“Ieri ho avuto una discussione molto produttiva con Claude Jibidar, direttore nazionale WFP – World Food Programme Ethiopia, sulle operazioni di WFP in Tigray e sulla necessità di coordinare i nostri sforzi per il futuro. Pur elogiando WFP Ethiopia per il suo impegno nei confronti del popolo del Tigray durante il nostro calvario negli ultimi anni, ho anche evidenziato quali aree vorremmo che i nostri partner estendessero il loro sostegno per aiutare i nostri concittadini laboriosi a rimettersi in piedi, contribuendo così a ridurre la pressione sulla comunità internazionale. Abbiamo anche sottolineato la necessità di lavorare insieme nell’affrontare la crescente sfida della diversione e della vendita di aiuti alimentari destinati ai bisognosi. Abbiamo anche concordato di adottare misure appropriate contro le persone coinvolte in tali comportamenti abominevoli e di garantire che gli aiuti raggiungano effettivamente i beneficiari target in modo tempestivo.”
Queste sono le parole di Getachew Reda, l’odierno capo amministratore regionale ad interim – IRA, dello stato regionale del Tigray, Etiopia. IRA istituita come prassi dettata dall’accordo di Pretoria firmato il 2 novembre 2022. Accordo di cessazione ostilità tra il governo federale etiope ed il TPLF – Tigray People’s Liberation Front dopo più di 2 anni di guerra genocida. Guerra che è stata denunciata come la più atroce degli ultimi anni e per cui è stato stimato un numero superiore alle 600.000 vittime tra i civili.
La dichiarazione di Getachew Reda è del 12 aprile 2023, l’incontro con il funzionario del WFP avvenuto il giorno precedente.
Martedì 11 aprile 2023 Brhane Negasi condivideva questa segnalazione:
“Questi sono nuovi sfollati da Maitsebri (tre Woredas a Tselemti) e si sono stabiliti a #Endabaguna. Ora sono circa 45K⁺. Gli viene detto di lasciare Tselemti woreda a causa della loro etnia, essendo #Tigrian . Sostegno e attenzione.
Dalla prima settimana di marzo 2023 ad oggi con un tasso di arrivi giornalieri di 200 famiglie principalmente donne e bambini. #AmharaOutOfTigray”
Sostituzione etnica, parole che non sono solo slogan di propaganda come quelle della premier italiana Giorgia Meloni
Il Tigray occidentale è ancora sotto occupazione Amhara. Il governo regionale amhara durante la guerra genocida in Tigray ha occupato quel territorio rivendicandolo storicamente sotto la sua giurisdizione.
Le forze speciali amhara sono state denunciate ed è stato confermato la loro attività di pulizia etnica nei confronti del popolo tigrino, come crimine di guerra per sfollarli forzatamente da quell’area.
Oggi, a più di 5 mesi dell’accordo di Pretoria e che impone il ritiro di tutte le forze esterne dal Tigray, gli amhara sono ancora presenti e stanno perpetrando ancora la loro volontà politica di pulizia etnica.
Tigrai TV in un recente servizio ha riportato la testimonianza per mezzo video delle preoccupazioni di etiopi di origine tigrina che denunciano questi atti rivendicati come atti di sostituzione etnica.
47.000 nuovi sfollati da 10 woreda [distretti] del Tigray occidentale arrivano a Endabaguna, vicino Shire
Almeno 47.000 nuovi sfollati interni (IDP) che sono fuggiti da dieci woreda [distreetto] nel Tigray occidentale, che è sotto l’occupazione delle forze Amhara, sono arrivati a Endabaguna, vicino alla città di Shire nella zona del Tigray nordoccidentale nell’ultimo mese,
Questa è stata la dichiarazione di Getu Dejen, l’amministratore ad interim dell’Endabaguna Woreda, ad Addis Standard.
Secondo Getu, alcuni degli sfollati si trovavano nel centro per sfollati di Maitsebri, mentre altri hanno lasciato le loro case a Maigaba, Tselemti, Korarit, Welkayit e Qafta woredas, tra gli altri, dall’inizio di marzo a causa delle rinnovate persecuzioni e pressioni sull’etnia tigrina. Anche donne, ragazze e bambini sono tra gli sfollati.
Alcune testimonianze tra i migliaia di sfollati interni IDP
Nigus Teklay (nome cambiato per motivi di sicurezza) un 39enne, fuggito dalla woreda di Tselemti con 3 membri della sua famiglia, un mese fa, ha dichiarato:
“Me ne sono andato prima che accadesse qualcosa di peggio a me e alla mia famiglia”.
Ha aggiunto che un gruppo armato noto come “Fano” ha costretto i tigrini etnici a lasciare l’area.
“Ho contato un mese da quando sono stato trasferito a Endabaguna. Non ci sono aiuti umanitari, cibo e medicine. Sto nutrendo i miei figli chiedendo l’elemosina e vendendo alcuni materiali per strada “
Rahel Hayle, una ragazza di 20 anni, che ha raggiunto Endabaguna da Maitsebri a metà marzo dopo aver viaggiato a piedi per 10 giorni, ha detto che:
“I gruppi armati nella zona stavano molestando donne e ragazze e commettendo crimini contro i tigrini etnici”
Quindi e ha deciso di partire.
Rahel è tra gli sfollati che sono stati accolti nel centro IDP di Maitsebri da quando è scoppiata la guerra nel 2020.
La sua famiglia è fuggita in Sudan e ha vissuto in situazioni precarie senza molti aiuti umanitari per due anni a Maitsebri prima di arrivare a Endabaguna settimane fa.
“Anche dopo il mio arrivo qui tre settimane fa, non ho ricevuto alcuna assistenza. Dormo sul pavimento, è una sfida soprattutto per le ragazze e le donne”
Getu, l’amministratore ad interim, ha affermato che il numero di sfollati interni a Endabaguna era di circa 8000 all’inizio del mese di marzo, ed è salito a 47.000 nelle ultime settimane.
Ha aggiunto che questi sfollati appena arrivati non ricevono aiuti umanitari come cibo e medicine.
Nonostante la denuncia a diverse ONG e agenzie umanitarie, l’amministratore ad interim Getu ha segnalato che non sono state avanzate attività significativa per sopperire al problema ed alla mancanza di consegna di materiale salvavita.
Ha aggiunto che gli sfollati non hanno un riparo adeguato e vivono in condizioni di pericolo di vita con bambini e donne che chiedono cibo per le strade.
Surafel Araya, amministratore della zona nord occidentale del Tigray, ha confermato la gravità del contesto invitando gli organismi interessati a prestare la dovuta attenzione ai nuovi sfollati sfollati che arrivano nella zona.
La questione, la gravità e la precarietà di vita, di sussistenza di decine di migliaia di persone sfollate in Tigray è stabile, ma altamente critica: una priorità assoluta quella della tutela alla vita.
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Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia