Filippo Grandi, l’alto commissario per i diritti umani, ha notato che molti dei rifugiati tigrini con cui ha parlato in Sudan vorrebbero tornare a casa ma solo se c’è pace.
Ha ribadito recentemente che “non esiste una soluzione militare a questo problema” e che l’unico modo per riportare la pace in Etiopia è attraverso negoziati diplomatici e colloqui politici.
“Questo è l’unico modo per creare condizioni favorevoli affinché le migliaia di persone ospitate in Sudan possano tornare volontariamente, in sicurezza e dignità”, ha affermato.
Lui come tanti altri esponenti ocidentali e della comunità internazionale devono tener presente che il governo etiope ha legittimato normativamente che i membri del TPLF, odierno TDF e sospettati anti governativi, sono terroristi.
Normativamente parlando lo Stato Sovrano d’Etiopia non può quindi sottrarsi dal reprimerli, fermarli e bloccarli pena il non perseguimento della sicurezza nazionale voluta da Abiy e dal resto governo federale come fine per un’ Etiopia sicura e stabile.
Quindi la guerra continuerà finché non li avranno sconfitti con qualunque mezzo e su qualunque piano (politico, diplomatico, fisico…)
Sembra che siamo arrivati ad un impasse, ad una situazione di stasi, una grave normalizzazione dell’instabilità e della catastrofe umanitaria che si sta realizzando sottoo gli occhi di tutto il mondo e purtroppo uscirne è davvero complicato: un cortocircuito per volontà politiche in gioco.
Intanto centinaia di migliaia di persone stanno morendo per mano di soldati, partigiani e per abusi e violenze subite da armi come lo stupro e la fame, visto che centinaia di migliaia di perosne in Tigray stanno vivendo una situazione di carestia.
In Ahmara continuano gli scontri, ma da indiscrezioni e testimonianze sembra che ormai le uccisioni di civili portate alla luce recentemente possano essere causa di carne da cannone messa in prima linea per scelta personale supportata da messaggi propagandistici in nome della sicurezza del Paese, dell’ Etiopia per combattere il “ribelli” del TDF – Tigray Defence Forces: a loro volta non possono fare altro che seguire gli ordini e la strategia dei loro leader se vogliono salvarsi la vita: uccidere chiunque si trovino davanti.
Purtroppo le intimazioni della comunità internazionale, le lettere aperte di decine di intellettuali africani, messaggi da parte di collettivi e gruppi parte della società civile etiope non possono nulla se non c’è la volontà politica del governo centrale di rivedere la sua posizione.
Se non c’è volontà politica i massacri, la catastrofe umanitaria continuerà, in Tigray come nel resto d’Etiopia.
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia