Dopo l’incontro odierno del Consiglio dell’Unione Europea, l’Ue ha deciso che sebbene ci siano “alcuni progressi” in Etiopia, “non sono sufficienti per la piena normalizzazione” dei rapporti tra Ue ed Etiopia.
Intervenuto dopo l’incontro, Josep Borrell, Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli Affari Esteri e Vicepresidente della Politica di Sicurezza, la situazione in Etiopia è stata “la grande discussione”. Il Consiglio ritiene che “ci siano dei progressi, ma non sufficienti per la piena normalizzazione delle nostre relazioni”.
Insomma, i buoni propositi del governo etiope come per esempio la creazione del nuovo comitato per gestire i potenziali negoziati di pace per il Tigray con il TPLF, non convince Josep Borrell che ha dichiarato:
“La UE dovrebbe essere cauta e qualsiasi mossa dovrebbe essere condizionata e transazionale, a seconda del miglioramento dell’accesso umanitario”.
In particolare, l’Alto rappresentante ha affermato che è necessario compiere progressi urgenti per “il ripristino dei servizi di base in Tigray, a partire dalla revoca delle restrizioni su carburante e fertilizzanti” sottolineando che “Questa è la questione più urgente per salvare milioni di persone dalla morte”.
Il Tigray, stato regionale del nord Etiopia, e i suoi più 6 milioni di residenti, dal novembre 2020 sono sotto assedio ed hanno vissuto tra abusi, violenze, massacri, repressione, arresti di massa in mezzo ad una guerra non loro. Guerra svoltasi nel totale blackout elettrico e comunicativo col resto del mondo. Ancora oggi l’accesso umanitario sia per l’insicurezza dell’area, ma anche per osstruzionismo per scelte e volontà politiche, nonostante la tregua umanitaria indetta il 24 marzo dal governo centrale, non sta funzionando. Sono stati ditrutti l’80% degli ospedali del Tigray già nei primi mesi di conflitto (imputabile a crimine di guerra) e quei pochissimi rimasti attivi con le poche risorse oggi invece hanno chiuso per mancanza di materiale medicale e sanitario. Sono stati denunicati a tutte le forze sul terreno di battaglia crimini. La guerra è sconfinata anche nelle regioni vicine Afar e Amahara.
Il Tigray continua a rimanere bloccato ed inacessibile. La quantità di carbutante arrivato da fine marzo in questi ultimi mesi con i pochi cargo a Mekellé, non è bastato nemmeno per trasportare il materiale umanitario dalla capitale tigrina alla periferia. Il 90% dei riesidenti in regione dipende dal supporto umanitario (cibo, acqua, medicinali e cure mediche) che ancora oggi non riceve. UNOCHA riferisce che ci sono ancora persone che testimoniano di nutrirsi di foglie. Ci sono milioni di sfollati in attesa di aiuto salvavita.
Stime e numeri sulle atrocità sistematiche in Tigray
Gli abusi come arma di guerra, gli stupri per vendetta denunciati e documaentati sulle donne etiopi di etnia tigrina di ogni età e ceto sociale sarebbero 120.000, la punta dell’iceberg. Uno studio dell’università belga di Ghent a metà marzo 2022 ha stimato un possibile scenario di 500.000 civili morti a causa della guerra, di cui 150/200.000 per fame o mancanza di cure mediche. Sono morti almeno 1900 bambini sotto i 5 anni causa malnutrizione nello Stato Regionale del Tigray, regione settentrionale dell’Etiopia: decessi registrati tra giugno 2021 ed aprile 2022. Migliaia di morti tra i civili non solo tigrini, ma anche rifugiati eritrei in Tigray e bambini: uccisi da attacchi aerei e per mezzo droni.
Nulla possono i soldi per la pace se non si da priorità ai diritto umanitario e la tutela della vita
Senza il rispetto del diritto umanitario, non c’è stabilità. Senza stabilità, la pace avrà vita breve.
Tutti i finanziamenti di questo mondo per la crescita e lo sviluppo non possono nulla se prima di tutto non si rispettano il diritto umanitario e i diritti del singolo individuo tutelando la vita come bene più prezioso e procedendo con azioni concrete per dare accesso totale al supporto umanitario in maniera capillare verso tutte le persone che richiedono assistenza urgente. Sono passati 20 mesi ormai.
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia