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Etiopia, gli ospedali del Tigray chiudono per catastrofe umanitaria in atto

01/06/22 by Davide Tommasin

L’ Ayder Referral Hospital a Mekellé, nello stato regionale del Tigray, Etiopia, ha chiuso la sua attività, come riferisce un servizio di Tigray TV. L’ospedale rimarrà attivo solo per i casi di emergenza. La causa principale del blocco è per mancanza di carburante e un blackout elettrico totale.

I medici dell’Ayder Referral Hospital della capitale tigrina, hanno riferito a Reuters telefonicamente che la mancanza di forniture è in gran parte il risultato di un blocco degli aiuti governativi durato mesi nella regione settentrionale.

“Firmare i certificati di morte è diventato il nostro lavoro principale”, ha affermato l’ospedale in una presentazione martedì scorso preparata per le agenzie umanitarie internazionali.

Già in gennaio 2022 i medici dell’ Ayder avevano lanciato un appello come richiesta di aiuto per poter aiutare e salvare vite: Appello di Medici e Professionisti dell’Ospedale di Ayder – College of Health Sciences, Mekelle University

Il portavoce del governo Legesse Tulu lunedì ha ribadito la posizione dell’Etiopia secondo cui non era stato imposto alcun blocco, ma non ha risposto alle domande di Reuters sulle carenze riportate dal personale medico dell’ospedale Ayder.

“Quello che sta accadendo in Tigray attualmente è di esclusiva responsabilità del TPLF”, ha detto Legesse.

Non ha esplicitato nulla riguardo alla regione del Tigray, ma ha accusato il partito TPLF – Tigray People’s Liberation Front di aver saccheggiato attrezzature e medicinali in più di una dozzina di ospedali e 100 centri sanitari quando le sue forze hanno invaso le regioni vicine di Amhara e Afar l’anno scorso, prima di essere respinte a dicembre 2021.Il ministro della salute etiope e un portavoce del TPLF non hanno risposto alle richieste di commento di Reuters.

Un medico senior di Ayder ha detto a Reuters che circa l’80-90% degli ospedali e delle cliniche del Tigray non funzionavano. Le Nazioni Unite affermano che oltre il 90% dei 5,5 milioni di persone della regione ha bisogno di assistenza umanitaria e 400.000 vivono in condizioni simili alla carestia.

Prova palpabile delle dichiarazioni citate è che un altro ospedale ad Adigrat, come segnalato da Tigrai TV il 29 maggio 2022, è stato costretto ad interrompere le sue attività per mancanza di materiale e farmaci.

Il governo centrale etiope, attuatore della “tregua umanitaria” per il Tigray indetta il 24 marzo 2022, ha accusato le dichiarazioni delle Nazioni Unite per le quali avevano denunciato il blocco “de facto” dell’accesso umanitario da parte del governo. Come aveva esplicitato anche il Dr. Tedros Adhanom Ghebreyesus, attuale direttore dell’ OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità – “‘Inferno’ creato dal blocco del Tigray, ‘insulto’ all’umanità” – e screditato dal governo etiope.

Da luglio 2021 meno del 12% di materiale salvavita, alimentare e sanitario, medicinali e carburante sono stati consegnati alla regione del Tigray. La tregua umanitaria non ha sortito un cambiamento sulla timeline delle consegne. La regione conta più di 6 milioni di etiopi: la quasi totalità vive in aree rurali che per loro natura erano già poco praticabili: ad oggi, ormai da 19 mesi dall’inizio della guerra iniziata nel novembre 2020, rimangono inaccessibili.

Ci sarebbero molteplici altre vie di accesso al Tigray, ma per ora l’unica via che viene percorsa è attraverso Semera, regione Afar. Le altre strade sono state interrotte artificiosamente durante i combattimenti dall’esercito etiope e dalle truppe alleate eritree. Il governo centrale avrebbe la responsabilità di riaprirle, di renderle nuovamente percorribili: ad oggi però non ci sono stati comunicati e nemmeno fatti che dimostrino la volontà di aprire vie alternative. Alcune di quelle strade collegano Tigray e regione Amhara: su linea di confine, dal lato Amhara sono stati dislocati dopo alcune settimane dalla tregua umanitaria, decine di migliaia di soldati dell’esercito federale.

Oltre tutto la zona Irob, Tigray orientale, è ancora occupata dalle truppe eritree, macchiate da indicibili crimini di guerra e contro l’umanità perpetuati sulla gente di quelle zone: molteplici report di agenzie come Amnesty International e HRW – Human Right Watch confutano da parte loro il saccheggio e la distruzione di strutture sanitarie, ospedali, l’abuso, lo stupro su donne di ogni età, ragazze e bambine di etnia tigrina, come arma di guerra e vendetta. Nel Tigray occidentale, c’è l’occupazione delle forze speciali amhara, della milizia fano e il territorio è rivendicato come storicamente parte della giurisdizione del governo regionale Amhara. Questo tema è ulteriore causa di tensione. Quell’area è stata il campo di promozione di attività di pulizia etnica sulla popolazione tigrina come denunciato dall’ultimo report congiunto prodotto da Amensty Int. e HRW.

Alcuni osservatori e ricercatori, come riportato da Emnet Negash, hanno dichiarato che il Tigray si trova sotto un “assedio medievale” per le modalità in cui è stato isolato e si trova tutt’oggi. La guerra iniziata in questa regione infatti è stata affrontata in totale blackout elettrico e comunicativo, nel silenzio del resto del mondo. Ormai per milioni di etiopi in Tigray e nel resto del nord Etiopia, Amhara e Afar, l’idea di balcanizzazione ipotizzata su qualche articolo di approfondimento su FocusOnAfrica più di un anno fa, sembra farsi sempre più reale. Complice di questo anche la tiepida posizione della comunità internazionale che oltre ad esplicitare parole di preoccupazione, mette in luce la volontà di nuovi accordi per lo sviluppo e la crescita dell’ Etiopia e il bene degli etiopi, d’altro canto sembra aver lasciato in toto le redini al governo centrale supportando le sue dichiarazioni di “problemi interni” di a risolvere come stato sovrano.

La Corte Penale Internazionale dell’ Aja si è fin da subito mobilitata per approfondire e prendere posizione, incitata inizialmente da 39 Stati firmatari, per indagare ed approfondire quelli che erano stati denunciati come crimini di guerra da parte dell’invasione della Russia in Ucraina.

Presa di posizione che non è arrivata nemmeno dopo ormai 19 mesi per il Tigray dove in tutto questo tempo sono stati descritti, documentati crimini di guerra e contro l’umanità da molteplici report. Sembra quasi che si possa dire che esistono due pesi e due misure, magari non tanto dal punto di vista razziale, quanto forse dettate dalle risorse in gioco che fanno più comodo all’ occidente, ai ferenji, agli “stranieri bianchi”.

Davide Tommasin
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