Ormai sono mesi che scrivo sul Tigray cercando di dar voce a chi non ha voce.
Posso farlo su un magazine, anche grazie alla collaborazione ed all’invito che mi ha avanzato Antonella Napoli, redattrice di Focus On Africa.
(A questo link tutti gli articoli pubblicati sul Tigray a mia firma )
La guerra è iniziata tra il 3 ed il 4 novembre 2020 tra Governo centrale etiope e il suo nemico ufficialmente dichiarato nemico, il TPLF, il partito che governava la regione. Il Tigray ha subìto distruzioni di aree civili, di culto, ci sono molti report di massacri avvenuti verso civili e si parla di stupri e di fame come armi da guerra. Ad oggi siamo arrivati al punto che la comunità internazionale denuncia blocchi degli aiuti verso le aree rurali, si ipotizza che ci sono 4.5 milioni di persone bisognose di supporto umanitario e sanitario, +63mila rifugiati tigrini in Sudan… il territorio oggi è occupato gran parte dalla truppe eritree alleate all’ esercito governativo etiope fin dall’ inizio.
Tutto questo con un Tigray scollato, distaccato e sconnesso dal resto del mondo, sotto un blackout totale. Come per gli aiuti bloccati nei movimenti dai vari checkpoint sparsi sul territorio e molte volte presieduti dalle truppe eritree, così anche è stato per i media internazionali che non hanno potuto raccontare cosa stava accadendo, e tutt’ora c’è una difficoltà quasi estrema per far usicre notizie da quel territorio dell’ Etiopia. Tante volte i reportage, come anche l’ ultimo della CNN, vengono boicottati, etichettati come fake news in quanto per qualcuno “faziosi” e senza prove comprovate e garantite.
C’è da dire che oltre le 2 richieste fondamentali da parte della comunità internazionale, come anche della diaspora in Italia, sono principalmente far uscire le truppe eritree dal Tigray, e far arrivare gli aiuti umanitari e supporto alimentare a tutti i bisognosi soprattutto nelle zone rurali… se ne aggiunge una terza: indagini indipendenti da realtà neutrale e super partes che possa investigare per trovare prove o confutare ipotesi sui crimini di guerra e contro l’umanità ipotizzati ormai sulla maggior parte dei report e comunicati usciti da realtà internazionali. Insomma bisogna far luce su quello che è accaduto e poter garantire alla giustizia i responsabili dei crimini.
In tutto questo personalmente sto cercando di dare voce a chi non ha voce in Tigray. Tutte quelle persone che ancor oggi stanno soffrendo causa questa guerra orribile e nei suoi tratti nemmeno tanto velatamente disumana, come per altro tutte le guerre che si definiscano tali.
Il punto focale di questo mio articolo è che mi è giunta voce (per ora “voce di corridioio”) che in certi ambienti formali italiani, forse perché ormai ho un minimo di visibilità mediatica sul discorso Tigray in Italia, il mio nome, la mia firma sono stati associati ad essere filo-TPLF, quel partito che amministrava il Tigray fino a poco più di 6 mesi fa e che oggi è dichiarato dal Governo centrale d’Etiopia come organizzazione terroristica.
Fortunatamente in Italia c’è diritto di parola ed espressione e personalmente mi avvalgo di questo diritto per poter scrivere del Tigray: ribadisco il mio scopo in tutto questo, dar voce a chi non ha voce e far sapere che ci sono persone che stanno soffrendo e che hanno bisogno di aiuto.
- Io non sto con una bandiera.
- Io non sto con lo slogan di propaganda “Tigray will prevail”.
- Io non sto con le forze armate o con le armi come risoluzione per la pace.
- Io non supporto il TPLF e NON voglio supportarlo.
Se tali insinuazioni nei miei confronti dovessero essere vere… a chi mi accusa di tutto questo dico solo che non ho nulla da nascondere ed anche se non devo giustificare nulla a nessuno, come ogni persona che si rispetti in questo mondo, sono comunque pronto a rispondere e chiarire ogni dubbio che sarà avanzato nei miei confornti.
Queste insinuanti accuse, dovessero essere vere (ed al confine con la calunnia e perseguibili in Italia a norma di legge) potrebbero anche negarmi il visto di entrata in Etiopia, qualc’ora volessi tornare in quel Paese: potrei essere etichettato come persona non gradita o ancor peggio come attivista, “dissidente”, “contro un Governo” quello etiope che potrebbe anche intentare delle azioni verso la mia persona nel momento in cui mettessi piede all’ interno del suo territorio. Oggi sicuramente con le voci che mi sono arrivate sulla mia persona, non mi sentirei sicuro a provare ad entrare ad Addis Ababa.
Mi vengono i brividi mentre sto scrivendo queste parole, perché mi tornano in mente nomi come Patrick Zaky o come Giulio Regeni (invischiato purtroppo in una guerra diplomatica e diventato ormai l’ “agnello sacrificale” per il bene e la stabilità tra Paesi…) od ancora Ebrum Timtik, attivista e blogger morta dopo 238 giorni di sciopero della fame in Turchia.
Sicuramente il mio intento non é morire per una causa, e diventare martire… assolutamente lungi da me questa visione atroce: vorrei invece vivere per poter condividere la vita in pace con tutte quelle persone che oggi chiedono aiuto e che nel mio piccolo sto cercando di supportare e nel rispetto anche con tutte le persone che oggi si definiscono per un’ “Etiopia unita” ma che non tollerano una certa etnia diversa dalla loro.
In tutto questo però voglio denunciare il fatto che non mi si può accusare dietro le spalle senza conoscermi, senza avermi mai conosciuto: questo è un affronto che intacca solamente il rispetto e la credibilità di chi mi sta davanti, anzi dietro ad avanzare insinuazioni che rasentano la calunnia (ribadisco: perseguibile per legge in Italia).
Detto questo sono contento perché sono attorniato da tante persone che mi supportano e che condividono lo stesso obiettivo: cercare di parlare e sensibilizzare sul tema Tigray qui in Italia, Paese in cui manca questa informazione. Lo stesso Governo Draghi sembra ammutolito ormai da mesi. Lo stesso governo che si pregia dell’ annoso rapporto con l’ amica Etiopia.
Per concludere, se dovessi fare propaganda, come qualcuno insinua, NON la sto facendo assolutamente per una certa fazione politica come può essere il TPLF, ormai “gruppo terrorista”, o per supportare il PP Prosperity Party di Abiy Ahmed Ali, ma l’unico messaggio “fazioso” che avanzo è solo quello di voler stare dalla parte delle persone che OGGI in Tigray stanno soffendo, subendo (ogni tipo di) repressione e che hanno bisogno di sostegno e di aiuto.
OGGI e sempre il mio cuore sarà con loro.
Tutto il resto sono solo chiacchere.
Nagayé Nagayé
NOTA: per chi volesse scrivermi davide.tommasin CHIOCCIOLA protonmail.com
Un po’ nerd, un po’ ciclista con la voglia di tornare a girare l’ Etiopia