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Davide Tommasin ዳዊት

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Etiopia, Eritrea ed il crescente rischio di nuova guerra catastrofica per il Tigray

Pubblicato il 22/10/25, 11:06 am

guerra chi paga, chi muore, chi guadagna

La guerra genocida in Tigray iniziata il nov2020 e si è conclusa formalmente il nov2022 con l’accordo di cessazione ostilità siglato tra le parti a Pretoria.

Guerra che è stata archiviata dalla comunità internazionale per proseguire con progetti di cooperazione, sviluppo e stabilità economica per l’Etiopia, nonostante i molteplici report ed evidenze sul campo di atti genicidi verso la popolazione del Tigray e le stime al ribasso di 600.000 vittime che cercano giustizia.

Guerra: chi paga? chi muore? chi ci guadagna?

L’accordo di Pretoria (CoHA) è stato siglato dal governo etiope e TPLF – Tigray People’s Liberation Front, ma senza l’altro protagonista, cioè il governo eritreo mandante in prima linea il suo esercito. L’accordo pose fine a una delle guerre definite tra le più letali del XXI secolo.

Questo punto rende l’accordo instabile perché segna un disequilibrio in fatto di giustizia: accordo in cui sono sanciti diritti e obblighi delle parti coinvolte e artefici di crimini di guerra, ma senza un attore macchiato anche lui di queste orribili azioni verso la poplazione del Tigray.

Da più di un anno, una nuova guerra tra Eritrea e Etiopia appare imminente grazie a mobilitazioni militari e retorica crescente.

Tra il 2018 e il 2022 il primo ministro etiope Abiy Ahmed e il presidente eritreo Isaias Afwerki erano alleati, ma la guerra del Tigray e la spinta dell’Etiopia per un accesso al mare hanno creato un abisso tra loro. L’Etiopia ha provato con più attori del Corno d’Africa a chiedere porto dedicato, come a Gibuti o facendosi alleato del Somaliland e alzando le tensioni con la Somalia. Per ultima l’Eritrea che ha negato la richiesta dell’accesso al mare che Abiy Ahmed ha rivendicato come esistenziale per lo Stato etiope. L’Etiopia ha messo in discussione anche la legittimità dell’indipendenza eritrea del 1993, e i due Paesi si sono scambiati accuse pubbliche di malintenti e belligeranza.

L’incertezza tra le parti sta riuscendo ancora a trattenere un conflitto aperto, ma gli sviluppi d’attualità politica e faide interne in Tigray rischiano di minare questo fragile equilibrio e innescare guerra. Eritrea e Etiopia non sono ancora entrate in conflitto: entrambi dubitano della propria capacità di prevalere in guerra e ricordano fallimenti precedenti.

Nuovo fattore di rischio è la crescente prossimità tra la classe dirigente del Tigray (Tigray People’s Liberation Front) e le autorità eritree, che potrebbe innescare una grave escalation.

La posizione geografica del Tigray è strategica perché si trova nella parte settentrionale dell’Etiopia a confine con l’Eritrea. Oltre al fatto che ci sono ancora unità tigrine da poter mobilitare in un nuovo conflitto, ma in Tigray c’è sfiducia verso entrambi (Etiopia ed Eritrea) per gli orrori della guerra genocida 2020-22. La coesione politica della regione si è erosa, il che aggiunge variabile di imprevedibilità.

Un potenziale nuovo conflitto non sarebbe solo catastrofico e forse colpo di grazia per lo stato regionale del Tigray che non si è ripreso ancora dall’ultima guerra dai risvolti genocidi, ma potrebbe intaccare la già scarsa stabilità della regione con la sua costellazione di conflitti devastanti, dal Sudan alla Somalia.

Si può concludere quindi che il rispetto tra le parti degli obblighi sanciti dall’accordo di Pretoria sono essenziali e ago della bilancia per ristabilire equilibrio sul piano della giustizia, perché senza giustizia le tensioni continueranno e non potrà mai esserci vera pace.

La speranza è che tutti gli attori continuino a dialogare e a cercare soluzioni diplomatiche facendo tacere le armi: per il bene di milioni di persone che cercano ancora giustizia e pace.

Davide Tommasin
Davide Tommasin

Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia

http://www.tommasin.org

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