sia veramente limitata questa iniziativa. La riforma va di pari passo con la repressione.
- Sono state prese misure per rimuovere le prove delle atrocità. 6.000 sfollati interni sono stati minacciati di essere trasferiti da Axum – la scena del massacro in cui sono morti centinaia di persone – e da un centro carcerario a Shire. Anche le vittime di stupro sono state spostate da Mekelle.
- Il governo etiope ha iniziato a lanciare minacce ai media. “La campagna di disinformazione portata avanti per fuorviare la comunità dei media internazionali sulla situazione in Tigray è intollerabile e sarebbero prese misure appropriate contro gli orchestratori … Il capo regionale del partito della prosperità del Tigray, Ato Habtay Gebreegziabher, ha detto all’Agenzia di stampa etiope, oggi in seguito a ciò che ha descritto come ; “Individui e gruppi spietati stanno cercando di fornire informazioni sbagliate alla troupe mediatica che ha messo i piedi nel Tigray.” … L’amministrazione provvisoria in coordinamento con il governo federale continuerà ad adottare misure appropriate contro questi elementi atroci in difesa della protezione degli interessi del pubblico in generale, ha aggiunto.
- Questa minaccia è stata seguita dalla repressione. Due traduttori per giornalisti stranieri nel Tigray, Fitsum Birhane (traduttrice per AFP) e Alula Akalu (traduttrice per Financial Times), sono stati picchiati e arrestati sabato dai soldati etiopi a Mekelle. Anche due amici di Alula sono stati picchiati davanti ai loro familiari e sono stati portati in una destinazione sconosciuta. Anche un collaboratore di lunga data dell’Aiga Forum, Teamrat Yemane, è stato arrestato a Mekelle.
FONTE: https://eritreahub.org/media-freedom-under-abiy-ahmed-open-up-hide-threaten-and-arrest
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia