Il Tigray, stato regionale dell’Etiopia settentrionale, è la scena di una guerra dai risvolti etnici e genocidio non con i machete, ma per scelte politiche.
Guerra iniziata ormai più di 22 mesi fa, il 4 novembre 2020, combattuta in totale blackout elettrico e comunicativo; vietato l’ingresso a giornalisti e per molti, troppi mesi l’accesso umanitario bloccato. Milioni di civili innocenti presi di mezzo ad un conflitto non loro, ma per normativa etiope sospettati di essere potenziali spie dei “ribelli” del partito TPLF – Tigray People’s Liberation Front: deportazioni, arresti illegali e campi di prigionia fatti passare anche per centri IDP, Internally Displaced People, campi per rifugiati interni, attività e aree legittimate dalle forze di polizia.
Nonostante i “buoni propositi” dichiarati dal governo etiope per cui il 24 marzo 2022 è stata annunciata tregua umanitaria, il materiale salvavita, cibo e medicinali, entra come un rivolo, come una goccia nel mare e si ferma a Mekelle, la capitale tigrina: non c’è carburante, per cui non ci sono mezzi per la distribuzione capillare del materiale salvavita. Gli ospedali, quei pochi rimasti attivi dopo i bombardamenti, i saccheggi e la distruzione da parte delle forze governative ed alleate, stanno chiudendo per mancanza di materiali. Durante il conflitto è stato demolito l’80% del sistema sanitario regionale.
I servizi di base sono bloccati: elettricità, linea telefonica, conti correnti.
Janez Lenarčič, commissario dell’UE per la gestione delle crisi, nella sua visita diplomatica il 21 giugno ha commentato:
“Non vedo il motivo per mantenere in vigore il blocco dei servizi bancari, dell’elettricità e delle telecomunicazioni”, ha affermato, aggiungendo che il “blocco parziale”
Josep Borrell, Alto Rappresentante della UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, l’11 agosto 2022 condivide un appello con le medesime richieste, ovvero la riattivazione dei servizi. Ha anche sottolineato che in tutto il nord Etiopia sono 13 milioni le persone a dipendere urgentemente dal supporto umanitario: 4,8 milioni nel Tigray, 1,2 milioni nell’Afar e più di 7 milioni nell’Amhara.
“Il ripristino dei servizi di base e la libera circolazione di persone, beni e servizi non possono essere né contestati né negoziati. Il governo dell’Etiopia dovrebbe adempiere ai propri obblighi nei confronti del popolo del Tigray e oltre senza ulteriori indugi”
Aggiungendo:
“Un cessate il fuoco negoziato, l’accesso umanitario illimitato e la piena ripresa dei servizi in Tigray, nonché la responsabilità per le atrocità commesse da tutte le parti, sono un prerequisito per rilanciare la nostra partnership con le autorità etiopi”.
Infatti servizi di base come diritti umani e la loro tutela devono avere la priorità, devono essere universalmente riconosciuti e tutelati prima di ogni altra cosa e sicuramente non devono essere trattabili o usati come moneta di scambio.
Il 15 agosto 2022, mentre l’Italia era al mare ed in ferie aspettando i fuchi d’artificio, nonostante la dichiarata tregua umanitaria, giunge indiscrezione che nel Tigray occidentale, l’ENDF – Ethiopian National Defence Forces, l’esercito etiope, ha attaccato il TDF – Tigray Defence Forces in Dedebit con artiglieria pesante e carri armati.
Il 17 agosto 2022 il portavoce del TPLF, Getachew Reda, subito denuncia via social.
“Il cosiddetto Comitato per la Pace istituito dal regime #AbiyAhmed è impegnato nel suo consueto gioco di offuscamento per ingannare la comunità internazionale mentre le sue forze stanno attivamente provocando le nostre forze su vari fronti. Hanno apertamente sfidato la loro promessa spesso ripetuta di accettare misure volte a creare un ambiente favorevole a negoziati pacifici, come garantire l’accesso umanitario illimitato e il ripristino dei servizi nel Tigray. In effetti, le sue forze stanno intraprendendo azioni provocatorie contro le nostre forze ostentando il loro comportamento bellicoso in pubblico.”
Precedentemente nello stesso giorno, la Commissione governativa etiope istituita per pianificare i negoziati di pace con la mediazione dell’ Unione Africana, ha infatti promosso la riattivazione dei servizi di base, ma negoziandoli con un cessate il fuoco preventivo, nonostante gli attacchi ancora attivi.
“Al fine di garantire una fornitura continua di aiuti umanitari, nonché per facilitare la ripresa dei servizi di base e anche per risolvere pacificamente il conflitto, il comitato ha sottolineato che è necessario concludere un accordo di cessate il fuoco il prima possibile.”
Aggiungendo:
“Per accelerare questo processo, il comitato ha deliberato e adottato una proposta di pace che porterebbe alla conclusione di un cessate il fuoco e getterebbe le basi per il futuro dialogo politico”.
Sebbene sia impossibile conoscere il vero bilancio della guerra, i ricercatori dell’Università di Gand in Belgio stimano che siano morte fino a 500.000 persone: tra le 50.000 e le 100.000 per i combattimenti, tra le 150.000 e le 200.000 per la fame e più di 100.000 per la mancanza di cure mediche.
Stime ormai di diversi mesi fa: ad oggi le morti per fame e stenti sono aumentate visto la situazione sul campo.
Guerre più guerre di altre
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha distolto ulteriormente l’attenzione internazionale dai conflitti altrove, compresi quelli in Yemen, Mozambico e nel Sahel africano, la regione appena a sud del Sahara.
APPELLO di Padre Alex Zanotelli per l’Africa: Rompiamo il silenzio sull’Africa, un continente che ci riguarda – e ci guarda – da vicino
Nello stesso giorno di mercoledì 17 agosto in un’emozionante dichiarazione inserito in tutto questo contesto, durante una conferenza stampa, il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus – egli stesso di etnia tigrina – ha affermato che la situazione causata dal conflitto in corso nel suo paese d’origine è peggiore di qualsiasi altra crisi umanitaria nel mondo.
Il capo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ha descritto la crisi persistente nella regione del Tigray in Etiopia come “il peggior disastro sulla Terra” e si è chiesto ad alta voce se il motivo per cui i leader globali non hanno risposto fosse dovuto “al colore della pelle del persone nel Tigray.”
“Negli ultimi mesi non ho sentito nessun capo di stato parlare della situazione del Tigray in nessuna parte del mondo sviluppato. Ovunque. Perché?” ha chiesto il Dr. Tedros.
Il direttore dell’OMS ha continuato sottolineando che la popolazione del Tigray non ha accesso a medicine e telecomunicazioni e gli è stato impedito di lasciare la regione. Tuttavia, l’ ICRC, il Comitato Internazionale della Croce Rossa negli ultimi mesi ha segnalato spedizioni di alcuni farmaci.
“Da nessuna parte al mondo vedresti questo livello di crudeltà, dove c’è un governo che punisce 6 milioni di persone (il suo stesso popolo n.d.r.) per più di 21 mesi. L’unica cosa che ci chiediamo è: ‘Può il mondo tornare in sé e sostenere l’umanità?’”
Il direttore dell’ OMS ha invitato sia il governo etiope che quello russo a porre fine alle crisi in Tigray ed in Ucraina:
“Se vogliono la pace, possono realizzarla e li esorto entrambi a risolvere questi problemi”
Il Tigray, territorio per la maggior parte costituito di zone rurali e poco accessibili, ha ancora aree occupate che subiscono in maniera duplice il blocco umanitario.
Le zone occupate sono doppiamente martoriate, senza supporto ed aiuti
Le forze speciali e milizie amhara stanno occupando e hanno rivendicato di loro proprietà e giurisdizione storica il Tigray occidentale. Questo è una precondizione per i negoziati di pace su cui il TPLF non vuole trattare perché rivendica proprio territorio. Mentre ci sono altre aree non raggiunte dagli aiuti umanitari ormai dall’inizio della guerra, da 22 mesi: la zona di Irob, nel Tigray occidentale. Area martoriata dall’occupazione e dalle truppe eritree che si sono macchiate di crimini di guerra e massacri e continuano a perpetrare abusi, violenza sulla popolazione civile della minoranza etnica omonima, Irob.
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia