Per la pace in Etiopia un punto basilare dell’accordo di tregua, di cessazione ostilità firmato a Pretoria, è che le “forze esterne”, così implicitamente nominati l’ esercito eritreo, le forze speciali amhara e milizia Fano, è che si ritirino dallo stato regionale del Tigray.
L’accordo è stato firmato il 3 novembre 2022. Dopo quasi 3 mesi il team di monitoraggio dell’ UA Unione Africana, mediatrice dei negoziati tra governo etiope e i rappresentanti del Tigray, non ha ancora emanato ufficialmente nessun comunicato in proposito.
Va ricordato che il meccanismo di monitoraggio, verifica e conformità dell’Unione africana (AU-MVCM) è stato avviato ufficialmente a Mekelle giovedì 29 dicembre, la capitale dello stato regionale del Tigray e ha nominato alla guida del gruppo il Magg. Gen. Del Kenya Stephen Radina.
Il team MVCM da allora ha solo confermato l’avvio del processo di disarmo delle forze tigrine e la consegna di armi pesanti alle Forze di Difesa Nazionale Etiope, che si è svolto martedì 10 gennaio. Disarmo che, come punto insindacabile dell’accordo, sarebbe dovuto avvenire congiuntamente al ritiro delle “forze esterne” dalla regione.
Le truppe eritree più che essersi ritirate, si sono mobilitate per un “lento ritiro” come affermato da diversi osservatori in questo periodo. La realtà dei fatti, anche subordinata a testimonianze dirette dal territorio, parlano però di una situazione diversa. Le truppe eritree si sarebbero spostate in zone decentrate da quelle aree, grossi centri e città, che successivamente dovevano essere presi e messi in sicurezza dalle forze militari etiopi.
Venerdì 27 gennaio 2023 il maggiore generale Teshome Gemmechu direzione, generale per le relazioni estere della difesa e la cooperazione militare delle forze di difesa nazionali etiopi (ENDF) ha dichiarato che non ci sono altre forze di sicurezza nella regione del Tigray a parte le Forze di difesa federali.
La dichiarazione del generale è stata sconfessata già un paio di giorni prima dal media tigrino Dimtsi Weyane.
Mercoledì 25 gennaio 2023 DW pubblicava un resoconto denunciando la presenza dei militari eritrei in determinate aree del Tigray meridionale e la morte di varie decine di persone per mancanza di cure e medicinali.
“Il brutale esercito del dittatore Isaiah ha impedito agli aiuti umanitari di emergenza e ai medicinali di raggiungere la woreda di Lower Adiyabo. I residenti della woreda di Lower Adiyabo, nella zona nord-occidentale del Tigray, sono stati esposti a una grave crisi socio-economica a causa della mancanza di aiuti umanitari e beni alimentari d’emergenza.
Sebbene dopo l’accordo di pace nel Tigray abbiano iniziato a entrare quantità limitate di cereali e medicinali, non arrivano cereali e medicinali ai residenti della woreda (distretto) di Lower Adiyabo. Inoltre, i raccolti dei contadini sono stati portati via e distrutti dall’esercito invasore.
Secondo l’amministrazione woreda di Lower Adiyabo, 76 residenti, tra cui 31 donne, sono morti a causa della fame e 60 persone, tra cui 28 donne, sono morte a causa della mancanza di cure mediche solo negli ultimi 4 mesi. Altre 75 persone che erano malate croniche e necessitavano di cibo quotidiano e medicine adeguate sono morte come conseguenza della fame e di mancanza di medicinali.
Diverse madri sono state costrette a partorire in zone desertiche, 5 delle quali sono morte a causa della mancanza di assistenza e 3 bambini sono morti durante il parto a causa della mancanza di assistenza sanitaria, ha dichiarato l’amministrazione della woreda.
Oltre 75.000 residenti in 13 zone della woreda stanno affrontando la carenza di cibo ha diciarato l’amministratore aggiungendo che innumerevoli atrocità vengono commesse contro di loro anche dopo l’accordo di pace.”
Sabato 28 gennaio 2023 Linda Thomas Greenfield, l’’ambasciatrice statunitense presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite – UNSC, ha dichiarato che le truppe eritree non si sono ritirate dall’Etiopia, contraddicendo le dichiarazioni del generale etiope Teshome Gemmechu del giorno precedente.
Lo stesso giorno di sabato il portavoce tigrino Getachew Reda per mezzo social confuta le dichiarazioni del generale etiope:
“La seguente affermazione attribuita al Generale Teshome dell’ ENDF è del tutto fuorviante almeno per due ragioni. Uno, è di fatto impreciso in quanto, nonostante i lodevoli segnali di ritiro delle forze non ENDF, ci sono migliaia di forze eritree e amhara nel Tigray. Per secondo punto ha aggiunto che è compito della missione di monitoraggio, verifica e conformità dell’UA (AU MVCM) verificare il ritiro.”
Tuttavia ha anche sottolineato:
“Se l’itinerario del team [AU MVCM] è una guida, c’è poco da suggerire che questo accadrà presto.”
Il Premier etiope in contemporanea il giorno di sabato esprimeva la sua grande soddisfazione mentre partecipava come spettatore alle esercitazioni militari ad Awash Arba.
In un tweet ha dichiarato che:
“L’esercitazione di combattimento integrato che abbiamo visto oggi ad Awash Arba dimostra che l’Etiopia sta costruendo una forza che può evitare la guerra. Aeronautica, armi pesanti, forze speciali e fanteria combinate nell’esercitazione di combattimento. Abbiamo esaminato i modi per abbreviare il combattimento. Poiché ci sono forze che vogliono che ogni giorno distogliamo lo sguardo dai nostri sogni e dalle nostre azioni, il compito principale degli ufficiali militari è costruire una forza che eviti la guerra.”
Approfondimento: Etiopia, parata militare dei nuovi armamenti di guerra
Il Premier, nobel per la pace 2019, dopo l’accordo di inizio novembre 2022 di “cessazione ostilità” sta già conducendo una campagna di propaganda e ricerca di consenso in Etiopia e all’estero, lodando la grandezza dell’esercito etiope. Esercito, che come tutte le forze che hanno partecipato alla guerra genocida iniziata in Tigray il 3 novembre 2020 e sconfinata in Amhara e Afar, è stato denunciato di essere implicato in crimini di guerra e contro l’umanità. Crimini sistematici come massacri, stupri ed arresti di massa verso i loro fratelli etiopi in Tigray.
I suoi stessi aerei militari e i droni acquistati da Emirati Arabi, China, Turchia e Iran hanno condotto una guerra per la “sicurezza nazionale” creando decine di migliaia di morti tra i civili in Tigray.
Il Dott. Mehari Taddele Maru nella recente lettera aperta pubblicata e rivolta all’ Unione Africana riguardo all’accordo di “cessazione ostilità” mette in evidenza un aspetto legato anche al ritiro delle truppe straniere dal Tigray. Mette sul piatto la richiesta di giustizia per perseguire la pace.
“L’importanza dell’attuazione dell’accordo difficilmente può essere sopravvalutata. A partire da ora, il successo del COHA dipende più da vaghe speranze di un ripristino della normalità, che da un effettivo progresso verso un dividendo di pace. Se così tante aspettative pubblicizzate non vengono soddisfatte, il risultato è la frustrazione; già le speranze riposte nell’Accordo stanno iniziando a svanire e, in assenza di reali progressi, potrebbero presto essere sostituite dalla disperazione. I segni di questa reazione stanno già emergendo. I guadagni iniziali che ci sono stati sono fragili e fin troppo facilmente reversibili.”
La guerra genocida iniziata il 3 novembre 2020 in Tigray ha prodotto una stima di 600.000 morti diretti per massacri, bombardamenti aerei, stupri ed indiretti per blocco dell’accesso umanitario “de facto”, mancanza di cibo e medicinali.
Il primo a mettere sul tavolo queste cifre è stato Jan Nyssen, professore emerito di geografia all’Università di Ghent in Belgio dichiarando che:
“La fame è stata usata come arma di guerra. È enorme. Il blocco era una strategia intenzionale per trasformare il Tigray in un altro Biafra. Privare la popolazione civile di cibo è un crimine di guerra, ma non sembra che nessuno ne sarà ritenuto responsabile”
Amnesty International e Human Rights Watch hanno parlato senza mezzi termini di pulizia etnica in un rapporto di 221 pagine pubblicato nel 2022 con il titolo “Vi cancelleremo da questa terra”.
Alcuni accademici hanno persino suggerito che il blocco del Tigray potrebbe essere considerato un genocidio, sebbene non vi sia consenso su questo. Sono troppi gli interessi in gioco, soprattutto il posizionamento geo-politico delle super potenze come per esempio USA di Joe Biden perché venga dichiarato giuridicamente genocidio in Tigray: verrebbero compromessi potenziali flebili accordi e buoni rapporti ricuciti dopo che lo stesso governo americano aveva penalizzato l’Etiopia ostracizzandola dall’AGOA. Senza l’Etiopia al fianco l’America perderebbe un attore importante come porta d’accesso al resto dell’Africa, perdendo terreno con l’altro fronte, quello della Russia e del mondo medio orientale che stanno facendo pressione per l’egemonia del continente.
La guerra del Tigray, come tutte le altre guerre, in primis quella in Ucraina, coprono guerre ben più ampie e subdole che possono essere chiamate guerre per le risorse, in loro tutela o per la conquista di nuove.
Al momento le armi hanno taciuto in Tigray, ma la regione rimane parzialmente occupata dalle forze eritree e dalle milizie Amhara e il blocco è stato solo in parte revocato mentre dei due milioni di sfollati interni nel Tigray non sono ancora in grado di tornare alle loro case.
Ancora oggi le persone stanno morendo per le conseguenze disastrose che il blocco sul materiale umanitario comporta. Sono ancora centinaia di migliaia in Tigray a non essere state raggiunte dalla seconda tornata di aiuti umanitari a causa di quelle zone ancora sotto assedio da “forze esterne” come per esempio Irob o aree centro settentrionali della regione.
Tutto il nord Etiopia, comprendendo le regioni limitrofe Amhara ed Afar contano stime di circa 13 milioni di persone bisognose e dipendenti dal supporto umnaitario che si fa attendere, nonostante l’accordo di tregua in atto.
Approfondimenti:
Etiopia, 54.000 sfollati ad Abiy Addi senza cibo, medicinali e altre zone del Tigray senza aiuti
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia