Sono state liberate le 6 suore arrestate in maniera arbitraria ad Addis Abeba lo scorso 30 novembre.
Trattasi di suor Letemaryam Sibhat, suor Tiblets Teum, suor Abeba Tesfay, suor Zaid Moss, suor Abeba Hagos e suor Abeba Fitwi.
Le Sorelle della congregazione di San Vincenzo erano state arrestate un mese e mezzo fa nella capitale etiope perché di origine tigrina. Etnia martoriata da oltre un anno e popolo preso di mezzo ad una guerra non sua: guerra di potere e politica, ma strettamente legata e basata sull’ etnia.
Un’escalation di arresti di massa di etiopi di origine tigrina si è vista qualche mese fa: ad oggi non si hanno notizie sulle loro condizioni, sui luoghi di detenzione, molti di questi non dichiarati.
Il Premier etiope in un recente discorso documentato per mezzo registrazione video, durante la festa del ritorno in patria alla diaspora etiope ( The Great Ethiopian Homecoming #GreatEthiopianHomecoming), ha dichiarato:
“Perché, se non avessimo rilasciato prigionieri, voi [diaspora] sareste stati considerati sfortunati. Perlomeno, il vertice dell’UA sarebbe stato cancellato.
Essendo venuto nel tuo paese e portando fortuna, il vertice dell’UA si svolgerà ora tra due settimane.”
Il Premier continua parlando di percezione sulla base del rilascio di alcuni ex politici del TPLF liberati come segnale di “riconciliazione” aggiungendo:
“Il motivo principale della decisione di far svolgere fisicamente [il vertice] qui è perché ora c’è la percezione che l’Etiopia non sia così male come dicono; che migliaia di etiopi della diaspora sono pacificamente in vacanza; i prigionieri vengono rilasciati; e che è un paese che ha speranza.
Questo è il motivo per cui si svolgerà il Vertice dell’UA. Ma non è stata un’impresa facile.”
Ci si chiede però, quando i 2 diaconi arrestati con le suore su citate, le 2 Sorelle a Kobo arrestate nella vigilia di capodanno 2020, e molti altri uomini e donne di chiesa, come i migliaia di tigrini di ogni ceto sociale, sesso ed età (si,anche bambini) verranno rilasciati come i politici TPLF ed Oromo.
Lo stato di emergenza nazionale indetto ed avviato a novembre 2021 dal governo centrale perdurerà per 6 mesi, quindi potrebbe finire si spera in aprile di quest’anno: che arrivi nel contempo anche l’amnistia per tutte quelle migliaia di etiopi di origine tigrina arrestati in maniera arbitraria? Non è dato sapere.
Quello che è certo è che diverse agenzie umanitarie delle Nazioni Unite hanno dovuto fermare le proprie attività di supporto ed aiuti, per l’insicurezza dettata dai raid aerei e attacchi droni che solo in queste ultime settimane hanno fatto centinai di morti ed altrettanti feriti tra i civili, ma anche per mancanza di materiale salvavita e medicale, sanitario, cibo, carburante e denaro: ergo impossibilitate ad operare nella loro missione per salvare vite.
L’ Organizzazione Mondiale della Sanità – OMS, nonostante la denuncia di “cattiva condotta” da parte del Governo etiope al Direttore Generale Tedros Adhanom Ghebreyesus che ha dichiarato il Tigray bloccato “de facto” come l’ “inferno” per tutte le persone etiopi di origine tigrina stritolate da scelte politiche di repressione etnica, l’ OMS (WHO) continuerà a chiedere accesso umanitario e corridoi umanitari al governo centrale.
Altra cosa certa è che la diocesi di Adigrat ha condiviso un appello che chiede urgentemente “Corridoi umanitari per aiutare il popolo del Tigrai”
Notizia che si apprende in anteprima per l’ Italia dal giornalista di Avvenire, Paolo Lambruschi:
“Appello disperato della diocesi cattolica di Adigrat: da un mese ha sospeso gli interventi di emergenza perché nella regione manca tutto a causa del blocco degli aiuti. La Croce rossa conferma.”
Alleghiamo di seguito copia della lettera.
Certezza è anche che nelle vicine regioni di Amhara e Afar sopravvivono milioni di sfollati conseguenza del conflitto: tutto il nord Etiopia quindi necessita di assistenza e supporto.
Certezza è che questo disastro umanitario del nord Etiopia è stato denunciato all’interno dell’interrogazione parlamentare da Piera Aiello nell’ ottobre 2021 (qui il testo dell’interrogazione)
Interrogazione a risposta scritta 4-10383 – Mercoledì 6 ottobre 2021, seduta n. 573
Riportiamo gli ultimi passaggi:
In data 10 aprile 2019 il Ministro della difesa pro tempore Elisabetta Trenta ha firmata ad Addis Abeba con la sua omologa l’Accordo tra il Governo e il Governo della Repubblica democratica federale di Etiopia sulla cooperazione nel settore della difesa;
l’accordo intende fornire una cornice giuridica idonea all’avvio di forme strutturate di cooperazione bilaterale tra le Forze armate dei due Stati; con precisione gli articoli 3 e 4 dell’accordo enumerano le materie della cooperazione e le modalità della stessa;
in data 26 giugno 2019 il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell’accordo di cooperazione militare sottoposto poi a Camera e Senato, l’accordo è stato ratificato con legge 17 luglio 2020, n. 90;
l’entrata in vigore dell’accordo consente al Ministero della Difesa, d’intesa con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di svolgere attività di supporto in favore del Governo etiope, che potrebbe comportare l’eventuale acquisizione da parte dello stesso di materiali per la difesa prodotti dall’industria nazionale -:
se sia stato implementato l’accordo fornendo armi all’esercito etiope;
se si intendano condannare apertamente le azioni di violazione dei diritti umani e crimini contro l’umanità perpetrate dall’esercito etiope e dai loro alleati in Tigray;
se si intenda dare un chiaro segnale politico, sospendendo la validità dell’accordo sulla cooperazione nel settore della difesa tra Italia ed Etiopia (come proposto in un articolo dalla stessa professoressa Trenta);
se si intenda proporre un’attività di mediazione italiana, considerando le ottime relazioni che sono state premessa per la stipula dell’accordo in questione.
L’interrogazione è ancora in corso, dopo 3 mesi, nonostante l’escalation di gravità umanitaria in Tigray e nel resto del nord Etiopia.
Abbiamo avuto conferma dalla stessa Deputata Piera Aiello che ha sollecitato per ben tre volte la richiesta di risposta: ad oggi ancora in attesa del Ministero della Difesa (Ministro Lorenzo Guerini) delegato a rispondere anche per il Ministero degli affari esteri (Ministro Luigi di Maio).
Come la guerra degli iter burocratico-politco-diplomatica non sembra fermarsi, così si aggrava sempre più anche la situazione di vita per ogni persona presa di mezzo alla disumanità della guerra non loro in Etiopia.
E’ evidente che in Italia ma anche nel resto del mondo, c’è un’escalation sulle spese militari. Molti Paesi, compreso lo stivale tricolore, stanno puntando sull’economia dei droni, un mercato florido per chi vende (Turchia, Cina, Iran hanno fornito all’Etiopia le loro bombe volanti radiocomandate da remoto) come per chi compra.
Viene sottolineato su un recente articolo di Giorgio Beretta per Osservatorio Diritti che:
“Spesa militare italiana da record: nel 2022 sfiorati i 26 miliardi di euro.”
Nell’articolo Giorgio Beretta evidenzia il contrasto , il controsenso che vede da una parte il Ministro Lorenzo Guerini proporre alcuni mesi fa in Parlamento un “numero senza precedenti di programmi di riarmo” mentre dall’ altra l’appello di una lista di 50 premi nobel che chiedono e propongono un programma di disarmo in quanto la spesa militare a livello globale dal 2000 ad oggi, 2022, è raddoppiata.
In questo mondo, nell’unico mondo in cui tutti viviamo e che oggi è sempre più e spaccato a metà, sempre più divario tra il nord ed il sud del mondo, tra chi ha e chi non ha, forse c’è da pensare ad un nuovo paradigma in cui si devono ricollocare risorse ed energie verso quelli che sono i temi fondamentali che portano avanti la nostra società invece che dare priorità, o meglio, essere trasportati dal capitalismo: prima di tutto le persone, la preservazione dell’ individuo e dei suoi diritti.
Foto di copertina : Mamma e figlio sopravvissuti a un attacco aereo delle forze governative etiopi ricevono cure presso lo Shire Shul General Hospital (in cui manca tutto) nella città di Dedebit nella regione settentrionale del Tigray, in Etiopia, 8 gennaio 2022
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia